martedì, 28 Marzo
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Un Papa che non ama le lobby

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Papa Francesco, il Pontefice del 2013, nominato uomo dell’anno nella recente copertina del ‘Time Magazine, ha speso buona parte del suo primo anno di Pontificato a lottare contro le lobby che aveva trovato saldamente insediate al suo arrivo al soglio pontificio. Il cammino che Bergoglio ha intrapreso per semplificare la complessità del potere Vaticano e per avvicinare la Chiesa ad una idea di semplicità e prossimità con il suo popolo di fedeli si è scontrato con tre ordini di gruppi di pressione, tutti particolarmente attivi nel cercare di mantenere stabile la propria posizione: i gruppi di pressione legati alla finanza, la lobby gay, contro cui Papa Bergoglio si è espresso apertamente, e il complesso nodo di alcuni esponenti delle altre gerarchie ecclesiastiche coinvolti in scandali relativi alla pedofilia.

Il cammino di Papa Francesco nel cercare di portare pulizia e chiarezza nei confronti di questi grumi di potere ben radicati all’interno del Vaticano si è snodato lungo tre direttrici nel corso dell’anno: modificare le posizioni apicali della gerarchia in cui esponenti di questi gruppi di pressione si erano collocati, denunciare pubblicamente, in maniera mirata ma palese, l’azione di questi soggetti, soprattutto quando essi si opponevano agli snodi di mutamento e proporre, mediante una comunicazione prevalentemente rivolta all’esterno, al popolo della Chiesa, modelli, valori e comportamenti profondamente diversi rispetto a quelli ritenuti dominanti per via dell’azione di queste lobby.

 

Per quanto riguarda le lobby finanziarie, ed in particolare lo IOR, ’Istituto per le Opere Religiose chiamato da Statuto a  «provvedere alla custodia e all’amministrazione dei beni trasferiti o affidati all’Istituto medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati ad opere di religione e carità» e dal 2010 coinvolto in scandali finanziari globali in particolare per riciclaggio di denaro, l’azione di Papa Francesco ha intrapreso la prima delle tre strade: il mutamento radicale dei vertici e una profonda operazione di trasparenza, portata avanti in prima persona da Ernst von Freyberg
il nuovo Presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR, nominato direttamente da Francesco. Scopo della nuova nomina è quello di voltare pagina rispetto alle fallimentari, in quanto a trasparenza e rispetto delle normative finanziarie e tributarie, gestioni di Ettore Gotti Tedeschi, ex Presidente dello IOR dal 2009 al 2012 ed iscritto nel registro degli indagati per un’operazione sospetta di riciclaggio di denaro nel 2010, e di Paolo Cipriani, Direttore Generale dell’Istituto bancario nello stesso periodo. Nonostante il 24 maggio 2012 la sfiducia manifestata a Gotti Tedeschi all’unanimità dal Consiglio di Sovrintendenza dello IOR avesse causato la conseguente rimozione dalla carica di Presidente «per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio», il Direttore Generale Paolo Cipriani e Massimo Tulli, il suo Vicario, erano rimasti al loro posto. La questione della sostanziale resilienza della gestione dello IOR anche rispetto al mutamento degli incarichi direttivi, è stata indicata come una delle più grandi preoccupazioni di Papa Benedetto XVI prima delle sue clamorose dimissioni, divenute effettive dal 28 febbraio 2013. Su questo tema, Papa Francesco si è mosso con costanza e determinazione, prevedendo in una prima fase di provocare le dimissioni di Paolo Cipriani e di Massimo Tulli dalla Direzione Generale lo scorso 1 luglio, e affidando l’interim come Direttore a Ernst von Freyberg. Con il nuovo corso, iniziato dall’autunno del 2013, la trasparenza dell’Istituto bancario vaticano viene in primo piano, divenendo il primario obiettivo del Presidente von Freyberg e di Ronaldo Marranci, nominato nuovo Direttore Generale, lo scorso 30 novembre. Negli stessi giorni Alfred Xuereb,  ex Segretario di Papa Francesco veniva nominato delegato per la Pontificia Commissione referente sullo Ior e per la Pontificia Commissione referente sulle finanze vaticane: in questo caso alla trasparenza veniva associato il principio di fiducia nella nomina di una figura chiave per lo IOR, legata a Papa Francesco da un lungo rapporto professionale e umano. Ma per combattere le lobby finanziarie legate allo IOR, Papa Francesco non si è limitato ai mutamenti radicali del personale coinvolto nella gestione della Banca vaticana: ha chiesto che i nuovi arrivati attivassero immediatamente concrete iniziative di trasparenza, come la prima pubblicazione ufficiale del bilancio, reso noto lo scorso 1 ottobre, e la collaborazione con le autorità finanziarie europee per la definizione di procedure apposite per evitare il riciclaggio di denaro. A quest’ultimo proposito, è utile ricordare la recente valutazione positiva fornita da Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa che vigila sugli strumenti dell’antiriciclaggio adottati dagli istituti bancari, sulle nuove procedure dello IOR. L’esito dell’analisi è stata positivo, anche grazie alla volontà, del tutto nuova, di collaborare in maniera piena e trasparente, garantendo l’accesso a dati, elementi, e fattori della nuova governance della Banca Vaticana. In questo senso, si può affermare che si tratta dei primi frutti dell’azione anti-lobby finanziarie vaticane lanciata da Papa Francesco.

