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Uganda, polemiche sul vescovo Charles Wamika

Charles Wamika

Kampala –Dimissioni immediate del Vescovo ugandese Charles Wamika”, intitola una petizione promossa da Change.org  che ha già raggiunto 4.424 firme in due giorni. La petizione è appoggiata anche da personaggi illustri della Chiesa Cattolica quali Eugenio Melandri.  La petizione, che sta scuotendo un coro di proteste sui social network, è stata causata dalla omelia anti gay pronunciata dal Charles Wamika, vescovo della seconda città più importante dell’Uganda, Jinja, durante la messa celebrativa della Pasqua.  

Il vescovo Wamika è andato pesante sull’argomento, già oggetto di proteste internazionali causa la legge anti omosessualità entrata in vigore lo scorso febbraio. L’esponente della Chiesa Cattolica ha incitato i fedeli a sterminare gli omosessuali ugandesi invitando i genitori a denunciare alla polizia i propri figli gay promettendo loro il paradiso. «Benedetti siano tutti i Parlamentari che hanno combattuto in questi anni per far approvare la legge contro l’omosessualità, contribuendo a liberare l’Uganda dall’opera di Satana. Invito tutti i cristiani di Jinja a rendere la nostra meravigliosa città libera dai gay ricordando che nella storia umana la Chiesa Cattolica ha sempre combattuto il Diavolo e molto sangue è stato versato. Mi appello a tutti i cristiani chiedendo di attuare ogni mezzo possibile per ripulire la nostra città dal male e dai gay. Seppur doloroso ogni genitore ha l’obbligo morale di denunciare il proprio figlio omosessuale e consegnarlo alle autorità, per conquistarsi un posto nel Paradiso. Voglio ringraziare il Presidente Yoweri Museveni per aver supportato la lotta contro il male, firmando la legge contro l’omosessualità. Per questo invito tutti i fedeli a concedere il pieno supporto al nostro Presidente durante le elezioni del 2016» ha dichiarato il vescovo durante l’omelia pasquale.

Le parole di Wamika sono state considerate a livello regionale estremamente pericolose e hanno fatto riaffiorare alla mente gli appelli genocidari della famosa Radio Mille Colline, nota anche come Radio Machete durante il genocidio ruandese avvenuto nel 1994. L’incitamento all’odio contro le minoranze sessuali del vescovo Wamika non è stato un episodio isolato. In netta contrapposizione al messaggio di pace pronunciato dal Santo Padre prima della benedizione Urbis et Orbis, i massimi esponenti del clero cattolico ugandese si sono abbandonati a pericolosi messaggi omofobici durante le messe celebrate in onore della resurrezione del Cristo.

«Invito tutti i fedeli e ogni cittadino ugandese a supportare la legge anti omosessualità e la lotta contro il male e la corruzione. Occorre mettere a morte gli omosessuali per far crescere e defluire in abbondanza la vittoria del bene sul male» ha detto Emmanuel Obbo, vescovo della Arcidiocesi di Tororo. «Il Presidente Yoweri Museveni ha reso gli Ugandesi fieri, sfidando le pressioni internazionali, incluse quelle di vari donatori, approvando la legge contro l’omosessualità. Il suo coraggio è un segno di speranza contro le forze del Male. Sappiamo che questa legge proteggerà la nostra società e i nostri giovani dalla omosessualità che è il peggiore degli abomini in Africa», le parole di Patrick Gidudu, vescovo della diocesi di Mbale. L’intervento più moderato è stato quello di Martin Nangoli, Ministro della Chiesa Cattolica: «Il nostro amato Presidente ci ha reso orgogliosi firmando la legge anti omosessualità. Ognuno di noi deve rifiutare questa atto, ricercando Dio, il perdono e rinnovando la nostra vita spirituale per creare pace e sviluppo. Ognuno di noi deve proteggere i valori sociali della nostra società e la famiglia. Dobbiamo rifiutare l’omosessualità per proteggere il matrimonio».

Questa terribile escalation di odio scatenata da rappresentanti della Chiesa non è improvvisa. Al contrario trae le sue origini al 2012 quando il vescovo di Kampala Cyprian K. Lwanga spostò la posizione della Chiesa Cattolica in Uganda dal campo contrario alle legge repressiva contro gli omosessuali al campo anti gay capitanato dalla Chiesa Anglicana e da varie sette evangeliche americane. Il suo nuovo orientamento creò una alleanza di istituzioni religiose che inglobarono anche l’Islam creando una vera e propria crociata anti omosessuale.

