Un film non può essere capito se non si guarda dall’inizio. Ma sembra che ora tutti giudichino la Siria dal fotogramma del giorno. Senza considerare la storia, prima delle rivolte e durante le rivolte stesse. Senza considerarne la complessità e lo svolgimento. Manca un narrativa, un filo conduttore. Questo è un momento di cambiamento, di transizione. Non si può prendere visione da un punto di questa pellicola ad alta tensione e drammaticità e dolore, e andare avanti, come se non ci fosse un passato, e intitolarlo il Paese del Male. Perché si genera confusione e si alimentano paure e diffidenze.
La Siria è un Paese sfinito dalla sofferenza, dove la guerra – in quasi tre anni – ha causato la morte di 126mila persone, più di 6mila bambini e la fuga di due milioni e mezzo di persone. I bambini siriani, una intera generazione perduta . Secondo l’Unicef, dall’inverno scorso, il numero di minori che hanno bisogno di assistenza umanitaria in Siria è quadruplicato. I piccoli in situazione di vulnerabilità all’interno del Paese in guerra sono infatti 4,3 milioni contro 1,15 milioni del dicembre dell’anno scorso
Così uno spettatore o un lettore disattento, vedendo i due principali fotogrammi di oggi che cosa registrerà? Immagine uno: Damasco, un attentatore kamikaze si è fatto saltare in aria davanti ad un ufficio del ministero della Difesa – nel centro della capitale – nella zona di Jisr al-Abyad. E penserà: ecco i ribelli siriani sono tutti terroristi. O peggio, come ormai sento ripetere spesso, i musulmani sono portati a diventare terroristi.
Stessa reazione per l’immagine due. Maaloula, villaggio simbolo della cristianità in Siria, poco distante da Damasco, dove il rapimento di dodici suore – da attribuirsi quasi certamente al gruppo di Fronte Al – Nusra, legato ad Al Qaeda – rafforza un’altra affermazione. In Siria i cristiani (la minoranza cristiana è di circa 1,8 milioni di anime) sono attaccati dai musulmani.
Sono immagini vere e terribili ma se strappate da un contesto più ampio possono risultare fuorvianti. Perché i gruppi jihadisti non rappresentano l’Islam, ma una devianza. Perché nessuno mette in dubbio il radicalismo di un messaggio come quello propugnato da al-Qaeda, ma è anche vero che non tutti i jihadisti sono al-Qaeda. Allo stesso tempo è vero che il jihadismo miete vittime. Però la maggior parte di queste, sono musulmani. E in molti sembrano ancora oggi dimenticarlo o non saperlo. Perché in Siria, i gruppi jihadisti, legati o meno ad Qaida, ci sono certo, ma non sono la maggioranza, anche se forti sul terreno da un punto di vista militare. Che i cristiani abbiano sempre avuto paura degli “islamisti”, fin dall’inizio delle rivolte, è una realtà. Le testimonianze raccolte già nel 2011, esprimevano un grande timore. E la comunità cristiana, di massima, si era alleata con la leadership di Damasco. Comprese le gerarchie.
Testimonianze che ho raccolto e raccontato, perché esprimevano sentimenti veri. Ma con passare dei mesi qualcuno mi domandava: «Sarà vero o stiamo cadendo nella trappola della propaganda del regime?». Che da sempre, in Sira, si è posto come difensore delle minoranze religiose ed etniche in Siria.
Le divisioni settarie, intendiamoci si sono delineate, prima ancora che i gruppi jihadisti pagati dai Paesi del Golfo e favoriti dalla Turchia entrassero nel Paese. Certo perché sempre in situazioni di pericolo le comunità tendono a fare fronte comune. Ma quanto c’era di “religioso” in senso stretto? La vera divisione non è stata, almeno al principio, fra i sostenitori e gli oppositori al regime? Cristiani, sunniti, sciiti che fossero?
Fin dall’inizio delle rivolte, il presidente Bashar al -Assad chiamò i ribelli “terroristi”. Ma sono scesa in piazza con siriani che non erano terroristi né stranieri e che manifestavano chiedendo solo, diritti, dignità e libertà. In seguito è arrivata la lotta armata, sono arrivate le ingerenze straniere, sono arrivati davvero i terroristi. Sento ancora le esplosioni continue, che magari creavano pochi danni e non venivano neppure riprese dalla stampa internazionale, a Damasco, nel luglio 2012. Sono arrivate le lacerazioni fra le Brigate dell’Esercito Siriano libero. Gli attacchi dei gruppi jihadisti contro lo stesso esercito siriano libero. Contro i curdi. Non solo i cristiani sono vessati da queste frange estremistiche. Testimonianze di famiglie sunnite al nord della Siria, nelle zone controllate appunto da gruppi che applicano una brutale legge shariatica , rivelano l’insofferenza della popolazione contro chi, forse, era stato visto come il salvatore. Una cosa è certa. Non sapremo come andrà a finire questo drammatico film. Ma almeno non giudichiamo da fotogrammi senza montaggio.