Oggi, mercoledì 16 marzo, la Russia potrebbe andare in default: l’economia russa deve far fronte al suo primo pagamento in dollari USA, circa 117 milioni, a due obbligazioni sovrane, cedole sugli Eurobond in dollari statunitensi, da quando ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio scorso. Non pagare vorrebbe dire rischiare l’insolvenza. Il Presidente russo Vladimir Putin ha detto che Mosca effettuerà i pagamenti, ma lo farà rubli almeno finché le sanzioni non consentiranno accordi in dollari. Ma pagare in valuta locale e non in dollari potrebbe innescare una catena di insolvenze. Alcuni dei titoli emessi dalla Russia, spiega Al Jazeera, hanno una clausola che consente il pagamento in rubli, ma i pagamenti degli interessi che scadono mercoledì non sono ammissibili. La Russia deve pagare in dollari e, dato il valore ridotto della sua valuta, potrebbe essere difficile.
Il default della Russia sul debito estero sarebbe un inedito da quando i bolscevichi di Lenin non riconobbero il debito zarista dopo la rivoluzione del 1917. La Russia e le società di Stato russe, però, soprattutto quelle di gas e petrolio come Lukoil, Rosneft e Gazprom, hanno debiti per circa 150 miliardi di dollari in valuta estera, tra titoli di Stato ed emissioni societarie, ma solo 45 sono di proprietà del governo di Mosca. L’anno scorso il debito interno della Russia è stato pari a circa il 13% del suo prodotto interno lordo. Il debito estero ammonta a 150 miliardi di dollari.
Se anche venisse scongiurata l’insolvenza oggi, ci sarebbero altri titoli in scadenza ancora il 31 marzo e il 4 aprile, rispettivamente per 359 milioni e per 2 miliardi di dollari di rimborsi sui titoli statali. Se la Russia non dovesse pagare ci sono 30 giorni di tolleranza, di «periodo di grazia». tanto che Morgan Stanley ha indicato nel 15 aprile la data che definirà o meno l’insolvenza russa. Il responsabile della strategia sui titoli di Stato dei mercati emergenti, Simon Waever, aveva ritenuto «un default lo scenario più probabile», e parlato di una prospettiva simile al Venezuela colpito dalle sanzioni dell’ex presidente Usa Donald Trump. Secondo Algebris, invece, la Russia dovrebbe continuare a onorare il debito grazie alle entrate da materie prime come gas e petrolio.
È chiaro che le agenzie di rating del credito considererebbero il Paese inadempiente e gli obbligazionisti inizieranno a negoziare. Fitch ha già declassato i rating a lungo termine di 31 banche russe a “CC” da “B”, un livello molto più vicino all’insolvenza. Le 31 banche russe sono anche state rimosse dalla Rating Watch list con outlook (previsione, ndr) negativo. Anche i rating di default a breve termine sono stati declassati a “C” da “B” e rimossi da Rating Watch con outlook negativo. Tra gli istituti coinvolti Raiffeisenbank (di proprietà dell’omonima banca austriaca), MKB, Gazprombank, Alfa-Bank, Sberbank, Tinkoff Bank. Ieri la stessa agenzia Fitch aveva declassato i rating di sette società russe da “B ” a “C” , livello che segnala “default imminente” . Si tratta Avtodor, JSC Russian Post, Russia Housing and Urban Development Corporation JSC (DOM.RF), JSC Rusnano, JSC Russian Railways (RZD), JSC Federal Passenger Company (FPC) e OJSC Svyazinvestneftekhim (SINEK). La mossa segue al declassamento del rating sovrano della Russia a “C” annunciato lo scorso 8 marzo.
Se la Russia non dovesse pagare, un default del debito potrebbe spingere i pochi investitori stranieri rimasti in Russia a lasciare il Paese, isolandolo ulteriormente. E se il governo va in default, le aziende potrebbero seguirlo. Qualcosa che, si nota, potrebbe essere paragonata a quello che è successo in Argentina nel 2020, spiega Gerard DiPippo, ricercatore senior in economia presso il Center for Strategic and International Studies. «La grande differenza qui è che è uno shock che gli investitori non si aspettavano di dire due o tre mesi fa, mentre in Argentina si è visto arrivare il problema», spiega ad Al Jazeera. «È un evento geostrategico, seguito da massicce sanzioni, un’economia in crisi e ora il potenziale di default del debito», dice DiPippo. «Si tratta di qualcosa che in pochi hanno previsto». Il ricercatore presume che Stati Uniti e alleati «fossero consapevoli delle implicazioni del congelamento della capacità della banca centrale russa di accedere a dollari, euro e altre principali valute». Se il debito non verrà pagato, gli investitori saranno ancora più scoraggiati a fare affari con il Paese e la strategia di un bilancio fatto di oro e valuta estera sembra finire nel nulla.
L’ultima volta in cui la Russia non è riuscita a onorare il proprio debito è il 1998, ma il default in quel caso era limitato al debito domestico in rubli. Quel default causò il crollo del sistema bancario e la svalutazione dei risparmi. Con il dollaro scambiato di colpo a 26 rubli invece che a 6, le banconote divennero carta straccia, i negozi iniziarono ad essere presi d’assalto. Fu la fine del Far West economico e politico degli anni ’90 scatenato dalla caduta dell’URSS. Boris Eltsin vide crollare la sua leadership, favorendo l’ascesa al potere di Putin.