Ad oltre quindici giorni dall’inizio delle ostilità in Ucraina, si può tentare di trarre qualche conclusione, o almeno qualche prospettiva.
Colpisce innanzitutto la tragica -sì proprio così- sottovalutazione dello stato di tensione, del grave problema politico che sta dietro alla esplosione del conflitto: un ‘dietro’, che era assolutamente palese, mai nascosto, anzi, oggetto di continue sollecitazioni, ignorate sistematicamente (e anche, a partire dal 2014 quando la Crimea ‘si staccò’ dall’Ucraina, con una certa arroganza), anche dai Paesi che più di tutti gli altri avevano interesse reale ad evitare lo scoppio del conflitto.
C’è da stupirsene, dico e ribadisco. Non parlo ovviamente dell’Italia, che quanto a politica estera purtroppo non esiste in termini attivi, ma specialmente propositivi.
Come ho detto più volte, la nostra diplomazia è di alto livello e molto spesso per non dire sempre, i nostri diplomatici all’estero (e sottolineo: all’estero, e chi deve capirmi mi ha capito!) sanno coprirsi di onore e conquistano il rispetto sia dal punto di vista tecnico, sia da quello umano. Fin dal tempo del colpo di Stato, voluto dagli USA in Cile (quello che secondo il nostro Ministro degli Esteri è avvenuto in Venezuela!) i nostri diplomatici sono stati sempre attivamente dalla parte dei più deboli e delle persone bisognose di protezione. Ma, quanto a politica vera, la scarsa attenzione alla politica estera da parte dei nostri Governi e governicchi, non ci ha mai permesso di essere attivi e produttivi sul piano internazionale, nemmeno nella difesa dei nostri interessi.
Non per nulla lo ha rilevato, con malcelato stupore, lo stesso Mario Draghi in Parlamento, quando ha giustamente lamentato il fatto che non si fosse preso alcun provvedimento sulle forniture di idrocarburi russi fin da quando le tensioni nella zona in cui oggi c’è la guerra apparivano evidenti. Risultato: dipendiamo per oltre il 40% dei nostri rifornimenti dalla Russia. Ma, questo è il punto vero, ciò non ha corrisposto in nessun modo ad una nostra posizione di ‘maggiore peso’ nei rapporti con la Russia.
Tralascio le disgustose vicende della peggiore destra del mondo, che è quella italiota, tra le slinguate vagamente oscure del ‘primo’ Matteo Salvini e le figuracce rozze del secondo, letteralmente cacciato dalla Polonia dove voleva fare le sue solite sceneggiate.
Abbiamo, come sempre, seguito gli altri: nel caso la Germania. Che, invero con una politica oscillante ed ambigua imposta dalla signora Angela Merkel, da un lato strizzava l’occhio alla Russia acquistandone il gas, dall’altro continuava nella politica di ‘ostilità atlantica‘ verso la Russia, in particolare cercando di ‘attirare’ il maggior numero possibile di Paesi ex comunisti, nella sfera della UE e della NATO. Con la conseguenza che ora la Germania, da un lato si trova in guai seri per i rifornimenti (quasi il 50% del suo fabbisogno viene dalla Russia) e si vede (secondo me, si crede) costretta a bloccare il North Stream 2, che sarebbe utilissimo all’intera Europa, dall’altro lato, è stata la prima a fornire armi all’Ucraina.
Quest’ultima questione della fornitura di armi all’Ucraina, è di grande importanza. Non solo e non tanto perché, come ho già spiegato, la fornitura di armi implica una rottura dello stato di neutralità verso la Russia, accompagnato da un riarmo notevole della Germania stessa a prescindere dalla vicenda ucraina, ma principalmente perché rompe la prassi di non intervenire in conflitti armati (prassi ormai già da tempo interrotta, ma che durava dalla fine della guerra), ma soprattutto di non fornire armi ai contendenti. Non penso che sia in sé una cosa molto importante, ma attesta di un significativo cambiamento di politica della Germania, che ora oltre a primeggiare e farsi valere nell’economia si affaccia sul terreno delle armi, con tutte le perplessità, o meglio i timori (a mio giudizio esagerati), che da ciò derivano.