Differente la strategia adottata dal nuovo Pontefice nei confronti della lobby gay dentro ai Palazzi di Pietro, e si è trattato prevalentemente di una strategia di comunicazione. Il 6 giugno nel corso dell’incontro della Confederazione latino-americana e caraibica dei religiosi e delle religiose Bergoglio aveva affermato: «Nella curia c’é gente santa, santa davvero. Ma esiste anche una corrente di corruzione, anche questa esiste, è vero. Si parla di una lobby gay ed è vero, è lì… Ora bisogna vedere cosa possiamo fare al riguardo». Interessante l’approccio utilizzato da Bergoglio, che per la prima volta non ha esitato a mostrare empatia nei confronti degli omosessuali, dichiarando: «il problema non è avere un determinato orientamento sessuale, la questione è che si agisce come gruppo di pressione sulla scorta di questo orientamento, sono le lobby avide, le lobby politiche, le lobby massoniche. Ci sono così tante lobby e questo è il vero problema». E dunque il problema non è l’omosessualità, circostanza presente anche nel caso di Monsignor Battista Ricca, nominato da Bergoglio Prelato presso lo IOR in un momento in cui la Chiesa e il Pontefice ignoravano la scandalosa condotta pubblica del religioso, ma la gestione di tale orientamento sessuale per promuovere le carriere delle alte gerarchie ecclesiastiche solo sulla base di questo elemento. Sul tema dell’omosessualità Bergoglio ha manifestato una visione decisamente più tollerante ed inclusiva nei confronti dei fedeli gay che intendono continuare a far parte della comunità della Chiesa, ma non tollera e non ha tollerato dal primo momento del suo Papato che la condizione di omosessuale sia utilizzata come base di partenza per una azione di lobbying e ha comunicato nella maniera più ampia, piana ma chiara la propria convinzione. In questo senso, Bergoglio parla alla comunità dei fedeli della questione dell’omosessualità proprio perché cerca una sostanziale legittimazione da parte del popolo della Chiesa alla sua lotta contro l’azione di lobbying degli alti prelati gay, e vuole che sia inteso chiaramente sia ai primi sia ai secondi, che la sua non è e non vuole essere una crociata discriminatoria contro un orientamento sessuale, ma contro la sua legittimazione a fini di potere politico dentro alle mura vaticane.

 

Diverso ancora è il caso della lobby dei pedofili. In questo senso, al tema Papa Francesco ha riservato poche parole, ma molti fatti. Al di là della condanna contro la stupida pratica di riassegnare ad altra sede i religiosi accusati di pedofilia, anziché mandarli fuori dalla Chiesa, un chiaro riferimento alla vicenda di Bernard Francis Law, l’Arcivescovo di Boston trasferito in Vaticano dopo l’esplosione dello scandalo pedofilia nella diocesi di Boston nel 2002, Bergoglio ha agito molto, spesso senza clamore e non impiegando la sua ormai proverbiale forza comunicativa, per fare in modo che il suo Pontificato venga ricordato come quello della tolleranza zero contro i pedofili nella Chiesa. La dichiarazione del suo impegno in questo senso, nei primi giorni di Pontificato era stata quanto mai chiara: «continuare nella linea voluta da Benedetto XVI, agendo con decisione per quanto riguarda i casi di abusi sessuali, promuovendo anzitutto le misure di protezione dei minori, l’aiuto di quanti in passato abbiano sofferto tali violenze, i procedimenti dovuti nei confronti dei colpevoli, l’impegno delle conferenze episcopali nella formulazione e attuazione delle direttive necessarie in questo campo tanto importante per la testimonianza della Chiesa e la sua credibilità». In questo senso le iniziative di Bergoglio sono proseguite mediante l’istituzione di una Commissione di otto saggi, tra cui Sean Patrick O Malley, il Cardinale della diocesi di Boston, che ha avanzato la proposta, immediatamente accolta con favore dal Pontefice, di creare una Commissione per la protezione dei fanciulli, con compiti di vigilanza e controllo sul personale religioso, di formazione dei sacerdoti e dei seminaristi, ma anche dei ragazzi e delle loro famiglie sul tema. Una vera e propria super-commissione in grado di verificare le accuse, collaborare con le autorità gerarchiche dei religiosi segnalati, ma anche con le istituzioni giudiziarie e di polizia dei luoghi in cui i casi si possano verificare; senza dimenticare gli importanti ruoli di assistenza e supporto psicologico delle vittime e dei familiari, di comunicazione con le comunità di fedeli, di collaborazione con esperti e tecnici per realizzare forme di prevenzione. Insomma, la lotta contro il clima di pesante silenzio che ha circondato i casi più imbarazzanti in materia di pedofilia sembra motivare l’azione incessante e risolutiva di Bergoglio sul tema della pedofilia. C’è da credere che i risultati si manifesteranno in tempi molto brevi e con svolte davvero rilevanti per gli ambiti della Chiesa toccati anche solo dal sospetto. E non è un caso che si tratti del settore in cui Bergoglio ha profuso il maggiore impegno sistemico, non solamente rivolto a modificare assetti gerarchici o a rilasciare dichiarazioni, ma modificando profondamente la percezione del tema all’interno della comunità ecclesiastica e nel rapporto con il popolo dei fedeli. E, parafrasando l’affermazione di Arthur Schopenauer, filosofo tedesco, che recita: «Le religioni sono come le lucciole: per risplendere hanno bisogno delle tenebre», viene da considerare che lo splendore del Papato di Bergoglio possa emergere soprattutto dalla lotta alla più oscura e pericolosa delle lobby presenti in Vaticano: quella dei pedofili.

 

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