Continua a scricchiolare l’alleanza della coalizione a guida americana in Siria. Nonostante le telefonate e le congratulazioni post-referendarie tra Trump e Erdogan – probabilmente per confermare l’appoggio turco alla ‘causa’ statunitense in Siria – Ankara continua a considerare Isis e le milizie curde come nemici: tutti terroristi, per Erdogan.
Gli Stati Uniti però hanno deciso di proteggere i combattenti dell’YPG (l’Unità  di Protezione Popolare) dalle ‘frizioni’ che sembrano essere sempre possibili con la Turchia. I curdi, tra i principali alleati di Washington nello scenario siriano e iracheno, sono infatti stati colpiti da una serie di attacchi aerei di Ankara lanciati il 25 Aprile. Secondo le dichiarazioni dei turchi 90 persone sono morte sotto i bombardamenti. I curdi parlano di 20 militari che avrebbero perso la vita. Il Presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha confermato che per Ankara la guerra continuerà «finchè l’ultimo terrorista sarà stato eliminato».
In ogni caso, per prevenire un’escalation di scontri, gli Stati Uniti sono immediatamente intervenuti nel confine turco-siriano orientale con un dispiegamento di truppe nell’area di Qamishli – controllata dai curdi – che presiederà  la ‘zona calda’ tra le truppe turche e quelle curde. Lo scopo della pattuglia è quello di «scoraggiare escalation e violenza tra due dei nostri più fidati partner nella lotta per la sconfitta dello Stato Islamico», hanno dichiarato dal CJTF-OIR (Combined Joint Task Force – Operation Inherent Resolve).
«L’Unità  di Protezione Popolare, e chi lo supporta, ci attacca con i mortai. Ma non ci fermeremo e faremo delle loro postazioni una tomba», ha affermato Erdogan, riferendosi anche al PKK, il partito curdo in Turchia, fuorilegge poichè considerato un’organizzazione terroristica. Jeff Davis, portavoce del Pentagono, ha affermato di volere il pieno supporto dell’YPG nella campagna per la conquista di Raqqa, la ‘capitale’ dello Stato Islamico, (battaglia in cui le forze turche non partecipano, proprio a causa della presenza dei curdi): «[L’SDF, uno schieramento a maggioranza curda] non deve essere coinvolto in conflitti altrove», ha detto Davis.
Non è certo la prima volta che gli Stati Uniti, nello scenario siriano, danno priorità  a ribelli e forze locali rispetto che all’alleato dell’Alleanza Atlantica: tempo fa, una sorta di ‘alleanza improvvisata’ con i russi, fece si che USA e il Cremlino impedissero alle truppe turche l’accesso alla città  di Manbij, nel nord della Siria, occupata dall’YPG sotto lo sguardo delle due potenze.
Stando a quanto afferma Redur Khalil, portavoce dell’YPG, la Turchia sta da parte sua rinforzando le sue basi nell’area prossima ai territori conquistati dai curdi. «Speriamo che questa mobilitazione militare non sia pensata per provocare le nostre forze né per tentare di penetrare ulteriormente nei territori siriani. Non vogliamo alcun confronto militare, la nostra priorità  è quella di combattere Daesh a Raqqa e Tabqa», ha detto Khalil.