Oggi, 5 agosto 2020, si svolge una importante giornata di voto in Sri Lanka. Un voto che assume una particolare rilevanza non solo a proposito delle vicende interne allo Stato asiatico, perla dell’Oceano Indiano, come solitamente viene indicato e connotato. Lo Sri Lanka, infatti, è posizionato in modo strategico sulle rotte commerciali che attraversano l’Oceano Indiano ed ha finora esercitato spesso la sua valenza di swing power tra l’asse occidentale, Stati Uniti in primis, per non parlare poi della rilevanza delle fonti di energia primaria e di altri beni e derrate dei quali oggi più che mai, in un mondo preda del Covid-19, è particolarmente affamato.
In tutto questo si inserisce anche la storia specifica del popolo cingalese e delle sue vicende politiche più recenti, caratterizzata da alcune pre-condizioni storiche del tutto specifiche, come gli avvicendamenti ai ruoli dirigenziali del Paese per linee di parentela e clan, come si riscontra in molte parti del Continente asiatico e, più nello specifico, per quel che riguarda lo Sri Lanka, si tratta anche di sottolineare la rilevanza della “metabolizzazione” della “questione” delle minoranze, specificatamente, quando si tratta dei Tamil, il cui fronte militare è stato drammaticamente sconfitto in un bagno di sangue durato svariati anni, tracce di memoria collettiva che ancor oggi simboleggiano ferite nel cuore stesso del popolo cingalese che non ha ancora del tutto superato quella tragedia nazionale che ha lasciato vasti e profondi segni di sofferenza e divisione.
E veniamo alle elezioni in quanto tali. Nella giornata di oggi sono chiamati alle urne 16 milioni di elettori con lo specifico compito di rinnovare l’intero Parlamento cingalese. Saranno assegnati 196 seggi su un totale di 225. I rimanenti saranno nominati attraverso un apposito elenco nazionale determinato in base al numero di voti ricevuti da ciascuna parte o gruppo indipendente.
Allo stato attuale, secondo i sondaggi che sono stati via via condotti fino a poco prima delle elezioni odierne, risulterebbe che i fratelli Rajapaksa, ovvero Gotabaya e Mahinda, siano dotati di un robusto sostegno elettorale. Il primo dei due eletto alla Presidenza lo scorso novembre ed il secondo attualmente posizionato nel ruolo di Primo Ministro.
Il principale rivale dei due fratelli è Sajith Premadasa, figlio dell’ex Presidente Ranasinghe Premadasa, assassinato dai ribelli separatisti Tamil nel 1993. Il voto ovviamente sarà caratterizzato dalla introduzione di tutte le misure localmente possibili per mantenere il distanziamento sociale a causa della pandemia di Covid-19 che, proprio nello Sri Lanka, ha finora fatto registrare 2.800 casi e 11 decessi.
Secondo gli esperti di cose locali, c’è molto in ballo. I Rajapaksa sono -di fatto- il clan familiare più potente e in vista, nel caso in cui riuscissero a mantenere la maggioranza assoluta, il Primo Ministro, il quale è ruolo ricoperto dal fratello minore, potrà procedere ad una revisione costituzionale e rinnovare il mandato di Presidente del fratello maggiore e questo potrebbe significare una cristallizzazione più o meno definitiva dello scenario politico e istituzionale dello Sri Lanka. Per altri, questo sarebbe -in verità- una cronicizzazione di una rilettura tipica locale del verticismo del Potere in senso familistico e clientelare, con tutto quel che comporta anche nelle relazioni di tipo internazionale, dove il criterio di maggior “peso” non è più il bene del Paese ma il tornaconto che lo specifico clan familiare al potere in quel determinato momento può ottenere mercanteggiando in proprio gli affari ed i business travestendoli come circostanze di rilevanza per la Nazione.
La minoranza Tamil nel Paese conta il 30% circa della popolazione totale mentre i cingalesi sono il 70% e questo è il timore principale per gli osservatori, il fatto che la minoranza Tamil possa tornare in una posizione pericolosamente assoggettata nei confronti della maggioranza cingalese. Questo timore, inoltre, è condiviso anche dalla platea internazionale, soprattutto da USA, India e Giappone che non hanno mai particolarmente amato dialogare o fare affari con la famiglia Rajapaksa.
Le risultanze a livello internazionale sono una parte importante delle riflessioni che oggi svolgono i conoscitori delle cose locali e gli opinion leader in materia di Geopolitica. Soprattutto se si considera il punto di vista di chi appoggia il versante politico rappresentato dalla famiglia Rajapaksa oppure no. Da una parte, ad esempio, c’è l’appoggio finora dato in modo massiccio dalla Cina che ha rifinanziato corposamente il debito interno dell’Isola-Stato e soprattutto ha sostenuto ampiamente la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali. Dalla parte opposta ci sono India, USA e Giappone. Secondo gli esperti, nel caso in cui non si conseguisse una maggioranza assoluta da parte dei fratelli Rajapaksa, si potrebbe immaginare una coalizione di governo che però, potrebbe affrontare con non poche difficoltà una revisione costituzionale o la negherebbe del tutto e si potrebbe, inoltre, aprire un nuovo panorama dove i compromessi al ribasso e le mediazioni, più o meno occulte, obbligherebbero un po’ tutti a dialogare con i propri oppositori politici.
Lo Sri Lanka è stato colpito da una guerra interna durata ben 26 anni, terminata nel 2009 con la sanguinosa sconfitta delle cosiddette Tigri Tamil da parte delle forze governative. Dopo circa una decina d’anni di pace, lo scorso anno, nella Domenica di Pasqua, lo Sri Lanka è stato duramente colpito da una serie di terrificanti attentati attribuiti a estremisti islamici locali effettuati contro tre chiese e degli alberghi. Nel corso di quegli attentati, sono morte 260 persone, tra le quali una quarantina di stranieri e circa 500 sono stati i feriti. Quegli attentati sono stati una dura ferita per lo Sri Lanka.
Con circa 22 milioni di abitanti, lo Sri Lanka è un Paese profondamente multietnico e multi confessionale, il 75% della popolazione è cingalese, per la gran parte di religione buddhista ed il 15% è di estrazione Tamil, tra i quali la prevalenza è Hindu. Musulmani e cristiani sono ancor oggi una stretta minoranza. L’economia vive soprattutto delle rimesse che giungono dall’estero, principalmente lavoratori che si sono trasferiti in altre Nazioni, oltre che punti forti come il Turismo e la esportazione di thé.