Dopo un periodo di traversie e spaccature interne, ventuno anni fa circa si scioglieva definitivamente il PSI, dando inizio alla diaspora socialista. Nel 2006 Massimo L. Salvadori scriveva che il socialismo non può morire e che: «La via comunista è andata incontro ad un fallimento; quella socialdemocratica ha ottenuto grandi risultati». In realtà, però, nessuna delle sigle nate dopo la diaspora, è riuscita a conservare in vita il partito che fu di Nenni, Pertini, De Martino.
Marco Di Lello, che è coordinatore nazionale del Partito Socialista Italiano e Presidente dei deputati socialisti, eletto nelle liste Pd, sul suo blog scrive che ancora oggi corre all’inseguimento della speranza riformista. Si potrebbe definire un inguaribile socialista, ma lui rifugge le definizioni.
Onorevole Di Lello, però il suo è un partito che non c’è. Molti vedono il Psi ridotto a cespuglio del Pd.
No, per me la prospettiva è il Pd e lavoro su questo. Prendiamo atto che nell’ultima tornata elettorale il Psi, solo in Campania e col proprio simbolo ha raggiunto il 2,2% ma è evidente che adesso davanti alla comunità socialista c’è un bivio, se consegnare il socialismo italiano a un ruolo di mera testimonianza o farlo vivere, rilanciandolo all’interno di un contenitore più grande.
Il contenitore più grande sarebbe il Pd, ma il Pd è pronto a fare sua la cultura socialista?
Nel Pd manca la cultura socialista ma questo non deve rappresentare un alibi per chi non vuole starci ma una opportunità, anche per superare una anomalia che vede il Pd principale forza del Partito Socialista Europeo ma priva al proprio interno della cultra del socialismo italiano.
Quindi ha senso un socialismo che appoggia Renzi?
Non so se gli farà piacere ciò che sto per dire, ma in lui ho ritrovato molte delle intuizioni socialiste degli anni ’80. Penso alla riforma della scuola, penso allo statuto che si fa carico dei precari, penso a responsabilità civile dei magistrati, tutti temi che rientravano nelle tesi programmatiche socialiste degli anni ’80.
Per quale motivo, allora, esiste anche un socialismo che appoggia il centrodestra di Berlusconi e Salvini?
C’è una parte dei socialisti che all’inizio degli anni ’90 si sono illusi di trovare spazio all’interno di Forza Italia e con Berlusconi. Mi pare che quella illusione volga a termine. Del resto a sinistra non c’era grande alternativa allora e tanti di noi avevano scelto la resistenza nel piccolo e glorioso Psi. Ma adesso è finita la stagione della resistenza, abbiamo anche contribuito a difendere l’onore di una cultura politica e, anziché consegnarla al museo, farla vivere nel presente.
Lei, Renzi lo definirebbe un socialista?
Un riformista, sicuramente. Ovviamente non condivido tutto di lui, ma questo lo considero naturale, avviene in tutti i grandi partiti socialisti europei, dove coesistono diverse anime all’interno, identitarie, liberal, e così via.
E Tsipras? Quanto è socialista?
Non lo è. Rappresenta la sinistra radicale, anche se poi ha dovuto fare i conti col governo dovendo rimagiarsi molti no. Mi auguro che possa arrivare alla fine di un percorso che vedo in essere sulle sponde del Partito Socialista Europeo, anche perché in Grecia sono stati commessi molti errori e Tsipras ne ha approfittato ma confido su questa esperienza di governo e questa fase che si è chiusa, che mi pare lo stia già cambiando.