Il 23 dicembre 2021, è stata costituita, a Ganzhou, nella provincia di Jiangxi, nella Cina orientale, China Rare Earth Group Co. Ltd, un’impresa di proprietà statale (SOE), supervisionata direttamente dall’autorità di regolamentazione dei beni statali cinese. Si tratta di un gigante delle terre rare, che ha messo insieme i big cinesi del settore, ovvero Aluminium Corporation of China (CHALCO), China Minmetals Corporation, Ganzhou Rare Earth Group Co. Ltd, e due società di ricerca, la China Iron & Steel Research Institute Group e Grinm Group Corporation Ltd, oltre al governo di Ganzhou, centro che è importante hub di risorse di terre rare.
La fusione è avvenuta tre mesi dopo che China Minerals Rare Earth Co Ltd aveva riferito che la sua società madre, China Mineral Corp, insieme ad Aluminium Corp of China e il governo di Ganzhou, stavano pianificando di ristrutturare le risorse di terre rare.
Gli analisti del settore ritengono che il consolidamento consentirà alla Cina di aumentare la sua competitività globale nel settore delle terre rare e aumentare il suo potere di determinazione dei prezzi e l’efficienza produttiva.
In termini di produzione, la Cina guida l’industria mondiale delle terre rare dagli anni 2000. Sulla base di varie stime, la Cina è responsabile dal 55% al 70% dell’estrazione di terre rare e fino al 90% della lavorazione. I metalli delle terre rare –17 elementi chimici della tavola periodica- sono i materiali essenziali e insostituibili che alimentano la maggior parte della tecnologia moderna e, dal 1985, la Cina ha sistematicamente acquisito il controllo quasi completo sulla catena di approvvigionamento globale. La Cina è cresciuta lentamente fino a controllare l’intero settore negli ultimi 30 anni. Tuttavia, l’industria cinese delle terre rare deve affrontare alcune sfide.
Da un lato, il dominio del mercato cinese si è indebolito negli ultimi anni. La sua quota della produzione globale è scesa dall’86% nel 2014 al 58,3% nel 2020, secondo l’US Geological Survey. D’altra parte, «sebbene la Cina stia ristrutturando da anni la sua industria delle terre rare, la produzione interna è ancora fortemente fratturata, portando a una concorrenza di fascia bassa basata sui prezzi, che non solo mina il valore delle terre rare, ma provoca anche uno spreco di risorse e problemi di protezione dell’ambiente. Inoltre, la concorrenza interna omogenea incide sulla capacità della Cina di colmare il gap tecnologico con i suoi concorrenti esteri», spiegano gli analisti di Dezan Shira & Associates, società di consulenza specializzata sul business in Cina.
La Cina vuole cambiare questa situazione, aumentare le prestazioni del suo settore delle terre rare in mezzo alla crescente concorrenza globale, e salvaguardare il valore patrimoniale dei minerali delle terre rare come risorsa ‘rara’.
Il precedente consolidamento dell’industria delle terre rare del Paese in sei grandi SOE non è riuscito a raggiungere questi obiettivi. Ciò ha portato il governo a decidere di dare vita a questa mega-azienda per sviluppare vantaggi strategici, invece di concentrarsi su interessi economici a breve termine.
In tutto ciò, fondamentale è il bisogno della Cina di più terre rare per il suo potenziamento industriale e per raggiungere i suoi obiettivi di uscita dal carbonio. Un’industria delle terre rare altamente consolidata fornirà maggiori garanzie su questi fronti.
La fusione di tre entità statali per costituire la China Rare Earth Group Co. Ltd è la più grande mossa del suo genere al mondo. Sulla base dei dati del 2021, il nuovo gruppo avrà 52.719 tonnellate di quota mineraria (31% del totale nazionale cinese) e 47.129 tonnellate di quota di fusione (29% del totale nazionale). China Rare Earth Group Co. Ltd rappresenterà circa il 62% delle forniture di terre rare pesanti a livello nazionale.
