In fatto di guerra ucraina, dopo la prova vergognosa di ‘democrazia assertiva’ e spocchiosa data l’altra sera dal duo scatenato Lilli Gruber – ‘caschetto bianco’ (al secolo Beppe Severgnini), è difficile dire qualcosa di più. Chiunque lo abbia visto solo un momento, chiunque voglia avere un minimo di buon gusto e di senso della democrazia, quella trasmissione è una di quelle da conservare religiosamente per ricordarsi sempre con chiarezza cosa non si deve fare. Non merita parlarne di più, salvo per dire una cosa, una cosetta piccola piccola: la ‘dipendente del Ministero della Difesa russo’ autodefinita, secondo il duo, abusivamente, giornalista, sorridendo (brava, che stomaco, io me ne sarei andato sbattendo la porta) ha invitato, letteralmente, invitato ‘caschetto bianco’ ad andare nella sua trasmissione a Mosca, per ripetere in TV le stesse cose (o insulti?) da lui dette quella sera, e, con riferimento alla guerra, le medesime argomentazioni.
Di fronte a ciò, una persona seria che fa? Dice, vado a fare il biglietto, parto domattina, ci vediamo al bar della Piazza Rossa a bere un aperitivo per poi andare in trasmissione? Che credete che abbiano invece risposto ‘caschetto bianco’, il diretto interessato, e Gruber, che poteva cogliere l’occasione per ‘infilarsi’ anche lei? “no, non ci fidiamo”, “no, rischiamo di finire nelle segrete del KGB”, “no, non ho i soldi per il biglietto”, “no a Mosca c’è troppa puzza di Putin”, “con le sanzioni gli alberghi sono sporchi”? nulla di ciò, anzi nulla: non hanno risposto. Come li vogliamo definire? Fate voi, ma coraggiosi o leali forse no: sbaglio?
Come italiano, lo dico: che vergogna. Anche se poi penso a tutte le scene analoghe che si svolgono quotidianamente su tutte le reti TV, ormai libere definitivamente da quei pazzi che non sono del tutto d’accordo col ‘pensiero’ dominante. Ma tant’è.
Anche il Papa ci ha provato. Ha cercato di dare una intervista, ne è uscita una minestra poco chiara, ma ha detto cose chiare e nette, inequivocabili, una mazzata, come ho detto. E quindi sorge un problema. Infatti, associare il Papa ai filo-putiniani italiani è molto difficile. Diciamo la verità, non ci riuscirebbero nemmeno i nostri più spregiudicati politicanti, che so Giuseppe Conte, Matteo Renzi. Come si fa a dare del putiniano a uno che dice a Kiril di non fare il chierichetto di Putin? Può sembrare impossibile, e invece non è difficile. Basta applicare le tesi della propaganda statunitense (e della NATO, che però non conta nulla) e accusare il Papa di seguire la propaganda di Putin: elementare.
E infatti Paolo Flores D’Arcais ci prova con una bella frase, tutta però da dimostrare, ma di ciò non ci si cura mai. E infatti dice a proposito dell’urlo del Papa sull’‘abbaiare‘ della NATO: «Una frase -ahimè- che riprende la propaganda di Putin. Si parla come se la NATO fosse un’entità che fa fare ai vari governi quello che vuole, dimenticando che sono stati i governi di Paesi sovrani a chiedere l’ingresso nell’Alleanza dopo la fine dell’Unione Sovietica. Hanno chiesto di entrare per motivi molto fondati: avevano paura di un nuovo espansionismo russo. La tiritera sull’espansione della NATO è puro pretesto. Il Papa ha concesso una brutta frase alla propaganda della Russia, forse sperando che in questo modo Putin si decida ad accettare almeno il viaggio, non lo so».
Ci sarebbe da scrivere un romanzo su questa riposta, di un Flores D’Arcais che probabilmente era in piazza con i tanti giovani che per decenni, invecchiandoci pure, ripetevano che la NATO faceva esattamente quello. Ma poi, definire ‘tiritera’ l’espansionismo a est della NATO è un insulto non solo alla verità, figuriamoci, ma alla realtà: la NATO si è espansa. Forse Flores vuole dire che lo ha fatto a sua insaputa … della NATO o di Flores? Ma che lo abbia fatto è indubbio. E allora, il resto è chiacchiera.
L’altro argomento di attacco violento al Papa, Flores (ma tanti altri, non solo lui, che si limita ad offrire la propria fama di uomo colto e di sinistra, alla propaganda USA) lo ricava dalla condanna del Papa alla fornitura di armi agli ucraini.
