Stamina: tutto da rifare. Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del Presidente di Stamina, Davide Vannoni, e ha sospeso il decreto di nomina della Commissione del Ministero della Salute che ha bocciato il metodo Stamina. Di conseguenza è sospeso il parere contrario alla sperimentazione. Secondo Vannoni, gli esperti della Commissione non erano imparziali, e alcuni di loro si erano addirittura espressi contro il metodo prima ancora di essere nominati, e, dunque, si suppone, prima di aver esaminato la documentazione.
Nell’ordinanza, il Tar del Lazio riconosce la «giusta preoccupazione del Ministero della Salute e della comunità scientifica che non siano autorizzate procedure che creino solo illusioni di guarigione o comunque, e quanto meno, di un miglioramento del tipo di vita, e che si dimostrino invece nella pratica inutili o addirittura dannose, può essere superata con un’istruttoria a tal punto approfondita in tutti i suoi aspetti da non lasciar più margini di dubbio, anche ai fautori del metodo in esame, ove il procedimento si concludesse negativamente, che il metodo stesso non è, o almeno non è per il momento, praticabile». Il Ministero ha già fatto sapere che in breve tempo procederà alla nomina di una nuova Commissione e dunque all’avvio di una nuova istruttoria.
I molti malati che in svariati modi in questi ultimi mesi si sono opposti alla decisione del Ministero di sospendere la sperimentazione tornano a sperare. Né, però, sono mancati, prima della sospensione della sperimentazione le denunce di non efficacia della cura di Vannoni, molti, infatti, i casi di pazienti che hanno denunciato la non efficacia della cura nel corso del tempo. “Nel caso Stamina mancano i requisiti minimi, non solo quelli necessari perché si possa parlare di terapia sperimentale ma anche quelli propri delle cure compassionevoli”, ci aveva spiegato in estate Amedeo Santosuosso, giudice della Corte d’appello di Milano “Stamina non ha ancora reso noto il proprio metodo che pertanto si può dire che non esista. L’Italia possiede una legislazione tra le più ampie al mondo sulle cure compassionevoli e non è vero che non si possano sperimentare per via delle lungaggini burocratiche”. Per proporre questo tipo di cure, finanziate dal servizio sanitario nazionale, è necessario che vi siano dei requisiti o delle cautele minime. Tanto più che “non stiamo parlando di una sperimentazione iniziata qualche mese fa”, aggiungeva il magistrato che faceva parte della Commissione ministeriale incaricata di valutare il caso, Commissione contestata da Vannoni; “sono anni che Stamina dichiara di possedere dei risultati”. Dove li tengono? Ancora nessuno li ha visti, spiegava il giurista.
“La vicenda somiglia molto a quella del metodo Di Bella, per la cura dei tumori, ma a mio avviso è più grave. Potrebbero esserci interessi economici dietro, non solo da parte di Stamina, ma di altre aziende internazionali”, dice Santosuosso. Proprio sugli interessi in gioco sarebbe interessante riuscire a fare chiarezza dopo che questa decisione del Tar laziale rappresenta una nuova importante vittoria per la Fondazione Stamina Onlus.
C’è un’intera varietà di interessi e di conflitti trasversalmente in gioco nella questione dei trattamenti a base di staminali mesenchiemili messi a punto dalla Fondazione guidata da Davide Vannoni, professore di psicologia presso l’Università di Udine e a capo della struttura. Tanti temi che non hanno nulla a che vedere con gli interessi particolari rappresentati dai gruppi di pressione, ma con l’esclusivo interesse al bene pubblico determinato dal sistema politico alla luce delle conoscenze tecniche disponibili. E tuttavia, dietro alla questione di Stamina sembrano essere presenti gruppi legati – in maniera peraltro legittima ma che forse è opportuno in questo contesto rendere palese – ad interessi anche economici contrapposti.
Da un lato, il settore della ricerca biomedica è impegnato a difendere con forza e con costanza i risultati raggiunti da chi studia l’impianto delle cellule staminali su pazienti umani con procedure e pratiche scientificamente certe e dotate di quell’universalismo che Robert Merton, il sociologo della scienza, indicava come uno dei caratteri principali del metodo della scienza contemporanea. In questo senso, una terapia, per essere riconosciuta come efficace, deve avere dei caratteri empirici e metodologici di riproducibilità tali da rendere praticamente universale l’applicazione con i medesimi esiti in qualunque contesto in cui si venga a trovare un analogo caso clinico. E La Fondazione Stamina ONLUS sembra aver fatto ogni possibile passo, nei periodi precedenti al parere sulla non adeguatezza scientifica rilasciato dal Comitato per la Sperimentazione nominato dal Ministro della Sanità Beatrice Lorenzin, per contraddire questo principio cardine su cui si basa la comunità scientifica, rinviando la consegna dei protocolli scientifici in un primo momento e diffondendo successivamente le dichiarazioni di Vannoni sulla «mancanza di trasparenza» e sulla «presenza di esperti nel comitato già pregiudizialmente contrari al metodo Stamina» all’interno del gruppo di scienziati chiamati a valutare le procedure. L’interesse della comunità scientifica attiva nella ricerca sulle cellule staminali è quello di vedere tutelata l’applicazione del metodo scientifico, fondato sugli strumenti universalmente noti e riconosciuti della ricerca come costruzione empirica collettiva, basata su procedure verificabili e riproducibili, con il confronto e la verifica a livello tanto nazionale quanto internazionale.
