sabato, 1 Aprile
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Usa, i Trump (Donald e Ivanka) nel mirino

Si prospettano ancora tempi duri per Donald Trump e famiglia. Un giudice federale Usa ha infatti bloccato il provvedimento dell’amministrazione che aveva sospeso il diritto di chiedere asilo per i migranti che attraversano illegalmente il confine sud degli Stati Uniti. Il giudice ha emesso un provvedimento restrittivo temporaneo, accogliendo il ricorso presentato dall’American Civil Liberties Union e dal Center for Constitutional Rights, che ha subito fatto causa dopo che Trump aveva emesso l’ordine in risposta alla carovana di migranti che hanno iniziato ad arrivare al confine con il Messico.

Farà discutere poi la decisione del tycoon di inserire il Venezuela nella lista nera degli Stati sponsor del terrorismo, come anticipato dal Washington Post. Ma il presidente quantomeno vede positivo per quanto riguarda i rapporti con la Cina. Nel mirino l’accordo commerciale, mentre è stato confermato che fra Washington e Cina sono in corso «comunicazioni molto dettagliate» in vista dell’atteso incontro fra Trump e il presidente cinese Xi Jinping al G20.

Nel mirino però anche la figlia di Trump, Ivanka. Sempre il Washington Post rivela che sono state scoperte centinaia di e-mail inviate lo scorso anno dalla consigliera del presidente a suoi assistenti, a membri dello staff della Casa Bianca e ad altri funzionari dell’amministrazione usando un account personale. Proprio come successe a Hillary Clinton nella scorsa legislatura. Molte delle e-mail trattavano di questioni governative, in violazione delle norme che vietano l’uso di indirizzi personali di posta elettronica per chi ha incarichi di governo. Ivanka si sarebbe difesa affermando di non conoscere bene alcuni dettagli delle regole, assicurando però che nessuna informazione segreta è passata per l’account personale suo e di suo marito Jared Kushner. Inoltre, Ivanka inoltre emerge che non sarebbe ricorsa ad un server privato come fu per l’ex segretario di Stato. Ma intanto i democratici della Committee on Oversight and Government Reform, la principale commissione investigativa della Camera (dove ora hanno la maggioranza), vuole indagare in merito.

In Francia è sempre la questione gilet gialli a mantenere alta l’attenzione. Emmanuel Macron ha auspicato il dialogo per placare le tensioni che si sono create negli ultimi giorni e che hanno portato a diversi blocchi stradali e manifestazioni in tutto il Paese.  «Il governo sta facendo fronte alle proteste. È nel dialogo che se ne può uscire, nella spiegazione, nella capacità di trovare sia il buon ritmo sia le soluzioni sul campo», ha precisato il presidente francese, che ha riconosciuto che è normale che la gente esprima frustrazione, aggiungendo che sta cercando di cambiare le abitudini del Paese sui combustibili fossili. Poi ha confermato le sue promesse di sussidi per le famiglie a basso reddito per comprare automobili o passare a metodi di riscaldamento domestico più ‘puliti’. Intanto il ministro dell’Interno, Christophe Castaner, ha denunciato la ‘deriva totale’ del movimento dei gilet gialli e ha puntato il dito contro una radicalizzazione del movimento.

Nel frattempo quattro uomini sono stati posti in stato di fermo con l’accusa di aver pianificato un’azione terroristica per sabato scorso, il giorno dei blocchi stradali in tutta la Francia da parte proprio dei gilet gialli. Uno dei quattro avrebbe ammesso con gli inquirenti di aver pianificato di compiere un’impresa approfittando del fatto che i gendarmi sarebbero stati assorbiti dai blocchi stradali.

Torniamo alla questione migranti, perché l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini ha lanciato ai ministri della Difesa dei 28: «O i Paesi trovano una soluzione ad interim sui porti di sbarco dei migranti salvati dalle navi dell’operazione Sophia, o dovremo smantellare la missione. Sono convinta che uno spazio per una soluzione ci sia se tutti si rendono conto di quanto rischiano di perdere, senza un compromesso». Intanto Israele non firmerà il patto Onu sui migranti che sarà siglato nel prossimo dicembre a Marrakesh in Marocco. Lo ha annunciato il premier Benyamin Netanyahu: «Siamo impegnati a proteggere i nostri confini dagli infiltrati illegali. Questo è quanto abbiamo fatto e questo è quanto continueremo a fare».

Passando alla questione Brexit, la premier britannica, Theresa May, sarà domani a Bruxelles per colloqui col presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, sulle relazioni future post separazione con l’Ue. Intanto il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, minaccia addirittura il veto sull’intesa di divorzio senza la rassicurazione esplicita che lo status di Gibilterra resterà un dossier a parte rispetto al quadro delle relazioni future Ue-Regno Unito.

In Belgio sarà aperta un’indagine giudiziaria per tentato omicidio dopo l’attacco terroristico che ha visto l’accoltellamento di un poliziotto nel centro storico di Bruxelles. «Non siamo ancora riusciti a stabilire con certezza il movente. L’uomo non è ancora stato ascoltato ma testimoni l’avrebbero sentito gridare ‘Allahu akbar’», ha detto la portavoce della Procura.

In Brasile, l’ex sindaco di San Paolo, Fernando Haddad, sconfitto da Jair Bolsonaro alle ultime elezioni presidenziali, è stato rinviato a giudizio per corruzione passiva e riciclaggio di denaro. Secondo gli inquirenti, l’esponente del Partito dei lavoratori avrebbe intascato 2,6 milioni di reais (circa 760 mila euro) dall’impresa edile UTC per sanare debiti della sua campagna elettorale alle comunali del 2012.

In Yemen, sono ripresi gli scontri a Hodeida, porto sul Mar Rosso, tra insorti Houthi vicini all’Iran e forze lealiste yemenite sostenute da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Gli scontri sono avvenuti nei quartieri centrali di Khamsin e Saleh. Le parti accusano i rispettivi rivali di aver ricominciato a sparare, violando di fatto la tregua raggiunta nei giorni scorsi.

Chiudiamo con l’Afghanistan, dove almeno 40 persone sono morte e 60 altre sono rimaste ferite in seguito ad un attentato messo a segno da un kamikaze contro un raduno religioso che si stava svolgendo in una grande sala per matrimoni a Kabul.

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