Mi permetterete di dissentire nettamente dal professor Romano Prodi, del quale ho grande stima e ammirazione, e del quale sono pronto a condividere tutto, tranne la sua dichiarazione secondo la quale «quando le linee rosse vengono superate, chi ha il compito di proteggere le democrazie ha due doveri: agire di conseguenza e chiamare le cose con il loro nome. E quello del Cremlino è, appunto, ‘un atto di guerra’».
Eh no, caro professore, proprio no. E mi permetto di replicare a quella affermazione su due piani: politico internazionale e giuridico … internazionale.
Con una piccola premessa: cosa sono le ‘linee rosse‘, chi le fissa, con quale autorità, perché? L’unica che può fissarle è la Comunità internazionale, con le sue procedure e, specialmente, con le sue garanzie, in una comunità nella quale, per definizione, tutti i soggetti sono uguali, e non solo di fronte alla legge, ma anche sostanzialmente. Se non si riconosce ciò, non c’è diritto, e meno che mai diritto internazionale. Può non piacere o piacere, ma la realtà è quella e solo quella.
Veniamo all’aspetto politico internazionale di cui sopra. Prodi è un uomo pubblico. Prodi ha ricoperto cariche importantissime in questo Paese, è un ascoltatissimo consigliere del Governo, ha svolto cariche importantissime nella Comunità internazionale e in quella europea. Il fatto che ora non ricopra più carica alcuna, non cambia la sua ‘natura’: è un uomo le cui parole pesano, e siccome è italiano, le sue parole pesano come espressione di un punto di vista italiano ufficiale, dato che non mi risulta che vi siano smentite o prese di distanza del Governo.
Che vuol dire? Nulla di tragico, ma che quella dichiarazione si definisce un ‘atto inamichevole‘ nei confronti della Russia, che ovviamente viene attribuito all’Italia in quanto tale. Per carità, nulla accade, Vladimir Putin non perderà il sonno e non dichiarerà guerra all’Italia, ma non si fa: esistono nella storia antica e recente del diritto internazionale situazioni analoghe che hanno determinato reazioni da parte dei soggetti che si siano sentiti lesi, offesi, o minacciati da frasi pronunciate da parlamenti, parlamentari, uomini di Governo o ex uomini di Governo.
Secondo e più importante punto. Come si fa a definire il riconoscimento dei due soggetti del Donbass –la Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e la Repubblica Popolare di Lugansk (LNR)– un atto di guerra? Guerra a chi? Guerra da chi?
Con tutte le cautele del caso -e rischiando come al solito di essere considerato filo-russo o chi sa che altro-, non c’è nulla di illecito (l’ho già spiegato) nel riconoscere una entità che afferma di essere un soggetto di diritto internazionale e in particolare uno Stato.
Si parla, in letteratura, di riconoscimento prematuro, quando uno Stato ‘riconosce’ un ente, non ancora adeguatamente capace di agire nella Comunità internazionale. Ma si tratta, al massimo, di una constatazione a posteriori, che non determina nessun atto illecito da parte di chi abbia riconosciuto.
Che poi, in termini politici, il riconoscimento serva a dichiarare la propria ‘vicinanza‘ all’ente riconosciuto, o magari la propria volontà di considerarlo un soggetto, e quindi di regolarsi di conseguenza, è solo ovvio. Ma riconoscere non è certamente una aggressione, meno che mai un atto di guerra.
Posto pure che il riconoscimento sia prematuro, il fatto che si sia riconosciuto lo Stato in questione permette quello che si chiama intervento a richiesta: per cui uno Stato porta le sue truppe in quello appena riconosciuto, a richiesta di quest’ultimo.
Accade spesso nel diritto internazionale e nessuno se ne sorprende … anche noi, Italia, abbiamo riconosciuto la Libia, anzi, solo quella parte della Libia dove si trova il Governo di Tripoli, affermando al tempo stesso che quello è il Governo legittimo dell’intera Libia anche se non la controlla, e poi abbiamo mandato nostri militari, e non militari in Libia ad esempio ad aprire ospedali e difenderli. Non solo, abbiamo fornito armi alla Libia, a quella Libia che ci piaceva, e quindi siamo passibili di attacchi militari legittimi dalla parte che non ci piace!