Dall’altro lato, Fondazione Stamina Onlus ha messo in piedi una strategia di comunicazione tanto verso i soggetti istituzionali quanto verso l’opinione pubblica particolarmente aspra e finalizzata ad una enfatizzazione dei temi etici connessi alla applicazione dei protocolli medici sviluppati, che induce domande e dubbi circa le finalità dell’organizzazione. Ci si chiede se e quanto abbia senso, infatti, utilizzare come strumento di pressione nei confronti delle decisioni degli organismi istituzionali, temi quali il futuro di piccoli pazienti afflitti da malattie incurabili cui verrebbe negata ogni possibilità senza l’applicazione del metodo Stamina. E ci si pone la domanda su quanto sia etico, oltre che produttivo delle conseguenze desiderate, mantenere, oltre ad un attivissimo sito web dedicato al supporto Pro Stamina, un presidio costante di disabili di fronte al Parlamento dal mese di luglio al fine di sensibilizzare i nostri rappresentanti politici circa le decisioni dell’esecutivo in materia. Si tratta di tecniche di pressione abbastanza comuni per i gruppi di interesse più nuovi e meno accreditati presso i soggetti politico-decisionali, che sfruttano l’effetto dei mass media sulla opinione pubblica, anche grazie alla capacità di coinvolgimento diretto dei pazienti e dei familiari disperati dalla mancanza di alternative.
Più che valutare criticamente il comportamento di chi non avendo scelto di ammalarsi e non nutrendo la speranza di una terapia convenzionale supporta la metodologia Stamina, sarebbe opportuno riflettere su chi e perché impiega in maniera strumentale questo tipo di comunicazione. Cui prodest? questo costante riflettore mediatico acceso su una metodica terapeutica valutata da una importantissima rivista scientifica di settore come Nature «non provata e priva di basi scientifiche».
In questo senso, gli interessi economici della Stamina Foundation ONLUS sono sicuramente in questione: trattandosi di cure estremamente costose – oltre che complesse nella fase di trapianto delle cellule – esiste sicuramente un interesse di accreditamento presso il Sistema Sanitario Nazionale, anche se solo nell’ambito delle terapie compassionevoli, al fine di ottenere i relativi rimborsi. Inoltre, il legame tra Stamina Foundation Onlus e Medestea, importante gruppo economico multinazionale presente nel settore delle biotecnologie e della biofarmaceutica, per far avanzare la ricerca scientifica con il metodo Stamina è emerso di recente, vanificando, di fatto, l’idea, originariamente diffusa ad arte dalla comunicazione di Stamina,che si trattasse di una battaglia impari tra i fautori disinteressati di un nuovo metodo terapeutico gratuito e rivoluzionario e gli interessi di Big Pharma, interessati a brevettare per profitto le medesime terapie. In questo senso, la richiesta di brevetto per lo sfruttamento delle terapie, depositata dal Professor Vannoni nel 2010 e solo in seguito ritirata, sembra indicare chiaramente l’intenzione di fornire uno sfruttamento commerciale per le terapie della Stamina Foundation. Per non parlare delle presunte donazioni a Vannoni, con cifre tra i 4.000 e i 55.000 euro, oggetto delle indagini di Raffaele Guariniello, Pubblico Ministero di Torino, attivo sul caso Stamina dal maggio 2010 con un apposito filone di indagini sui pazienti di Stamina.
Insomma, quella che all’apparenza sembra una battaglia di ordine esclusivamente scientifico da parte di un presunto piccolo e indipendente soggetto attivo nella sperimentazione delle cellule staminali, supportato da movimenti spontanei di pazienti e delle famiglie si rivela, ogni giorno di più, un soggetto imprenditoriale attivo e intenzionato a orientare le politiche pubbliche in materia di sanità e di ricerca. Indipendentemente dagli standard previsti dal sistema internazionale e nazionale della sperimentazione scientifica in ambito biomedico.