Il vescovo di Kampala Lwanga è da sempre considerato dai 13,6  milioni di fedeli cattolici (42% della popolazione ugandese) l’unico vero rappresentante del Vaticano, non riconoscendo i vari rappresentanti del Nunzio Apostolico che si sono succeduti in questi anni. Le sue prese di posizione pesano come un macigno nella politica del Paese. Nel luglio 2012 il Vescovo Lwanga firmò una lettera indirizzata al Presidente Museveni assieme agli altri leader religiosi del Paese (protestanti e musulmani) a seguito della decisione del Presidente Yoweri Museveni di ostacolare l’approvazione della legge per timore di ricadute negative a livello internazionale. Nella lettera si richiedeva l’immediata approvazione della legge anti gay conosciuta come Kill The Gay Bill, al fine di difendere i valori tradizionali della famiglia. All’epoca la proposta di legge conteneva la pena di morte per gli omosessuali recidivi, trasformata ora in ergastolo.

Il passaggio della Chiesa Cattolica al campo anti gay fu riconfermato con determinazione nella lettera inviata dai leader religiosi al Presidente Museveni il 29 dicembre 2013 a seguito del suo rifiuto di approvare la legge anti omosessualità votata illegalmente al Parlamento il 20 dicembre 2013. La seconda lettera, anch’essa firmata dal Vescovo Lwanga, chiese espressivamente al Presidente ugandese di firmare al più presto la legge omofonica come aveva fatto la sua controparte nigeriana: il Presidente Goodluck Jonathan.

Dal febbraio scorso in Uganda dichiarazioni e prese di posizione adottate dalla Chiesa Cattolica hanno superato di gran lunga la storica opposizione contro le minoranze sessuali della Chiesa Anglicana che, ottenuta la legge, ora cerca di limitare al massimo le dichiarazioni pubbliche. La settimana successiva alla firma della legge da parte del Presidente Yoweri Museveni la maggioranza delle parrocchie cattoliche hanno indetto veglie notturne di preghiere per ringraziare Dio di aver liberato il Paese dal “satanico pericolo” rappresentato dai gay.

In Africa tali prese di posizione da parte della Chiesa Cattolica sono estremamente pericolose e storicamente hanno portato a conseguenze nefaste e mortali. Ancora fresca nella memoria di centinaia di migliaia di sopravvissuti del Olocausto Africano del 1994 l’attiva partecipazione della maggioranza del clero cattolico ruandese al fianco delle milizie genocidarie. Il 46% delle vittime furono trucidate all’interno delle chiese, conventi e istituti scolastici cattolici.

Gli appelli omofobici della “Pasqua del Sangue e dell’Odio” hanno scaturito i primi terribili effetti. Sotto la spinta di una consistente parte dell’opinione pubblica di fede cattolica e protestante, la Magistratura ugandese ha deciso per la prima volta di processare due omosessuali: Kim Mukisa e Jacjson Mukasa. La pubblica accusa ha chiarito la sua intenzione di chiedere una condanna esemplare. Il caso Mukisa – Mukasa apre una pericolosa falla nel atteggiamento fino ad ora adottato dalla magistratura che ha sempre archiviato i precedenti processi contro omosessuali per “mancanza di prove” una evidente scusa per evitare imbarazzanti udienze. I due cittadini ugandesi, vittime delle loro scelte sessuali, dovrebbero essere rilasciati sotto cauzione (ammesso che abbiano i soldi per pagarla) rimanendo in attesa del processo.

La crociata omofobica della Chiesa Cattolica Ugandese rischia di compromettere gli sforzi del neonato movimento pro-gay ugandese capitanato dalla ex Vice Presidente Speciosa Wandira-Kazibwe e da 50 organizzazioni della società civile. In meno di due mesi la lobby pro gay ugandese é riuscita ad “ammorbidire” la posizione del Governo. Il Ministro della Sanità ha dato disposizioni ufficiali al personale medico di non discriminare i malati omosessuali e di non denunciarli, in palese violazione della legge in vigore. Il Presidente Museveni ha suggerito alle forze dell’ordine di non attuare arresti di massa tra le minoranze sessuali e di impedire eventuali linciaggi attuati da estremisti.  La lobby pro gay ha come obiettivo finale l’abrogazione della legge. Tra i corridoi del potere si mormora che tale obiettivo sia parzialmente condiviso dallo stesso Presidente, per ovvie ragioni di Realpolitik internazionale.

