Pensiero lento vs velocità elettronica
Difficile dire, riguardo alla vicenda tragicamente umana dell’omicidio diqualche giorno fa avvenuto a Colleferro. del giovane Willy Monteiro Duarte (che segue quello avvenuto lì vicino ad Alatri 3 anni fa dove fu ammazzato Emanuele Morganti) ad opera, sembrerebbe come da diverse testimonianze, di quattro individui accusati di omicidio volontario.
Bulli simili a tanti, con tratti estetici distintivi (per l’epoca, omologati) di palestrati, tatuati, dallo sguardo di sfida, dediti a riscossioni crediti verso privati insolventi in difficoltà, induce a provare ad interrogarci per spiegare comportamenti ed azioni ridotti ad un tribale primitivo culto della forza.
Tutto ciò in attesa di verificare reali responsabilità, mentre a noi tutti comunità sociale resta di interrogarci per provare a comprendere, ogni volta con maggior fatica, ragioni, torti, retroterra, humus culturale del manifestarsi di tali comportamenti in via di dilagante diffusione. I quali coincidono da tempo con un agire sociale che ha spostato negli anni il suo baricentro dall’uso della parola non offensiva o violenta alla sbrigativa risoluzione di banali, tragicamente banali, controversie basandosi sull’uso della mera forza.
In primo luogo, Willy era, è, benché non più tra noi, italiano come tanti, ‘ma’ reo di avere una pelle più scura, ‘tradendo’ origini capoverdiane. Questo è il primo problema, essendo ancora nel 2020 (odierna America proto fascista docet), questo ‘il’ fattore contrastivo di diversità inaccettabile di qualsiasi agire ignorante, razzista, xenofobo, fascista, nazista, rinverdito negli anni. Dispiegatosi in Italia e nel mondo in anni di progressivo restringimento del cerebro della ragione in favore di violenti e sbrigativi movimenti di pancia, fonte di molti populismi alimentati in questi anni difficili e gravi da ‘imprenditori della paura’, in Italia dal fascio leghista e dalla ex ministretta de’ destra. Che vanno a braccetto con il peggio dell’estremismo nero, strumentalmente e per affinità culturale. Non potendoci assolutamente dimenticare di chi ha tracciato il solco, quell’ex pregiudicato di Arcore che, a mo’ di esempio, per oltre un decennio si è rifiutato di onorare il 25 aprile, che ha comprato senatori per fottere RomanoProdi, per non aver riconosciuto la vittoria di quest’ultimo, strappo impensabile in una democrazia matura. Per non dire dei suoi rapporti con la mafia almeno fino al 1974, come da carte processuali. Per non dimenticarci dei colpevoli.
Dunque sempre il nero come scimmia, come inferiore, che mangia banane, buono solo come schiavo. L’atto di Colleferro è l’ennesima spia di una società in cui la vita sociale è ormai regolata da forme di sregolazione sociale di regole e norme distanti dal vissuto soggettivo.
Questa cronaca del fatto singolo si carica di contenuti che interrogano la politica che dovrebbe, nel suo sempre più minoritario ruolo nobile, alleviare e ridurre condizioni di disagio e difficoltà, sostenere i bisogni, contribuire all’elevazione della collettività.
Nel caso in questione, da chiarire, quattro energumeni hanno imbottito per ben 20 minuti un esile ragazzo di 21 anni ‘colpevole’ di umana solidarietà. Non un paio di cazzotti, schiaffi e calci, già grave di per sé, ma lunghi interminabili 20 minuti. Era intervenuto per proteggere un suo amico da uno scatenarsi di violenza poi rivolto al ‘reo’ di intromissione. Efferatezza priva di alcuna stilla di ragione.Violenza quale unico viatico per dichiararsi in vita, da parte di anime morte. Violenti picchiatori che come quasi sempre, appena messi in stato di fermo hanno inventato storie assurde oltre a cominciare a piagnucolare che loro non c’entravano niente. A riprova che dietro ogni bullo c’è un individuo fragile piagnucoloso, debole.
Il fatto è che andrebbero fermati prima, ma qui il discorso si complica, lo riservo al seguito.
Provo ad analizzare il fenomeno sull’atto in questione e sull’odierno stato morale della società. Comincio facendo mie le decisive parole del grande scrittore Philip Roth il quale afferma che «tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile». Ecco, appunto, quanto mi hanno dato. Ma chi glielo ha dato? In ordine di uscita sul palcoscenico sociale, la famiglia (ormai oggi scomparsa quale agente educativo e non solo ricreativo), la scuola come prima istanza di socializzazione e di temperie educativa nel più laico ordine di classificazione di sé e degli altri, nella nostra perenne diversità sociale fatta di identità, di similitudine, tra processi di identificazione e di individuazione. Così da riuscire a trovare una collocazione, un’identità, un sapere essere, insomma uno stare al/nel mondo con il corredo delle proprie aspettative bisogni fantasie sogni. Realizzandosi possibilmente al meglio. Operazione quanto mai difficile presi come siamo tra l’affermazione delle nostre ed altrui ragioni e torti. Poi la società quale somma dei rapporti intercorrenti tra politica ed istituzioni in ascolto dei cittadini che la compongono.
