Cassandra era antipatica. Ma azzeccava sempre i suoi lugubri presagi.
Qui non intendiamo assumere nessuna identità di giovani sacerdoti che prevedono ogni sventura dell’umanità ma se venerdì scorso avevamo espresso il timore che gli accordi spaziali con la Russia fossero in pericolo, ora che apprendiamo che l’agenzia spaziale russa intende chiudere il percorso comune con l’Europa, cominciamo a ritenere di aver guardato nel giusto buco della serratura. Il suo capo, Dmitry Rogozin ha infatti dichiarato: «In risposta alle sanzioni dell’UE contro le nostre imprese, Roscosmos sospende la cooperazione con i partner europei nell’organizzazione di lanci spaziali dal cosmodromo di Kourou e richiama il suo personale tecnico, compreso l’equipaggio di lancio combinato». Viene così interrotta la preparazione per il lancio previsto il 5 aprile di due satelliti della costellazione GALILEO già consegnati.
Per adesso quindi resta in panchina una collaborazione promossa nel 2003 con il progetto russo-europeo che ha lanciato 60 di questi satelliti con i Soyuz-ST-B.
La Guyana francese -lo ricordiamo- è l’unica base di lancio europea. Senza contare le basi missilistiche in grado di proiettare i vettori balistici contro i nemici veri e presunti, l’ex Unione Sovietica è messa un pochino meglio dell’Europa in numero di siti di lancio: Bajkonurin Kazahstan è il cosmodromo più antico del mondo, da cui partì il primo satellite artificiale ePlesetsk il più settentrionale, nell’Arkhangelsk, unico in territorio europeo. Due nella regione dell’Amur: Vostochnyj, il cosmodromo più nuovo e Svobodnyjchiuso nel 1997; segue Kapustin Jar nella steppa di Astrakhan e poi Jasnyj il più dimenticato, negli Urali meridionali. Non scordiamo Morskój Start, un progetto interessante di Russia, USA, Norvegia e Ucraina: è uno spazioporto galleggiante. Già, che sarà di questa piattaforma, al momento riparato in un cantiere navale di Slavyansk per lavori di restauro?
Questo elenco, che appare noioso a noi prima che a chi ci legge, è un esempio per far comprendere quanto sia difficile per l’Europa e il mondo intero mettere in difficoltà la Russia dello spazio.
Il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea Josef Aschbacher su twitter ha tranquillizzato la platea dei paesi contributori. «Nonostante il conflitto in atto, la cooperazione spaziale civile rimane un ponte». E ha aggiunto: «L’ESA continua a lavorare su tutti i suoi programmi, inclusa la Stazione Spaziale Internazionale e la campagna di lancio della missione ExoMars, al fine di onorare gli impegni con gli Stati membri e i partner. Continuiamo a monitorare l’evolversi della situazione». Aschbacher però non ha parlato della missione Luna 27 pianificata dal suo ente con Roscosmos per inviare un lander in cerca di minerali, sostanze volatili e ghiaccio d’acqua in aree permanentemente in ombra della Luna. In caso di cancellazione del programma, questa ricerca resterebbe solo appannaggio di Cina e Stati Uniti?
E che sappiamo di Venera-D? Il programma di nuova generazione per l’esplorazione del secondo pianeta del sistema solare che potrebbe avere importanti coinvolgimenti anche in Europa?
Né ci è dato sapere che rapporti stanno regnando intimamente in questi momenti tra il comandanteAnton Shkaplerov e Pyotr Dubrovcon i colleghi americani Raja Chari, Thomas Marshburn, Kayla Barron e Mark Vande Hei; e Matthias Maurer tedesco di ESA, attuali abitanti della Stazione Spaziale. Il 18 marzo è in programma il cambio equipaggio russo: Oleg Artemyev, Denis Matveev e Sergey Korsakov avranno il permesso di varcare il boccaporto della piattaforma SSI?
E per quanto riguarda la missione n. 68 al comando di Samantha Cristoforetti c’è il rischio che verrebbe meno la possibilità di utilizzare il modulo Zvezda che fornisce il sistema di propulsione principale per mantenere in orbita la SSI. Non effettuare le manovre causerebbe un deorbit incontrollato che sarebbe la fine con conseguenze dirompenti soprattutto per i difficili equilibri planetari, oltre che per le conseguenze di struttive che comporterebbe.
Le nubi che avvolgono la Stazione Spaziale, il cui modulo abitato è per il 60% di costruzione italiana, si addensano sul fatto che a Dnipro, presa di mira dall’artiglieria di Mosca, hanno sede gli impianti industriali del vettore Antares, usato per rifornire la SSI con il veicolo Cygnus e anche gli stabilimenti del quarto stadio dei lanciatori Vega realizzati dall’italiana Avio per l’ESA. Che significa: l’Italia resta senza lanciatori e la SSI -se sopravviverà a questa furia esasperata- dovrà utilizzare i servizi di Elon Musk per i rifornimenti e il trasporto degli astronauti.
Tutti questi vantaggi che vanno agli Stati Uniti, compreso lo spostamento di forniture di gas a prezzi esorbitanti che non scenderanno mai più, sono stati previsti, voluti o studiati dal presidente Vladimir Putin?
Cassandra era veramente antipatica.