In Uganda stiamo assistendo ad una situazione schizofrenica all’interno della Chiesa Cattolica sul atteggiamento dinanzi alla omosessualità: da un lato abbiamo Papa Francesco che timidamente sembra volersi aprire al dialogo ed attuare una apertura sul tema fino ad ora considerato peccato mortale; dall’altra assistiamo alla crociata omofobica della Chiesa Cattolica ugandese promossa dai suoi massimi rappresentanti che sembrano sfuggiti dal controllo del Vaticano. Il loro chiaro obiettivo è di impedire ogni distensione verso le minoranze sessuali accendendo veri e propri incendi di odio che rischiano di scatenare incontrollabili caccia all’uomo e pogrom.

Le loro costanti prese di posizione stanno insinuando nella opinione pubblica il dubbio che l’evidente situazione schizofrenica nasconda una non volontà del Vaticano ad attuare una reale apertura, orientandosi verso il riconoscimento dei diritti delle minoranze sessuali che è ben lontano dalla esaltazione dell’omosessualità che rimane una scelta individuale da tutelare legalmente. Questi dubbi rischiano di incrinare l’opera di rinnovamento del Santo Padre portando a supporre che si tratti di una ben orchestrata ed ingannevole opera di marketing voluta dalla Chiesa Cattolica con Gattopardesche intenzioni. Occorre comunque prudenza, soprattutto dal campo dei difensori dei diritti umani, delle libertà civiche e delle associazioni omosessuali internazionali. Se la pronta denuncia e condanna di ogni atteggiamento omofobico adottato dalla Chiesa sono necessarie e indispensabili, occorre osservare attentamente le crepe che stanno affiorando all’interno di questa pluricentenaria struttura di potere secolare.

L’appoggio di Eugenio Melandri alla petizione promossa da Change Org è significativa ed obbliga alla riflessione. Sulla sua pagina Facebook, Melandri promuove attivamente la petizione attuando una chiara scelta di campo portata avanti da una importante e storica figura del Cattolicesimo Italiano di cui i detrattori si attenderebbero un silenzio complice. Eugenio Melandri, nato a Brisighella il 21 settembre 1948 e parlamentare europeo, ha un passato di testimonianza religiosa influenzato dalla Teologia della Liberazione e dal movimento dei Preti Operai. Ex esponente di Democrazia Proletaria é un profondo conoscitore dell’Africa. Ha ricoperto importanti cariche quali Vice Presidente dell’Assemblea paritetica della Convenzione tra gli Stati dell’Africa, Caraibi e Pacifico e la CEE (ACP-CEE) e della Delegazione della Commissione parlamentare mista Spazio Economico Europeo. Attualmente  opera all’interno della redazione di Info Cooperazione, il più importante ed autorevole blog degli operatori italiani della cooperazione internazionale. É inoltre uno dei principali promotori dell’immagine di Papa Francesco sui social network.

La presa di posizione di Eugenio Melandri contro il vescovo ugandese che ha avuto il coraggio di incitare i fedeli allo sterminio dei gay nella festa più sacra (dopo il Natale) del Cristianesimo, non è solo un apprezzato atto di coerenza politica e morale ma, probabilmente, un segno che all’interno di questa monolitica istituzione secolare qualcosa si sta muovendo… forse nella giusta direzione. Una speranza vana o una realtà? I fatti concreti e le chiare prese di posizione del Santo Padre, non solo sulla omosessualità ma su altri scottanti temi della politica africana dimostreranno se la sua opera di rinnovamento sia genuina oppure una volgare opera di marketing. Un segnale chiaro ed indiscutibile, oltre a richiamare all’ordine i sanguinari vescovi ugandesi,  sarebbe quello di concedere il nulla osta al Governo Italiano affinché proceda alla estradizione dei i preti genocidari ruandesi come richiesto dal Governo del Rwanda fin dal 1994. Attualmente questi preti del Genocidio sono protetti dal Vaticano e occultati in periferiche e isolate diocesi italiane. 

 

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