Il risultato sovente risulta un’operazione di integrazione a norme valori bisogni che i cittadini riuniti in una comunità sociale esprimono. Dai ricchi fino agli ultimi, i poveri, i precari, gli ‘invisibili’, paurosamente aumentati in un mondo neoliberista sempre più diseguale, che fa del ricco ormai l’unica esaltazione quale modello da conseguire. Con quali mezzi conta meno, i vincenti sono quelli che arraffano meglio, fregano gli altri, si appropriano di ciò che non gli appartiene, mentre la gran massa di gente comune, insomma noi, è un perdente privo di occasioni di riscatto sociale. L’esito è una gigantesca immissione di sfiducia collettiva dove ogni singolo diviene homo homini lupus dell’altro, all’affannosa ricerca dell’unico valore ritenuto ambìto: denaro, fama, ricchezza.
Certo, il fucile talora ci affascina, ci attrae perché ci consente in modo veloce diretto semplice di affermare ‘solo’ le nostre di ragioni. Con la forza ed in modo autoreferenziale, senza doverci impegnare in comprensioni spiegazioni motivi e cause. Ci fa sentire forti, con armi o senza, ma al fondo deboli, perché non siamo chiamati a dar conto del nostro modo di agire. Mentre l’alfabeto ci obbliga a veicolare la debolezza, l’astio, la ripulsa verso canali in cui aumenta la fatica di dover capire e doverci misurare con le aspettative dell’altro. Insomma, l’alfabeto è dialettico, impone il confronto, presuppone il ‘Due’ –me e l’altro-, mentre il fucile resta autoreferenziale nella mera affermazione del mio ‘Io’.
Il primo coincide con la difficile ricerca di una fiducia reciproca messa alla prova da inganni e fregature, il secondo è l’espressione palese di una sfiducia strutturale con cui non riusciamo, non vogliamo aprirci alle istanze degli altri, sapendo che potremo essere ingannati. Chi corre il rischio alimenta un andamento fatto di delusioni e condivisioni, chi si trincera in se stesso è perennemente un deluso privo di un raggio di luce.
Per ora, in attesa di sviluppi, mi colpiscono due affermazioni di diverso tenore su cui vorrei soffermarmi. La prima è di ‘Pochette’ mio omonimo, che dinanzi a questo efferato omicidio non ha trovato meglio che affermare, come fosse un passante qualsiasi e non un Presidente del Consiglio qualsiasi, «Che cosa diremo ai nostri figli?». Io ritengo, invece, che cosa potremo dire ai nostri padri mortificandoci di aver sceso un altro gradino della scala evolutiva umana.
Mi si dirà: guarda che l’essere cosiddetto umano uccide dalla notte dei tempi, anzi, nel passato la spinta e l’impulso distruttivo spargeva morte per qualsivoglia motivo. In contesti sregolati in cui vigevano le leggi del più forte, del sopruso, del godimento all’annientamento dell’altrui vita. Principio solo umano, ché il resto del cosmo vivente ne è esentato. Poi nel corso dei secoli si è andata affermando una cultura dello spirito, che ha progressivamente allontanato i primi ominidi e le prime comunità, poi fratrie clan e tribù, da comandi ed ordini non scritti verso ordinamenti codificati vieppiù inclusivi delle differenze e diversità praticate dagli umani con strappi conflitti chiusure aperture. Insomma, i codici d’onore arcaici hanno lasciato sempre più il posto a comportamenti improntati al tentativo di affermare rispetto reciproco con l’altro, che è sempre diverso da ognuno di noi. Perché io sono se l’altro è, altrimenti mi voto ad una solipsistica solitudine dove penso che debba esistere solo il mio Io. Il quale se è privo di un altro Io nega la sua stessa esistenza.