Tutto questo, a parte, dunque, il fatto che il comportamento della stessa Europa in quanto tale, ma principalmente degli Stati europei, ivi compresi quelli ‘dell’est’ come la Polonia che offre addirittura aerei da combattimento agli ucraini, determina la partecipazione dell’intera Europa alla guerra in Ucraina, con la conseguenza di rendere impossibile una attività di mediazione nel conflitto (che sarebbe stata fondamentale a mio parere, date le coincidenze di interessi su vari punti tra Europa e Russia), mette in evidenza la totale incomprensione da parte europea, come dicevo all’inizio, delle motivazioni del conflitto. Perché, le motivazioni del conflitto sono ben note e non prive di fondamento, ma trascurate deliberatamente dall’Europa, che ora, ‘sorpresa’ dal conflitto (sic!), è completamente schiacciata sulle posizioni statunitensi, di ‘guerra totale’ alla Russia, da combattere, però, in Europa. E, credo, è ben difficile nascondere le evidenti esagerazioni propagandistiche volute dagli USA, visti i problemi interni del Presidente Joe Biden.
Lo scopo degli USA è di una evidenza addirittura banale. Da un lato, cogliere l’occasione dell’azione russa per scatenare una guerra economica e propagandistica contro la Russia, davvero senza precedenti, per escluderla in sostanza dalla partecipazione alle iniziative politiche e di politica economica globale che gli USA hanno in mente di svolgere in concorrenza e in conflitto con la Cina, e dall’altro (e questo, allo stato dei fatti, è la cosa peggiore per noi europei), di immobilizzare l’Europa su una posizione pregiudizialmente ostile alla Russia, anzi, ‘nemica’ addirittura, privandola di capacità di iniziativa e quindi di autonomia, faticosamente disegnata da Emmanuel Macron, Mario Draghi e, per certi versi, da Olaf Scholz.
Assurdo, dico, sì assurdo. Perché almeno una cosa non può essere negata: la Russia, da oltre sette anni in maniera evidente, ma da molti più anni, sta ripetendo che cerca una ‘sicurezza‘ dei propri confini, che viene rotta dalla ‘occidentalizzazione‘ dei Paesi confinanti con la Russia.
Fin dai tempi dello scioglimento dell’URSS, la richiesta esplicita e chiara della Russia era stata il non allargamento della NATO verso est. Era il contenuto dell’accordo tra Michail Gorbaciov e George Bush Sr., oggi volgarmente stracciato dagli USA. Accordo che è stato violato platealmente, confidando nella debolezza della Russia, che usciva da un trauma politico immane e cercava una stabilità politica sia interna che internazionale. In parte, ‘riconosciuto’, per dir così, dai Paesi ‘occidentali’ (in sostanza gli USA) che avevano addirittura iniziato a studiare non solo e perfino una entrata della Russia nella NATO, ma che avevano ‘dismesso’ l’ostilità atavica verso la Russia, associandola al controllo della politica globale, aggiungendola al G7, divenuto, appunto, G8.
Ma accanto a queste aperture, il non meglio definito ‘occidente’, ha continuato la politica di ostilità militare verso la Russia, facendo esattamente ciò che si era concordato di non fare: allargando la NATO ad est. A ciò, dopo vari anni in cui la Russia ha cercato di rafforzarsi e ricostruire un controllo maggiore da parte del Governo (che poi sia stato realizzato con metodi non democratici, che abbia favorito l’arricchimento di alcune persone, ecc., non c’entra con il tema, salvo che per la propaganda), la Russia, oltre alle proteste inascoltate, ha reagito alla proposta assurda di fare entrare l’Ucraina (e magari anche la Georgia e la Bielorussia) non solo nella UE, ma addirittura nella NATO: queste proposte sono state in gran parte volute dalla Germania della signora Merkel. La possibile entrata nella NATO dei territori in cui vi sono le più importanti basi militari russe nel Mar Nero, in Crimea e a Odessa, è una ovvia provocazione.
Ora resta solo da aspettare e vedere fino a che punto la decisione della resistenza (certo, davvero eroica), sostenuta fortemente da USA ed Europa, impedirà una pace onorevole tra i due contendenti, uno dei quali fortemente spinto ‘dall’occidente’ a non concedere nulla.
Il tutto, e questo andrebbe ricordato ogni minuto, sulla pelle e a spese dell’Ucraina, ovviamente, ma anche dell’Europa: una ennesima guerra europea, osservata con interesse a che duri il più possibile dagli USA.