domenica, 26 Marzo
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Settembre, un ponticello veloce verso il trimestre cruciale della politica italiana

Rientrati tutti? Vista la posta arretrata? Pagate le bollette più urgenti?
Insomma, pronti a considerare normali le notizie di un Paese che normale non è stato a lungo e che sta sperimentando una transizione i cui esiti non sono assicurati dai Lloyds?

Dopo la settimanella di scivolamento, con l’informazione che esce dalla penombra, è bene assumere il dato che il mese di settembre che abbiamo di fronte -che ci separa giusto dal turno di elezioni amministrative che regolano politicamente, da Torino a Salerno, la linea urbana nazionale che corrisponde all’alta velocità (compresa la laterale est fino a Trieste)- precede un trimestre cruciale per l’agenda italiana.
Agenda legata ai destini dell’Europa e del mondo, ma anche con la coscienza che dobbiamo avere circa la partita del tutto autonoma delle responsabilità collettive del dopo-crisi.
Con un conforto simbolico ed emblematico (un Paese a pezzi non riesce infatti ad esprimere questi risultati che hanno un carattere ‘di sistema’) che in molti suoi aspetti è venuto nel corso dell’estate dai successi sportivi italiani. Da ultimo lo straordinario esito delle Para-Olimpiadi che aggiunge al valore dei successi alle Olimpiadi e agli Europei di calcio (e oggi anche della Pallavolo femminile) anche quello della componente sociale del Paese che è in campo con la forza morale di dominare i propri handicap.

I cento giorni di fine anno potrebbero rendere più chiare alcune cose:
i contenuti della partita di progettazione verso l’Europa, in primis, facendo intendere se il passaporto a continuare la corsa ostacoli avrà permesso di superare interamente l’ostacolo preliminare, cioè quello dell’assolvimento delle tre cosiddette ‘riforme pregiudiziali’ che assicurano legittimità a quella progettazione;
la riduzione dell’evasione vaccinale a una soglia di non pericolo, per metterci in condizione di varare nel 2022, per le fasce fragili, la fase tre di consolidamento;
una delineata articolazione dei negoziati tra le forze politico-parlamentari in funzione della elezione del nuovo capo dello Stato;
lo scioglimento sostanziale delle riserve in ordine alla prospettiva delle responsabilità personali di Mario Draghi;
il chiarimento -anche attraverso la presidenza italiana del G20- di un ritrovato ruolo internazionale italiano in particolare sui nodi della relazione euro-mediterranea ed euro-mediorientale;
la profilazione di uno scenario politico tripolare (con un centro lib-dem ragionevolmente in campo) ovvero di uno schema bipolare con M5S da una parte e Lega dall’altro legittimati a mantenere un ruolo di evidente influenza sui destini dei due schieramenti.

Soltanto limitando la prima pagina dell’agenda a questi argomenti, grazie ai dati di un certo rimbalzo dell’economia che potrebbe portare a compimento alcuni percorsi normativi (in materia di lavoro, ad esempio) e a cominciare a cantierare finanziariamente la fascia di progettazione già espressa dal PNRR, si comprende bene che i nessi non sono conseguenziali (a dopo b dopo c, eccetera) ma a rete, tra tutti i temi accennati. Ognuno confina con tutti gli altri. La pienezza dell’energia tattica e strategica del governo è dunque essenziale, e in questo settembre si capirà se prevarrà l’intesa per assicurare questa leva. O se cominceranno le mani avanti (alla Bettini o alla Salvini) per un doppiogiochismo che proprio in questo fine 2021 rischia di essere letale.

Ho di recente ripreso le considerazioni che Gianfranco Pasquino svolse a valle dell’insediamento del governo Draghi in ordine al mandato -a suo dire implicito nel ragionamento reso pubblico dal Presidente della Repubblica attorno alla scelta ‘emergenziale’ di Draghi- di considerare questione di spettanza di un governo che contiene anche la più ampia possibile rappresentanza delle forze politico-parlamentari anche il presidio di aspetti irrinunciabili della riforma politica. Che ove fosse disattesa, porterebbe a rischio molti dei risultati già complessi e difficili di cui alla griglia accennata.
Inutile dire che lo scetticismo degli addetti ai lavori su questo punto è assai diffuso. Ma si fa largo nelle analisi (l’ultima è contenuta nell’editoriale di Massimo Franco sul ‘Corriere della Sera‘ di sabato 4 settembre, ‘Cambio di gioco‘) proprio il tema di come patrimonializzare i possibili buoni esiti dello schema citato mettendo la cornice democratica-costituzionale in condizione di non riportare a zero le lancette dell’orologio una volta scaduto il climaemergenziale‘. Argomento deducibile con la crescente quantità di note e commenti circa il perdurare della crisi di smarrimento, di dualismo, di contraddizione interna, di incertezza strategica e di qualità di classe dirigente del grosso del nostro sistema politico.
Con l’attenuante, tuttavia, di riconoscere in giro per l’Europa non dissimili situazioni di fragilità. Ma quel che ci aspetta, meglio capirlo, non prevede la filosofia del ‘mal comune mezzo gaudio’.

Stefano Rolando
Stefano Rolando
Stefano Rolando, 1948, laureato a Milano in Scienze Politiche, è docente, manager, comunicatore. Dopo esperienze di management in aziende (Rai e Olivetti) e istituzioni (Presidenza Consiglio dei Ministri e Consiglio Regionale della Lombardia), è stato dal 2001 al 2018 professore di ruolo (Economia e gestione delle imprese) alla facoltà di Scienze della comunicazione dell'Università IULM di Milano, dove continua gli insegnamenti in materia di comunicazione pubblica e politica e l'attività di ricerca applicata Dal 2005 al 2010 è stato segretario generale della Fondazione di ricerca dell'ateneo. È stato anche segretario generale della Conferenza dei presidenti delle assemblee regionali italiane e rappresentante italiano nel comitato scientifico Unesco-Bresce. Dal 2008 è presidente (Melfi-Roma) della Fondazione “Francesco Saverio Nitti” (www.fondazionefsnitti.it). Dal 2021 è anche presidente (Milano) della Fondazione “Paolo Grassi – La voce della cultura” (www.fondazionepaolograssimilano.org/). Attività e pubblicazioni www.stefanorolando.it
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