Le dure critiche che l’ex Presidente Barack Obama ha rivolto la scorsa settimana al modo in cui l’attuale amministrazione statunitense sta gestendo l’emergenza COVID-19 hanno rappresentato una rottura inattesa della prassi che vuole un ex Presidente non criticare mai (almeno apertamente) l’operato del suo immediato successore. Al di là della prevedibile risposta di Donald Trump, giunta ‘a stretto giro di posta’, la vicenda induce a qualche riflessione sullo scenario politico statunitense e sulle tensioni che sembrano attraversarlo. Ciò a maggiore ragione se si considera come Obama avesse già accennato implicitamente alla questione nelle scorse settimane, in occasione dell’endorsment dato al candidato democratico alla corsa presidenziale di novembre, l’ex Vicepresidente Joe Biden. In quell’occasione, Obama aveva sottolineato le qualità e le doti di leadership di Biden, osservando come proprio tali doti e qualità fossero quelle necessarie al Paese per affrontare la pandemia. Sebbene la Casa Bianca non fosse nominata, molti avevano voluto vedere nelle parole dell’ex Presidente una critica – nemmeno tanto velata – alle scelte dell’amministrazione e, ancora prima, allo ‘stile’ adottato da Donald Trump per affrontare la crisi che gli Stati Uniti stavano attraversando.
Che dalla fine degli anni Novanta la scena politica statunitense si sia fortemente polarizzata è un’osservazione quasi banale. Gli otto anni dell’amministrazione Obama hanno accentuato molto questo fenomeno, di cui l’elezione di Donald Trump, nel 2016, è stata, in parte, il prodotto. L’attuale Presidente, dal canto suo, ha cavalcato ampiamente l’onda, sostenuto da un’opposizione che nell’anti-trumpismo ha trovato – se non l’unico – uno dei principali elementi di aggregazione. Il disagio prodotto da COVID-19 e le tensioni politiche e sociali che lo hanno accompagnato hanno, quindi, trovato alimento in un terreno favorevole. Con un tasso di disoccupazione del 14,7% alla fine di aprile (contro il 3,5% alla fine di febbraio), un PIL in calo del 4,8% (su base annua) nei primi tre mesi del 2020 (nello stesso periodo del 2019, il valore era stato del +2,1%), oltre un milione e mezzo di contagi e oltre 93.000 decessi al 21 maggio, la pandemia ha accentuato il malcontento dell’opinione pubblica, portando, nelle scorse settimane, alle manifestazioni contro il ‘lockdown’ che hanno punteggiato il Paese. La pandemia ha inoltre accentuato i differenziali etnici, sociali ed economici già esistenti e alimentato i timori di chi ha visto ridirsi drasticamente il proprio tenore di vita.
Si tratta di un fenomeno trasversale alla società e all’elettorato statunitense, che negli ultimi tempi ha cominciato a risentire anche del fatto che il picco dei contagi sembri essere stato superato e che la tensione legata al pericolo incombente cominci a cedere il passo al dibattito sulle eventuali responsabilità. La diffusione di COVID-19 negli Stati Uniti ha colpito due tradizionali ‘punti forti’ dell’attuale Presidente: i buoni risultati sul piano economico degli ultimi quattro anni e la promessa che il ridimensionamento del profilo internazionale di Washington e l’adozione di una postura più apertamente unilateralista avrebbero accresciuto la sicurezza del Paese e il benessere dei suoi cittadini. Non stupisce, quindi, che dagli inizi di aprile il tasso di approvazione dell’azione presidenziale sia stabilmente ‘in zona rossa’ e che negli ultimi giorni abbia cominciato a circolare diffusamente l’hashtag #trumpcovidfails. Su questo sfondo, le ultime parole di Obama danno voce a una convinzione diffusa e richiamano – con il loro riferimento all’impatto della pandemia sulle comunità di colore – le critiche che l’opposizione democratica ha sempre mosso all’amministrazione Trump per quella che considera la sua insensibilità per i temi sociali e dei diritti delle minoranze.
Resta, comunque, il dubbio che la nuova presa di posizione dell’ex Presidente rifletta anche un timore presente all’interno del Partito democratico riguardo alla fragilità delle sue posizioni. Nonostante i sondaggi siano unanimi nel dare Biden largamente avanti nel testa a testa con Trump, la paura del ripetersi di uno ‘scenario 2016’ (quando il meccanismo del voto indiretto ha portato ‘The Donald’ alla Casa Bianca nonostante la vittoria di Hillary Clinton nel voto popolare) resta. In parallelo, l’enfasi sulle inefficienze dell’amministrazione uscente consente di mettere in ombra le molte divergenze che esistono in campo democratico sulle lezioni da trarre dall’attuale esperienza e le azioni da intraprendere alla fine dell’emergenza. Gli endorsement unanimi ricevuti dall’ex Vicepresidente non modificano, infatti, la realtà di un mondo democratico profondamente diviso e che – come detto – trova soprattutto nell’anti-trumpismo il suo elemento unificante. L’impegno diretto di Barack Obama (che in questo mondo rimane una figura dal forte appeal) sembra, infine, saldare tutti questi elementi con l’immagine di un cambiamento che – come nel 2008 – si lega strettamente all’idea di un rilancio degli Stati Uniti dopo una crisi dai profondi effetti politici, economici e sociali.