«La nuova mega-azienda disporrà di un maggiore potere di determinazione dei prezzi delle principali terre rare, come il disprosio e il terbio (usati per produrre magneti permanenti), che sicuramente attiveranno cambiamenti nell’intera catena di approvvigionamento. Ad esempio, la Cina ritiene che i minerali siano stati venduti a prezzi esageratamente bassi. Con la nuova fusione, i prezzi dovrebbero essere razionalizzati», spiega Dezan Shira & Associates. Secondo i dati della dogana, il prezzo medio all’esportazione delle terre rare è cresciuto del 36% da novembre 2020 a novembre 2021. La nuova società aumenterà il controllo sui prezzi nel mercato internazionale e potrebbe portare a prezzi ancora più alti già a partire dal 2022. Così, i prezzi delle principali terre rare saranno nelle mani di un ‘supergruppo‘controllato dallo Stato, il che significa che le terre rare ancora di più potranno essere ‘arma letale’.
D’altra parte, la fusione incoraggerà anche la condivisione della tecnologia tra le aziende coinvolte, che massimizzerà le risorse e ridurrà lo spreco di materiali che non potevano essere lavorati in precedenza. Ciò aumenterà il tasso complessivo di utilizzo delle risorse delle terre rare medie e pesanti della Cina.
E in prospettiva, secondo fonti accreditate, Pechino starebbe già lavorando a una seconda mega-azienda del settore. Mentre China Rare Earth Group Co. Ltd, con sede nella Cina meridionale, è focalizzata sulle terre rare pesanti e medie, una seconda SOE è in procinto di prendere forma nel nord della Cina, e si concentrerà su terre rare leggere.
Il governo potrebbe eventualmente consolidare tutti i suoi minatori e trasformatori di terre rare in queste due mega aziende, sostiene Dezan Shira & Associates. Se ciò dovesse accadere, si prevede che il potere di determinazione dei prezzi e la produttività del settore della Cina aumenteranno ulteriormente, consentendo alla Cina di mantenere il proprio dominio mondiale nelle catene di approvvigionamento delle terre rare.
Inoltre, la Cina sta lavorando anche sul fronte normativo per promuovere lo sviluppo dell’industria delle terre rare e stabilire meccanismi di controllo chiave. «Nel gennaio 2021, il Ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’Informazione (MIIT) ha pubblicato la bozza del Regolamento sulla gestione delle terre rare. Attraverso questo imminente regolamento, la Cina intende proteggere i suoi interessi nazionali e la sicurezza industriale, nonché prevenire l’estrazione illegale, l’estrazione distruttiva, la produzione non pianificata e eccessivamente pianificata, il commercio illegale di prodotti delle terre rare e le attività che distruggono l’ambiente. Il progetto di regolamento stabilisce anche l’applicabilità della legge sul controllo delle esportazioni all’esportazione cinese di terre rare, che influenzerà le industrie dipendenti da queste esportazioni», riferisce Dezan Shira & Associates.
Considerando che non è possibile per gli Stati Uniti e altri Paesi, a partire da quelli UE,smettere di fare affidamento sulla fornitura di terre rare dalla Cina nel breve periodo, non sorprende che questo nuovo ciclo di consolidamento cinese preoccupi i decisori politici globali, soprattutto nel mezzo dell’intensificarsi delle tensioni geopolitiche.
USA e UE provano a difendersi da una dipendenza che pone loro restrizioni potenzialmente paralizzanti, insomma li sta mettendo ‘spalle al muro’.
E’ di queste ore la notizia, diffusa da ‘Reuters‘, che il 15 gennaio, al Senato americano, è stato presentato un disegno di legge bipartisan, il ‘Restoring Essential Energy and Security Holdings Onshore for Rare Earths Act’, che costringerebbe gli appaltatori della difesa a smettere di acquistare terre rare dalla Cina entro il 2026, e a utilizzare il Pentagono per creare una scorta permanente di minerali strategici.
Il disegno di legge, sponsorizzato dai senatori Tom Cotton, repubblicano dell’Arkansas, e Mark Kelly, democratico dell’Arizona, è l’ultimo di una serie di leggi statunitensi che cercano di contrastare il quasi controllo della Cina sul settore. Utilizza essenzialmente l’acquisto da parte del Pentagono di miliardi di dollari di caccia, missili e altre armi come leva per richiedere agli appaltatori di smettere di fare affidamento sulla Cina e, per estensione, sostenere il rilancio della produzione di terre rare negli Stati Uniti. Altresì, il disegno di legge codificherebbe e renderebbe permanente lo stoccaggio in corso dei materiali da parte del Pentagono. Per costruire questa riserva, tuttavia, il Pentagono acquista forniture in parte dalla Cina, un paradosso che i membri dello staff del Senato sperano diminuisca nel tempo.
