I vari indizi di profonde divisioni all’interno del partito del dittatore Omar al-Bashir, il National Congress Party (NCP), hanno trovato conferma il 30 marzo, quando la Shura (consiglio islamico simile al nostro Parlamento) ha rinviato la conferenza generale che il NCP organizzata ogni anno in Aprile. La conferenza è stata rinviata senza fissare una nuova data, in quanto dovrà trattare la delicata scelta del candidato di partito per le Presidenziali del 2020.
«Il rinvio della data è una decisione presa dopo aver considerato le circostanze del Paese e del partito. Vi è l’obiettivo di creare le condizioni favorevoli al dialogo tra le diverse forze politiche inclusa l’opposizione», afferma Mohamed Al-Hassan Al-Amin della Shura.
Da alcune settimane girano rumors che, dinnanzi ad una rivoluzione borghese che non accenna a calmarsi, il generale Bashir avrebbe chiesto il rinvio delle elezioni, l’estensione di due anni del suo attuale mandato, nel corso del quale gestirà il Paese assieme ad un Governo di unità nazionale, opposizione inclusa.
La rivoluzione, guidata dall’Associazione degli imprenditori sudanese, la Sudan Professionist Association (SPA), non ha ancora un leader formale. Le forze islamiste sudanesi che hanno governato il Paese per 30 anni, stanno abbandonando Bashir, nel tentativo di prendere la testa della rivoluzione.
Il 29 marzo è stato siglato un accordo politico tra il leader del National Umma Party (NUP) e vari gruppi islamici sudanesi per formare un Coordinamento delle Forze per il Cambiamento che ha fatto la sua prima apparizione nelle proteste di piazza a Oundurman, venerdì scorso dopo la preghiera.
Sadiq al-Mahdi, leader del Sudan Call, la piattaforma predominante laica di opposizione, non ha escluso una collaborazione con il National Front for Change (NFC), che funge da ombrello ai vari gruppi islamici sudanesi precedentemente alleati di Bashir. Al-Mahdi avrebbe anche preso contratti con il National Coordination for Change and Construction (NCCC ), altro gruppo islamista dissidente.
Si ha l’impressione che le forze di opposizione laiche abbiano intenzione di unirsi alle forze islamiche per coordinare la rivoluzione e abbattere il regime di Omar El Bashir.
Sabato 30 marzo Omar El Degeir, altro leader del Sudan Call, ha dichiarato che il movimento popolare è passato dalla protesta alla resistenza. «La sola soluzione possibile è la caduta del regime per istaurare un’era di libertà, pace e gistuzia e ricostruire il Paese su nuove basi dove si riconoscono le diversità della realtà sudanese e si assicura progresso durevole».
Sabato 6 aprile è prevista una protesta tesa a confrontare le Forze Armate Sudandesi in tutti i 18 Stati del Paese. La marcia dovrebbe essere il punto di non ritorno per la rivoluzione e la storia del Sudan. La data non è stata scelta a caso. Il 06 aprile 1986 la popolazione si rivoltò rovesciando il regime di Nimeiri. «La gente scende nelle strade domandando il loro diritto alla libertà, alla dignità e la liberazione della loro Nazione presa in ostaggio A tutti i leader politici chiedo di unirsi in una sola voce per assolvere alle richieste della popolazione», ha affermato El Degeir.
Secondo Hamid Nur, direttore della DCSO – Darfur Civil Society Organisations Platform, le continue rivolte popolari dimostrano il fallimento del regime, che tiene solo con l’uso della forza ed è privo di supporto popolare. «In meno di 100 giorni le dimostrazione si sono svolte in tutte le città e villaggi. Non ho mai visto una rivolta di massa simile. Da parte del Governo si vedono solo soldati, poliziotti e miliziani», ha dichiarato Nur, che si sta impegnando a unire le forze dell’opposizione, invitandole a mettere da parte le differenze ideologiche per colpire uniti contro Bashir e il National Congress Party.
Alla marcia del 6 aprile sono chiamati a partecipare anche i soldati e poliziotti per cercare il loro sostegno al processo democratico in atto nel Paese.
Nel frattempo l’associazione americana per i diritti umani Human Rights Watch (HRW) ha chiesto al Governo della Tunisia di arrestare il Presidente Omar Al Bashir, che entrerebbe nel Paese per partecipare al Summit della Lega Araba che si terrà questa settimana. «La Tunisia deve dimostrare con i fatti il rispetto verso la giustizia internazionale, impedendo l’ingresso al Presidente Bahir o arrestandolo, in quanto Bashir è un fuggitivo internazionale che deve rispondere delle accuse di crimini contro l’umanità davanti al tribunale dell’Aia della CPI», ha dichiarato Elise Keppler, direttore associato del dipartimento di giustizia internazionale della sede statunitense di HRW. Se il Governo tunisino rispondesse a questa richiesta la rivoluzione probabilmente sarebbe alla svolta decisiva, sempre che questa riesca raccogliere l’invito di Hamid Nur.