mercoledì, 22 Marzo
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Se questo è un bambino, se questo è un Paese

Mi chiedo perché quando ci sono di mezzo dei poveri cristi diventiamo tutti molto zelanti mentre se a essere coinvolti sono presunte divinità di angusti firmamenti virtuali, che però fanno milioni di euro reali, ci spelliamo le mani dagli applausi e arriviamo a camminare con i cingoli sopra i diritti di chi non può difenderli, perché è troppo piccolo per farlo.

In questi giorni, lo dico da padre, fatico a trattenere il disgusto generatomi dall’esibizione di un neonato da parte di due celebri genitori, che sinceramente fatico a comprendere perché sarebbero celebri, ma soprattutto fatico a trattenere lo sgomento per quella pletora di individui che sbava dietro a tanto vuoto e compra pure i prodotti che questi signori, insieme al bambino, reclamizzano.

Mi viene da pensare che gli sbavatori devono essere proprio tanti, e se è vero che sono tanti significa che la mia generazione di educatori e quelle successive sono naufragate. Non voglio trarre conseguenze indebite, ma temo che anche quanto accaduto nelle urne il 4 marzo abbia a che fare con lo stesso problema educativo.

Il mondo ridotto a una serie di prodotti o battute, più o meno felici, che vanno a scavare nelle viscere fino a incontrare le nostre fragilità, sulle quali poi banchettano, riducendo a brandelli il presente e il futuro. Così può accadere che un razzista patentato, capace però di muoversi abilmente sui social network, prenda possesso di un Paese che ancora riteniamo evoluto.

In questi giorni abbiamo visto, tutti quanti, quali possono essere le degenerazioni indotte dai social media, in grado di manipolare coscienze e spingere milioni di persone a fare scelte palesemente autolesive, se non addirittura folli, come certe mandrie che si suicidano in massa perché spinte da un misterioso richiamo.

L’esibizione di quel povero bambino, nato in una costosissima clinica americana, incrocia forse un’altra nascita, assai più memorabile per la nostra gente, quella di un Governo populista e razzista, che potrebbe lasciare una scia di disastri dietro di sé. Tutto si tiene, in questo mondo connesso, e produce mostri, che non chiamiamo con questo nome solo perché temiamo di essere etichettati come esagerati, mostri che stanno deformando il nostro rapporto con la realtà, la quale, alla fine e al pari dell’ambiente, si vendicherà, presentandoci un conto insostenibile. Intanto la facile e disumana speculazione sui migranti sta ora aprendo la strada a degli avventurieri senza arte né parte.

Mi chiedo se qualcuno si è presa la briga di chiedere il consenso a quel bambino, mi domando cosa potrà fare per difendersi quando inizierà a comprendere di essere stato usato come un qualsiasi prodotto di consumo, ma soprattutto mi chiedo come reagirà quando si renderà conto che il suo destino è stato già ipotecato, forse definitivamente. Potrei indovinare il finale, ma spero di sbagliarmi, nel frattempo credo si debba prendere atto che il tema della qualità è oramai superato dal primato del racconto, sia in politica, sia in economia, sia in pedagogia. Il disperato bisogno di lasciare un segno di noi, in qualsiasi modo e con tutti i mezzi, è responsabile dell’infelicità di intere generazione, che non risolveranno i loro problemi comprando i prodotti reclamizzati da bambini ignari e da furbi manichini sorridenti.

Nessuno alza la voce, il garante dell’infanzia non è pervenuto, i grandi quotidiani prestano volentieri i loro spazi per esibire le foto del neonato, da solo o insieme ai genitori in accappatoio, rendendosi complici di una mostruosità pedagogica che, c’è da giurarlo, è solo all’inizio. Di sicuro anche la stampa trova il suo ricco tornaconto in queste rovine, c’è sempre qualcosa da rovistare, soprattutto attraverso le edizioni on line, che vivono di clic.

Dovremo aspettarci una replica di ‘The Truman Show‘, sebbene non smettiamo di confidare che l’amore genitoriale prevalga sull’ingordigia e sull’ipertrofico narcisismo, salvando quella creatura da una esposizione che potrebbe creargli guai enormi, creandone anche a chi attraverserà la sua strada.
In questo momento penso, non saprei sospinto da quale associazione interiore, a molti genitori adottivi conosciuti negli ultimi trent’anni, spesso persone degnissime che vengono rivoltate come calzini e spossate da infiniti percorsi di valutazione, prima di concedere loro il sospirato diritto di essere padri e madri di qualcuno.

Capisco di parlare al vento, non cambierà nulla, ma è dovere di ciascuno dire da che parte stiamo, io mi dichiaro dalla parte di quel neonato, che in questo momento è indifeso come milioni di altri bambini del Pianeta, a cui manca altro.

Ogni tanto mi accade di vedere, giustamente, fermare delle forze dell’ordine giovani zingare che usano i loro neonati per impietosire passanti. Un provvedimento sacrosanto a tutela di un’infanzia. Mi chiedo perché i criteri di valutazione siano così sbilanciati a favore dei ricchi e dei famosi, quando l’unico aspetto che cambia in certe esibizioni sono solo gli introiti.
Mi permetto di citare proprio l’articolo 600 octies del codice penale, che dice parole dure sull’argomento: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici, comunque, non imputabile, ovvero permetta che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni».

Concludiamo come abbiamo iniziato. È bello essere forti coi deboli e deboli coi forti.

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