La seconda ‘perorazione’ falsamente pensosa e bugiardamente sentita ha un che di stupefacente, non nel gustoso senso psichedelico del termine. Proviene, l’effluvio, da una ‘squadrista’ azzimata (se fossi di destra e pennivendolo di una stampa che usa titoli e toni ‘squadristi’ la chiamerei tappa, burina, borgatara, ‘cessa’ immorale causa figlio senza matrimonio), colei che ‘tuona’, come straparlano con aria grave i mediocri giornalisti pseudo ‘democratici’. ‘Tuona’ perché i fascio leghistelli di destra tuonano, mentre gli altri parlano, laddove al massimo si intrasentono volgari gorgoglii contro gay negri, se migranti meglio ancora. Colei che conduce greggi dei fascistelli d’Italia che si incontrano nelle loro manifestazioni pubbliche grazie alla democrazia che li accoglie e li tollera, insieme con i ‘nuovi’ ‘vecchi’ fascisti del nuovo millennio, o con la galassia di estremisti della destra, tra cui noti ex terroristi. Quella, con il pericoloso ex consigliere del fascista alla Casa Bianca, Steve Bannon, potrebbe governare questo Paese. Li hanno fatti riprender fiato e risorgere tutti quei ‘democratici’ indifferenti ai movimenti della società che erano noti da anni. Insomma, lei tuona, all’unisono con mojito man (quello suonato nella discoteca da spiaggia con discinte leopardate al grido di ‘pieni poteri’,pieni poderi è il massimo che gli darei, nel senso di finalmente lavorare nei campi), sul fatto che i responsabili devono ricevere «una condanna esemplare». Perché loro sono ‘legge ed ordine’. Tra cui comprendono fascisti, nazisti, antisemiti che pubblicamente sui tremendi odianti social esprimono ciò che questo ‘Zeitgeist’, questo spirito del tempo, frantumato ed incanaglito esprime con aggressività e violenza. Rivendicandone i princìpi. Ma quale tipo di legge e soprattutto quali modalità di ordine? Allora pochette. Ogni giorno di più siamo dinanzi ad un modesto condottiero che fa della sospensione, del rinvio, della dilatazione del tempo, del piacionismo cordiale la sua cifra, dopo esser stato al guinzaglio dei suoi capi nel ‘pochette 1’fasciopopulista.
Questo panorama culturale antropologico entro il quale si iscrive l’azione efferata di Colleferro è il prodotto di un imbarbarimento culturale e sociale che viene da lontano. Più vicini a noi, ricordo che all’atto dell’insediamento del Conte 1 in Parlamento, dove ormai siede in larga maggioranza l’espressione del degrado ed ignoranza di cui oggi ci si fa vanto, non fu spesa una parola sull’educazione, la cultura, la conoscenza, in ossequio appunto allo scivolamento del Paese ad uno stato poco sopra il primitivismo. Cultura, scuola, università sono temi che non riguardano più. Per dire: 300 milioni di euro sono stornati ultimamente per la scuola, oltre 2 miliardi e mezzo per il bonus vacanze e l’acquisto di monopattini!! Il divertimento sulla cultura. Confermato dai dati per cui in Europa l’Italia spende meno di tutti gli altri Paesi in cultura, unito al fatto che il Paese ha il minor numero di laureati e diplomati rispetto alla media europea. Mi pare che bastino questi dati per comprendere come si interagisca e si viva in territori ormai preda non solo di bande ma anche di molti individui che non leggono (siamo anche qui agli ultimi posti in Europa per lettura di libri e quotidiani), non studiano, soprattutto non lavorano. Intere aree lasciate allo stato brado, al Nord al Centro al Sud. Un’estetica prorompe da questi presunti esecutori dell’assassinio di Willy, da parte di fratelli tatuati, virili, in pose guerresche, cultori di arti marziali (che non c’entrano, anche io le ho praticate ma mai usate per offendere), insomma simili per fisiognomica a quei figuri intravisti anche dalla neo ‘madrina’ d’Italia, con i suoi tronisti tatuati (il trono per dei mentecatti, proprio società dello spettacolo, prima si assidevano regnanti, re, scienziati!). Questa manifesta estetica kitsch (senza scomodare l’Umberto Eco dei rapporti tra cultura ‘alta’ e ‘bassa’) comprende con termine nobile la porcheria,cafonaggine, volgarità, violenza come risoluzione delle interazioni. Con la rete e la tv a far da battistrada. Guardate per esempio ‘Ciao Darwin’ o l’osceno, seriamente ‘pornografico’ ‘Emigratis’ per comprendere. Questa la cifra di un’estetica sociale corrente che ha invaso sempre più scatole craniche estranee a cervelli in azione e che frutta tanto denaro ai suoi autori. Ciò che racconta tutto ciò è in termini epocali la fine dell’ideale borghese su cui si era formata la cultura dell’Europa e l’avvento di una nuova cultura delle masse. È il ‘nuovo mondo’, che lo vogliamo o meno. Dobbiamo capirne motivi ragioni ed orientamenti. Di ciò dirò… (segue)