Domenica 25 ottobre si sono svolte le elezioni amministrative e presidenziali in Tanzania. I risultati finali sono stati comunicati ieri. John Pombe Magufuli viene eletto presidente riportando il 58,46% dei voti rispetto al 39,97% del suo rivale, Edward Lowassa. Risultati che risultano sospetti e già fatti passare come definitivi martedì e mercoledì scorso dal partito al potere da 54 anni utilizzando il suo network di militanti sparsi tra la diaspora in Europa e particolarmente attivi a diffondere bollettini di partito spacciandoli per notizie indipendenti. I risultati sono oggetto di una seria contestazione da parte della Società Civile della Tanzania riunita in un Consorzio di Osservazione Elettorale. Anche secondo l’opposizione i risultati non riflettono la volontà popolare e il candidato. «Rifiuto di accettare i dati forniti dalla Commissione Elettorale Nazionale che in realtà sono un evidente tentativo di calpestare la volontà dei elettori. Chiediamo alla Commissione Elettorale di riconoscere la vittoria di Edward Lowassa», si legge in un comunicato stampa emesso dalla opposizione.
Vi sono fondati sospetti di manipolazione dei voti nella fase di scrutinio. Il sistema elettronico di conteggio è stato manipolato, truccando i dati a favore del candidato del monolitico partito terrorizzato di perdere il potere dopo 54 anni. Questo è quanto afferma la Società Civile e l’opposizione. Affermazioni supportate da seri incidenti e contraddizioni. Nelle parlamentari, svoltesi in contemporanea il Chama Cha Mapinduzi – CCM (Il partito della rivoluzione) ha riportato una devastante sconfitta venendo punito per decenni di politiche insensate basate sulla corruzione sulla istigazione dell’odio contro le minoranze etniche non bantu e contro le popolazioni arabe dello Zanzibar. Vari deputati e nove ministri del CCM hanno perso i loro seggi e il partito in generale è stato fortemente indebolito all’interno della Assemblea Nazionale. Molti giornalisti indipendenti africani e analisti considerano irreale che i votanti puniscano il partito al parlamento per poi sostenere il suo candidato, figura politica priva di carisma. Analisti internazionali evidenziano che il così grande margine di vittoria rispetto al candidato della opposizione che ha dimostrato durante la campagna elettorale di aver un larghissimo consenso popolare, rafforzano i dubbi sulla trasparenza delle elezioni. Tutti gli indizi portano alla conclusione che il processo elettorale sia stato gravemente alterato.
La manipolazione dei voti è avvenuta durante il conteggio elettronico che è stato effettuato solo da esponenti del partito al potere impedendo agli osservatori nazionali e stranieri di partecipare allo spoglio delle urne. Anche l’opposizione si è vista impedita ad assistere allo spoglio, discreditando così la credibilità del processo elettorale. I dubbi sulla trasparenza delle elezioni sollevati dalla Società Civile tanzaniana rappresentano un serio problema per il CCM che vuole mantenere a tutti i costi la posizione di partito unico nel Paese. La credibilità della Società Civile non è certamente in discussione avendo per decenni mostrato un alto senso civico e una sobrietà di azioni che hanno contribuito a mantenere la pace e la democrazia nel paese.
L’Unione Europea ha prontamente accettato i risultati sospetti affermando che le frodi riscontrate non hanno alterato l’esito finale del voto. Un’affermazione di comodo in quanto il Parlamento Europeo e la Mogherini di certo non vogliono affrontare una seconda crisi politica nella Regione dei Grandi Laghi quando non riescono a gestire adeguatamente quella in atto nel vicino Burundi, paese alla soglia del genocidio. Di diverso parere gli Stati Uniti. Attraverso la sua Ambasciata nel paese il governo americano ha confermato i dubbi di trasparenza elettorale sollevati dalla Società Civile e dalla opposizione chiedendo invano di rivedere lo spoglio attuandolo nel rispetto delle regole elettorali garantendo la partecipazione dei rappresentanti dell’opposizione e degli osservatori nazionali e stranieri. Gli Stati Uniti da anni dimostrano la loro insofferenza verso un regime che ha provocato varie instabilità regionali e coinvolto nel sostegno di gruppi terroristici quali quello ruandese delle Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda (FDLR). Fin dalla Amministrazione Clinton, l’America considera il CCM come una preoccupante fonte di instabilità regionale. La Unione Africana e la East African Community EAC non si sono ancora pronunciate. Gli esperti regionali pensano che le due istituzioni sovranazionali si allineeranno alla posizione europea per evitare di essere costretti ad affrontare la seconda crisi politica nei Grandi Laghi.