giovedì, 23 Marzo
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Sulla testa di Europa e Ucraina una proxy war made Biden?

Concludo la serie di articoli sulla situazione ucraina (riportati qui in terza colonna a fianco), con poche considerazioni di carattere politico.
Proprio quando la Russia appariva finalmente (dal suo punto di vista, come ovvio) in grado di reagire, gli Stati Uniti e gran parte dell’Europa, hanno cominciato a parlare di ingresso dell’Ucraina nella UE e nella NATO. Dal punto di vista della Russia è ben più di un dito nell’occhio, per di più col rischio di perdere le proprie basi e il controllo strategico del Mar Nero e d’Azov, fondamentali per la Russia, che già molto soffre di dover passare dai Dardanelli con il permesso della Turchia, irta di missili puntati contro la Russia! Ciò che conta, in termini di diritto internazionale, è che il solo inizio di quelle trattative è sicuramente ben più di un atto inamichevole verso la Russia, è una vera e propria minaccia.
E la Russia ha reagito per gradi. Prima ha ottenuto la richiesta di annessione della Crimea, quindi di Sebastopoli, e ora certamente fomenta il dissenso e la guerriglia in Donbass. Atto quest’ultimo certamente illecito, ma non estraneo, direi, all’Occidente, se solo si pensi agli Stati Uniti con il Nicaragua, condannati dalla Corte Internazionale di Giustizia.
Infine, di fronte alle manovre russe ai confini con l’Ucraina ma in territorio russo, un atto formalmente legittimo, ma politicamente minaccioso, la risposta di USA e, purtroppo, di gran parte dell’Europa, è di aumentare ancora la tensione. Sia attraverso la propaganda, sia inviando soldati ai confini russi (che è l’atto speculare di quello compiuto dalla Russia: se fosse illegittimo uno, sarebbe illegittimo anche l’altro) sia, infine, con queste ultime, davvero incomprensibili decisioni alle quali purtroppo si è accodata l’Italia (sovranità limitata, ricordate?) di invitare i cittadini americani, italiani, ecc., a rientrare in patria. Cioè si è detto chiaramente che si teme un attacco di Mosca. Mentre ufficialmente le trattative proprio per evitare ciò sono in corso: un atto aggressivo e arrogante, ma specialmente controproducente. In altre parole: ‘l’Occidente’ (come amano alcuni definirsi) con quegli atti vuole mostrare di avere deciso di non continuare sulla via della pace. Ma mettetevi nei panni della Russia: c’è qualcuno disposto a credere che gli USA, la Gran Bretagna e l’Europa attraverso la NATO, vogliano scendere in guerra contro la Russia?
Certo, se gli USA lo facessero, saremmo alla guerra mondiale, ma certo non possono farlo con qualche migliaio di soldati schierati qua e là. La logica diplomatica in questo senso è ferrea: se uno minaccia e, per aumentare la sua credibilità, muove poche forze qua e là, ‘dice’ di non volere attaccare. Da questo punto di vista, insomma, le ‘urla’ statunitensi accompagnate da pochi movimenti potrebbero essere un modo per dire: non vogliamo usare la forza. Proprio quando gli USA e l’Europa parlano di azioni di deterrenza, una cosa insensata! Ma, ciò fatto, si deve passare alla trattativa vera.

Qualcuno dice che la vera trattativa si sta svolgendo di nascosto, è possibile, ma quando le situazioni raggiungono un certo limite di tensione, l’errore è in agguato. E un errore, qui, significa guerra. Ma guerra in Europa, cioè con gli USA tranquilli e protetti a casa loro.
Non voglio eccedere nelle illazioni, ma io ho nettissima la sensazione che, dal punto di vista di Joe Biden, l’Europa, anzi, i singoli Stati europei più corrivi, vengano usati per una proxy war, come una volta (e ancora oggi) venivano usati i Paesi deboli e arretrati in Africa o in Asia: per condurre la guerra tra i grandi attraverso le guerre locali, dove il problema era sempre quello di evitare anche solo per errore uno scontro diretto.
Se gli USA davvero non vogliono la guerra, non gli resta che la trattativa e, aggiungo, con la cooperazione europea, perché tutto lascia intendere che per ovvi motivi propagandistici interni, gli USA una trattativa seria non possono, nella situazione in cui si sono messi, nemmeno pensarla. Dovrebbero rinunciare ai toni da John Wayne, di fronte ad un avversario che, anche questo va detto, continua a ripetere che non intende fare nulla e che gli USA sono isterici. Certo: domani potrebbe cominciare l’attacco e allora … allora ci accorgeremmo che il prezzo alla fine lo pagheremmo noi europei.

