Dopo aver concionato l’intera settimana sulle cose storte del mondo (o, perlomeno su quelle che appaiono tali ai miei occhi, mica mi arrogo la privativa della verità indiscussa!) permettetemi di riprendere fiato -e voi con me- raccontandovi delle cose belle di cui sono circondata in questi giorni.
I miei impegni professionali mi danno il privilegio di essere immersa nella cultura e nella bellezza; di trovare ristoro nello spirito godendo di quanto l’intelletto umano è capace di partorire, con la parola o col segno.
Mentre tuonavo contro la spallona della polverina bianca o contro l’AD delle Ferrovie incarognito sull’ipotesi di vedersi diminuito lo stipendio; o, ancora, fustigavo le tasse malavitose sulla tranquillità, c’era un’Annamaria apollinea che se la spassava fra poeti nascenti e ormai affermati – ne’ ‘Il sorriso di Calliope’, col Patrocinio del Comitato Italiano per l’Unesco, lo scorso 21 marzo, settimo round de’ ‘Il posto della poesia’, la rassegna di poeti che da un anno a questa parte rende l’Università ECampus un monte Elicona in piena Roma; il sostegno a una straordinaria artista come la scultrice Alba Gonzales, chiamata dalla Fondazione Ravello ad esporre, con la sua Mostra ‘Amor Maris – I miti scolpiti’, 32 opere, di cui 10 monumentali, fra villa Rufolo e la terrazza dell’Auditorium Oscar Niemeyer; la collaborazione alla Mostra ‘I Padroni di Roma – Angeli – Festa – Schifano’ che, fino al 27 aprile renderà la stessa Università un Museo d’arte contemporanea/temporaneo, d’inedita bellezza ed entusiasmante.
Insomma, persino se avessi la sensibilità estetica di un mollusco gasteropodo -che però potrebbe trovare bellissima… una cozza- non potrei rimanere immota e indifferente di fronte ad un simile tripudio di bellezza, di soffio divino, d’ispirazione che questi tre eventi emanano, con un effetto terapeutico rispetto ai mali del mondo.
Mi fa piacere condividere con voi sensazioni e pensieri, visto che ormai siete ‘di casa’ e vi considero parte della mia cerchia amicale.
E così vi racconto dell’immensa gioia provata per aver creato un ponte fra le generazioni di poeti iunior e senior che -me lo auguro- rimarrà nel tempo, fruttando un interscambio culturale utile a generare l’humus del dialogo, che è il vero concime di nuove idee per il progresso della letteratura.
E non vi taccio della commozione di veder partire da Fregene, dal Museo Pianeta Azzurro che generalmente le ospita, alla volta di una sede prestigiosa quale è quella di Ravello, le opere di Alba Gonzales, donna d’ingegno e d’ironia, capace di far convivere nel marmo o nel bronzo le incoerenze dei nostri giorni schizofrenici.
Da inveterata femminista quale io sono, mi è sembrato davvero un inno all’Arte ‘vera’ la circostanza che la Mostra di Alba fosse accolta nella medesima location che, negli anni passati, aveva ospitato i mastodontici ‘Idoli fratturati’ di Mitoraj e la fortunatissima personale di Mimmo Paladino, due mostri sacri dell’arte dei giorni nostri.
Il panorama artistico, specie nella scultura, è un piccolo Monte Athos, e la consacrazione di Ravello è ben di più, per Alba Gonzales, di una Mostra, sia pure importante: è la conferma che è assurta nell’Empireo degli scultori contemporanei, ruolo già riconosciutole nella culla della scultura mondiale, Pietrasanta, dove una sua statua adorna la centralissima Piazza dello Statuto.
I ‘tre maledetti di Piazza del Popolo’, Franco Angeli, Tano Festa e Mario Schifano, sono davvero ‘I Padroni di Roma’ ancor oggi, perché la loro arte ha conquistato per essi l’immortalità.
Le circa 70 opere collocate nella sede romana dell’Università, provenienti da collezioni private e mai andate in esposizione, rappresentano la summa dei loro elementi ispiratori, tra icone degli anni ’70 e simboli del potere a loro inviso.
Il Dio Denaro, innanzitutto, irriso attraverso la ricorrenza dei simboli del consumismo e della nascente globalizzazione, quella malapianta che la gente comune, non dotata dei sensori predittivi degli artisti, coglieva a malapena, senza accorgersi che poteva diventarne schiava e ossessionata.
Un’arte di protesta e di messa in guardia, anche se i suoi interpreti erano essi stessi, in quanto demoni, dipendenti sia dal denaro che dal consumo di stupefacenti (elementi, questi, interconnessi), ovvero da elementi che trascinavano la società verso il baratro.
Vedete, dunque, quanta ricchezza intellettuale ha costituito, in questi giorni, la mia fonte di ristoro. Mentre, tutt’intorno si agitavano negatività ingovernabili, simboleggiate dalla levataccia imposta dalla Messa papale, che ha buttato dal letto all’alba 500 deputati e senatori: specificamente, scrive il ‘Corriere della Sera‘ edizione on line «In tutto alla Messa, oltre al Presidente del Senato e a quello della Camera, e ai Segretari generali di Camera e Senato, erano presenti 176 senatori, 298 deputati, nove Ministri e 19 Sottosegretari. Considerando anche i tre parlamentari europei e 23 ex parlamentari, in totale i politici presenti erano 518».
Che, in sovrappiù -ma quante sono le coscienze che se ne saranno sentite toccate?- si son dovuti sciroppare la severa omelia (reprimenda) di Papa Francesco, nell’inedita versione ‘atteggiamento gelido’, il quale ha sostenuto che i peccatori saranno perdonati e i corrotti no. Una bella frase, specialmente se si pensa che è stata pronunciata alla presenza di personaggi ‘nevralgici’.
Il punto, però, è capire come si fa a distinguere i corrotti dai peccatori. Sotto il termine ‘peccatori’, secondo me, vanno a qualificarsi persone che, in realtà, sono contemporaneamente corrotti (e corruttori).
Non corrompe l’anima il peccato? Dopo una scia di Grande Bellezza, questo dilemma è la macchia d’inchiostro che sporca il foglio bianco.