martedì, 21 Marzo
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Ucraina: i 40 moschettieri di Biden

La recente istituzione di un ‘gruppo consultivo di difesa(‘Ukraine Defense Consultative Group’) per coordinare il sostegno militare a favore dell’Ucraina è un altro segno di come l’Alleanza atlantica (e, in generale, tutto il fronte pro-Kiev) si sta adattando a un conflitto dai tempi lunghi, in cui la capacità di sostenere l’impegno sul campo con un adeguato apparato logistico, giocherà un ruolo ‘di peso’ nel determinare il risultato finale. Secondo quanto dichiarato dal Segretario alla difesa, Lloyd Austin, scopo del gruppo (che include, oltre molti Paesi europei, anche Australia, Corea del Sud, Giappone, Giordania, Israele, Kenya, Liberia, Marocco, Nuova Zelanda, Qatar eTunisia) è, infatti, quello di rendere più efficace l’assistenza data a Kiev dai Paesi partecipanti e tenere i contatti con le autorità e i vertici militari ucraini con incontri periodici in cui valutare le esigenze che emergeranno e il modo migliore di soddisfarle. Questo in un momento in cui, di fronte alla crescente pressione russa nell’est del Paese, sembra essere venuta meno la pregiudiziale alla fornitura di armamenti pesanti anche da parte della Germania.

Dall’inizio dell’invasione, il governo ucraino ha ricevuto aiuti militari per oltre cinque miliardi di dollari, quasi 3,6 dei quali dagli Stati Uniti (oltre quattro miliardi dall’insediamento dell’amministrazione Biden); ultimo, in questo campo, il pacchetto da 800 milioni di dollari annunciato il 21 aprile e comprendente oltre a equipaggiamenti e parti di ricambio obici, proietti d’artiglieria e droni. Nel complesso, si è avuto inoltre, nelle ultime settimane, un chiaro incremento qualitativodei materiali forniti, incremento che è stato confermato dalle decisioni dell’UDCG in linea con la convinzione deivertici militari statunitensi, secondo cui le prossime settimane saranno ‘critiche’ per gli esiti del conflitto e che l’obiettivo, ora, non sia più solo sostenere le forze di Kievma anche aumentarne la capacità operativa. Che, in questa fase, la dimensione logistica abbia assunto un peso crescente anche sul campo è attestato dai recenti attacchi russi alle infrastrutture di trasporto in Ucraina occidentale e dal parallelo intensificarsi degli attacchi ucraini ai depositi e alle linee di rifornimento russe sul fronte del Donbass.

Sfumata definitivamente l’ipotesi di una ‘campagna lampo’, le parti sembrano, quindi, prepararsi a una guerra d’attrito. Lo stallo delle trattative diplomatiche dopo lo scontato nulla di fatto della missione del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, spinge nella stessa direzione. È quindi prevedibile, nelle prossime settimane, un ulteriore incremento delle forniture dirette verso l’Ucraina e una parallela maggiore attenzione verso sistemi d’arma più avanzati. Il perdurare del conflitto rende, infatti, meno rilevanti le considerazioni riguardo ai tempi di addestramento e integrazione necessari per un loro utilizzo efficace e alla maggiore familiarità che le forze ucraine avrebbero con i tradizionali stock dell’ex Patto di Varsavia. Va da sé che, in un simile scenario, la parte del leone continuerà ad essere svolta dagli Stati Uniti, sia per le possibilità del loro bilancio della Difesa, sia per il peso della loro industria militare. Ciò a maggiore ragione se – come sembra plausibile – il rafforzamento del dispositivo militare ucraino sarà pensato in un’ottica che vada oltre le strette esigenze della guerra in corso.

La funzione dell’UDCG va letta anche in questa luce. Indipendentemente dal suo esito, la guerra in Ucraina è destinata a rimodellare pesantemente l’assetto di sicurezza europeo e – come sembra confermare la presenza nel ‘gruppo consultivo’ di alcuni importanti attori extra-europei – questo stato di cose potrebbe avere ricadute globali di rilievo. Su questo fondo, un riarmo dell’Ucraina secondo standard occidentali potrebbe essere prodromo a un ribilanciamento a est del dispositivo di sicurezza euro-atlantico, ribilanciamento che sarebbe rafforzato se Svezia e Finlandia dovessero entrare veramente nella NATO. Si tratta – ovviamente – di uno scenario ancora aperto, su cui influiscono diversi fattori ancora non del tutto quantificabili. Appare, tuttavia, chiaro come, in questo scenario, la centralità di Washington sembri uscire rafforzata: uno sviluppo forse inatteso per le autorità di Mosca, che scommettendo su una guerra di breve durata, puntavano anche a mettere in luce le difficoltà che l’amministrazione Biden avrebbe sperimentato nell’aggregare una credibile coalizione a sostegno delleposizioni di Kiev.

Gianluca Pastori
Gianluca Pastori
Gianluca Pastori è Professore associato nella Facoltà di Scienze Politiche e Sociali, Università Cattolica del Sacro Cuore, dove insegna Storia delle relazioni politiche fra il Nord America e l’Europa, International History e Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali. Collabora con vari enti di ricerca e formazione pubblici e privati, fra cui l’ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, dove è Associate Research Fellow per il programma Relazioni Transatlantiche. Fra i suoi ultimi saggi: The Atlantic Alliance, NATO, and the Post-Arab Springs Mediterranean. The Quest for a New Strategic Relevance (2021); Una distensione mancata? L’amministrazione Trump e il nodo dei rapporti con la Russia (2021); Il dilemma del multilateralismo. Washington e il mondo, fra impegno collettivo e “America first” (2019).
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