E qui si torna all’Europa, finora silente e succube. Anche se qualcuno comincia finalmente a capire che qui si sta giocando pesante, troppo pesante. Perché, guerra a parte, la Russia è un mercato enorme da non perdere e, per di più, possiede il gas senza il quale l’Europa fallirebbe.
E infatti, finalmente l’Europa si muove, all’insaputa sembrerebbe del nostro Ministero (non dico Ministro per non farvi ridere) degli Esteri. Che, però, fa un atto insulso di obbedienza agli USA (come al solito), a meno che non abbia il Ministero, o magari la signora Elisabetta Belloni, notizie attendibili di una occupazione russa!
Emmanuel Macron prende la cosa nelle mani e va a Mosca a parlare con Putin, bisognerebbe che lo facessero anche altri, a cominciare dal nostro Mario Draghi, che già ebbe a dire sottovoce che la situazione non era così bianca o così nera come la si dipinge, ma, diciamo così, grigia. E quando le situazioni sono grigie, è il momento di agire. Scholz va in USA a (spero) tranquillizzare Biden, ma poi va anche a Mosca. L’Italia tace, si limita a mandare Giggino in tour, sperando magari che apprenda qualche nozione di geografia.
Sarebbe ora che si muovesse Mario Draghi, sulla base di pochi assunti.

Una guerra non conviene a nessuno. Non all’Ucraina, che infatti (poveracci loro) cerca di sbraitare di smetterla di fare i matti, che le cose si possono riaggiustare con una trattativa: in fondo la Russia, con riferimento all’Ucraina, silimitaa chiedere di rendere l’Ucraina uno Stato federale e così il Donbass avrebbe più autonomia. E chiede, altresì, di tenere le basi NATO più lontane dal confine russo. Se queste sono le richieste (e, a quanto pare, queste sono, nella sostanza) non sarebbe difficile trovare il modo per negoziare, certo, non mandando quel bull-dog di Boris Johnson a sollecitare l’Ucraina ad usare la forza!
L’Ucraina è poco più di una zanzara di fronte a Putin, e sembra che l’attuale Presidente ucraino lo abbia compreso. Sarebbe opportuno sostenerlo, e cercare di aiutarlo in una trattativa di estrema difficoltà. Azzardo, ma credo che la soluzione la abbia in mano l’Ucraina, se, con l’aiuto e la comprensione dell’Europa (cioè niente NATO e niente UE, invece di sbraitare sul diritto di ciascuno Stato a scegliere i propri alleati … cinicamente; quando mai è accaduto?) offre una trattativa che garantisca alla Russia quella sicurezza che richiede (anche se il costo fosse uno Stato federale ucraino non credo ce sarebbe gran danno) e permetta a Biden di salvare la faccia, dicendo che ha lasciato la cosa in mano all’Ucraina.
Ma qui, c’è un ma‘. Molto grosso. E ilma‘ -lo so che da domani direte che sono filo-russo, ma ci sono abituato, ogni tanto mi si attribuisce qualche ‘filo’ e non ci faccio più caso- è che Biden all’interno ha mille guai e, come spesso fanno i governanti in difficoltà, cerca all’estero di avere dei successi. Solo che stavolta gioca di astuzia: se scoppia una guerra in Ucraina, il prezzo (compreso l’eventuale ampliamento del conflitto) lo paghiamo noi europei, noi e noi soli.

Parlavo prima di cinismo: appunto, vogliamo svegliarci? Se, come ho detto l’altro giorno, la controversia si personalizza ancora più di quanto non lo sia stata finora, la controversia diventa la difesa della propria ‘faccia’, con le conseguenze terribili che ne possono derivare, da due personaggi certo non criticabili per la loro mancanza di cinismo.
Ripeto: vogliamo svegliarci signori ‘dirigenti’ europei? Draghi in testa.

Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino, ordinario, fuori ruolo, di diritto internazionale nell’Università degli Studi di Napoli Federico II, è autore di numerose pubblicazioni su diverse tematiche chiave del diritto internazionale contemporaneo (autodeterminazione, terrorismo, diritti umani, ecc.) indagate partendo dal presupposto che l’Ordinamento internazionale sia un sistema normativo complesso e non una mera sovrastruttura di regimi giuridici gli uni scollegati dagli altri.
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