E qui, mi dispiace, ma la tiritera è sempre la stessa. Dare armi agli ucraini per difendersi dall’aggressore imperialista, come suggerisce il mai aggressore non imperialista USA, serve a fermare l’aggressore, oppure (ecco il punto cruciale) serve a ricacciare la Russia indietro, a distruggerla militarmente o almeno danneggiarla quanto basta per impedirle di nuocere -non solo militarmente, come è ovvio.
E questo, credo, è il punto cruciale al quale pervengono tutti quelli che partono dal citato presupposto: la Russia è un impero -sic! la parola è usata come un bastone per fare immaginare a contenuti terribili … che non vengono indicati mai! Un impero che vuole espandersi a Occidente e prendersi anche la Polonia, e magari l’Ungheria e la Finlandia. Ma vogliamo essere un po’ seri, specialmente, vogliamo esprimere delle posizioni razionali e non dipendenti dalle valutazioni e dagli interessi di altri?
Che l’Ucraina debba potersi difendere è pacifico, ma, come direbbe Pier Luigi Bersani (che resta uno dei pochi politici seri di questo povero Paese), bisogna sapere le armi a che servono. A impedire la distruzione dell’Ucraina o a sconfiggere la Russia? Questa è la differenza di fondo. E comprendere questa differenza permette di sceverare ‘il grano dal loglio‘, come direbbe un tale di nome Gesù. Cioè a capire se, come dice il Papa, il Donbass è un problema vecchio. La questione va sciorinata, discussa e, possibilmente, risolta. E ciò si può fare solo se si discute, si negozia, si tratta e si accetta (e qui scatta la reazione violenta) che la NATO a est si è espansa.
In uno splendido articolo, Jürgen Habermas tocca il tema da par suo, anche se, a mio parere, non motiva adeguatamente il suo pensiero. Per carità, attenzione: un articolo di Jürgen Habermas, si legge in piedi, almeno tre volte e rigorosamente in tedesco. Poi ci si pensa e si cerca di capire, cosa dice e cosa implichi.
La faccio breve, perché la cosa sarebbe lunga assai. Habernas parte dalle critiche al cancelliere tedesco che resiste alla richiesta di fornire i carri armati Leopard agli ucraini. E, dice Habermas, Scholz ha ragione, perché ‘l’Occidente‘ (anche lui ci casca in questa stolida espressione, purtroppo!) ha deciso di non entrare in guerra, e lo ha deciso chiaramente e ufficialmente: si è legata le mani da sola. Pertanto, dice sempre Habermas, sarebbe incoerente che fornisse armi tali da indurre la Russia a considerarsi attaccata direttamente dall’Occidente e reagire con tutte le sue forze: l’arma atomica.
Vogliamo dire che Habermas è un pusillanime? No, perché lo dice apertamente che se la conseguenza di una contesa, in fondo marginale, dovesse portare alla fine del mondo, sarebbe stupido cadere in questa trappola della storia. E quindi le armi devono solo servire a indurre, suggerire, costringere alla pace: entrambi, non solo la Russia! Anzi, per usare le parole di Habermas, il fine da ottenere è che l’Ucraina «non perda la guerra» … non che la vinca o ci si avvicini. Incidentalmente, mi permetto di aggiungere, non è che l’Ucraina sia proprio priva di colpe e meno che mai gli USA!
Si può condividere più o meno coscientemente questo discorso, umanamente formidabile se si pensa che parte dalla constatazione del dolore sincero di chi vede accadere cose assurde e sa di non potere, pur volendolo, reagire a fondo: è ciò che dice la Ministra degli Esteri tedesca, ma che, diciamoci la verità una volta tanto (dimenticando i vari Flores D’Arcais, Severgnini, Lucio Caracciolo, Paolo Mieli, Enrico Mentana, ormai sempre più guerrafondai), una cosa che diciamo in tantissimi in Italia e nel mondo: non facciamoci macinare dalla logica infame della lotta per il controllo del mondo a nostre spese (dove ‘nostre’ include tutti gli ucraini), perché la logica violenta della guerra totale, può solo portare a danni totali, evitabili solo, come dice il Papa, parlando … con Putin e via via con gli altri.
Tempo perso, lo so: i tamburi di guerra rullano forte, al di là dell’Oceano, Luttwak incombe, e noi non riusciamo, non vogliamo, non sentirli.