Gli Stati Uniti hanno una miniera di terre rare e non hanno la capacità di elaborare minerali di terre. «Porre fine alla dipendenza americana dalla Cina per l’estrazione e la lavorazione delle terre rare è fondamentale per costruire i settori della difesa e della tecnologia degli Stati Uniti», ha detto Cotton a ‘Reuters‘. Il futuro della sicurezza degli Stati Uniti è direttamente legato alla sicurezza delle risorse delle terre rare. Non riuscire a garantire le risorse necessarie per stare al passo con l’innovazione tecnologica significa non riuscire a rimanere competitivi a livello globale.
La maggior parte dei membri del nascente settore delle terre rare degli Stati Uniti ha elogiato il disegno di legge, anche se alcuni appaltatori della difesa sono preoccupati e potrebbero continuare a chiedere esenzioni per l’acquisto di terre rare cinesi anche dopo il 2026. Si fa altresì notare chel’industria privata da sola non sarà in grado di correggere lo squilibrio. Senza un intervento governativo solido, creativo e proattivo, gli Stati Uniti rischiano di trovarsi in una situazione disperata.
Con le crescenti tensioni nel sud-est asiatico, una guerra commerciale in corso e la crescente pressione globale per combattere il cambiamento climatico con la tecnologia ‘verde‘, il potenziale per una crisi globale è in aumento. In una situazione del genere, al di là delle misure diplomatiche ed economiche, la supremazia militare e la deterrenza sono essenziali affinché gli Stati Uniti continuino a difendere i propri interessi.
«A complicare le cose, la capacità degli Stati Uniti di mantenere un qualsiasi vantaggio militarmente competitivo sulla Cina dipende in gran parte dalla stessa catena di approvvigionamento vulnerabile. Armi a guida di precisione, tecnologia stealth, droni e satelliti sono tra gli elementi chiave di difesa strategica che fanno affidamento sulle terre rare. Ogni aereo F-35, condiviso da 14 nazioni alleate e considerato strumentale per la guerra futura, contiene 920 libbre di materiale di terre rare. La Cina ha già dimostrato la capacità di influenzare direttamente questo sviluppo.
Anche l’Unione Europea è preoccupata e sempre più nervosa e prova muoversi. Durante la crisi economica innescata dalla pandemia, la carenza di alcuni metalli di terre rare ha suscitato molte preoccupazioni in tutta Europa in quanto cruciali nella produzione di automobili, aerei e altri dispositivi elettronici. «Importiamo litio per le auto elettriche, platino per produrre idrogeno pulito, silicio metallico per i pannelli solari», ha affermato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, all’evento Industry Days 2021, riferendosi alla crescente importanza degli elementi delle terre rare. «Il novantotto per cento degli elementi delle terre rare di cui abbiamo bisogno proviene da un unico fornitore: la Cina. Questo non è sostenibile. Quindi dobbiamodiversificare le nostre catene di approvvigionamento», ha avvertito.
Nella dichiarazione di Capodanno del Commissario dell’UE per il mercato interno, Thierry Breton, si segnala che Bruxelles mira a promulgare una legge per conferire poteri di emergenza per garantire i suoi rifornimenti, compresi quelli di terre rare. «Non si tratta di produrre tutto in Europa, ma di mettere in sicurezza l’intera filiera», ha scritto Breton.
La dipendenza dell’Europa dalle terre rare cinesi non può risolversi in tempi brevi, ma la futura legislazione dell’UE, prevista per la primavera del 2022, potrebbe assomigliare all’approccio centralizzato della Cina all’economia, definendolo «l’ambizioso strumento di emergenza del mercato unico» che «identificherà un insieme di misure che possono essere attivate per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento durante una crisi». Sebbene Breton non abbia identificato tali misure, gli esperti ritengono che potrebbero includere controlli sulle esportazioni e poteri per Bruxelles di richiedere informazioni alle società che operano nell’UE sui loro livelli di produzione, scorte e catene di approvvigionamento.
A differenza della Cina, l’Europa non ha riserve significative di terre rare. Ma i leader dell’UE potrebbero cercare fonti alternative di terre rareda Paesi come Australia, Brasile, Canada, Sud Africa, Tanzania, Groenlandia e Stati Uniti. Ma il problema è che la maggior parte delle miniere in questi Paesi sono state chiuse.