Poi, si può ben dire che la Russia, cerca di ‘piegare‘ le cose in maniera da poter dire che sta rispettando il diritto internazionale. Può darsi che sia vero. Ma se ciò accade è abilità russa o deficienza altrui se nulla accade per impedirlo o dimostrarne l’illegittimità.
Ribadisco, quindi, che dire che Putin -ma sarebbe meglio dire con maggior rispetto la Russia- sta facendo una guerra, è a dir poco esagerato e lontanissimo dalla possibilità di ‘mediare’ con la Russia -infatti, si minaccia, si sanziona, ma non si media.
Conclude Prodi: «agire di conseguenza, il che significa usare fino in fondo il proprio potere di deterrenza, miscelando con intelligenza il rispetto del diritto internazionale con la tutela della propria economia». In sostanza, dice Prodi, agire usando la forza militare e quella economica, sia pure con intelligenza. Quindi, dal punto di vista tecnico, se dalla Russia ci cadesse in testa una bomba, non potremmo lamentarcene. Chiaro?
Al di là del fatto in sé, ciò che colpisce è l’assenza di mezze misure, il ritorno agli anni peggiori della Guerra Fredda, il ritorno ai non pochi tentativi di distruggere la Russia sia prima che dopo, specialmente dopo, la rivoluzione di Ottobre. Anzi, curiosamente, la violenza verbale, e non solo, anti-Russia è particolarmente visibile proprio oggi che la Russia non è più ‘comunista’. E questo darebbe da pensare, ma non entro in questo tipo di ragionamenti.
Torniamo alla situazione di fatto. Nel suo discorso (invito a leggerlo), Putin ricostruisce la storia dell’Ucraina e della Russia, o meglio i collegamenti tra le due ‘Nazioni’ … -uso le virgolette perché il termine è tutto da verificare, così come tutto da verificare è quanto sia vero che l’Ucraina è una formazione voluta dalla Russia e quindi essenziale ad essa.
Quando dico verificare, intendo appunto valutare, dal punto di vista del diritto internazionale, non solo quale sia la situazione di fatto, ma anche come si possa porre rimedio alle rivendicazioni russe.
E Putin va oltre la ricostruzione storica. La Russia accusa ‘l’Occidente‘ di aggressione, altro che. È falso? Forse. E allora se ne discuta: questo è il diritto internazionale, non altro. Mi spiego meglio.
Putin afferma, tra l’altro, due cose molto importanti: che l’Ucraina dispone già -ripeto, dispone già- di armi nucleari in grado di colpire la Russia, e che la NATO intende fare entrare anche l’Ucraina, o, se preferite che l’Ucraina vuole entrare nella NATO. Dire, come pare abbia detto il ‘nostro Ministro degli Esteri‘, che finché la Russia non esce dal Donbass non si discute, vuole dire: non discutiamo e siamo pronti alla guerra. Ne è cosciente la Farnesina? E non è corretta la ironia di Putin su questa stupida affermazione? I giornali dicono che le dichiarazioni sono state ‘concordate‘ con Mario Draghi: se è così, cadono le braccia!
Orbene: l’intero mondo occidentale diretto dagli USA (molto malamente … sembra di essere guidati da Edward Luttwak), sta conducendo una battaglia annosa contro l’Iran, per impedirle di disporre di armi nucleari, e i reattori iraniani vengono spesso bombardati da Israele (il ‘gendarme’ USA in quella zona), affermando che consentire la tecnologia nucleare a Paesi non sufficientemente … non saprei bene cosa: ‘maturi’?, filo-occidentali?: ripeto, non saprei. Ma sta in fatto che il conflitto è durissimo. Domando, e domanda Putin, perché ciò non vale per l’Ucraina? È solo una domanda, alla quale non si risponde bombardando, ma negoziando alla luce del diritto internazionale.
L’altro punto, l’ingresso nella NATO (che poi è quello assolutamente reale, lo sappiamo tutti, altro che!) è una realtà, che, ove avvenisse porrebbe missili a testata nucleare diretti contro la Russia, in quanto nemico del ‘mondo occidentale‘. E chi lo ha detto? Chi l’ha detto, intendo, che sia nemico? visto che è diventata un Paese capitalista.
Ma molti dicono che la dichiarazione di Putin è un bluff. Bene. Basta che Joe Biden o anche Jens Stoltenberg dicano: garantiamo che l’Ucraina non entrerà nella NATO nei prossimi, che so, venti anni, e, come si dice al poker, il bluff sarebbe ‘visto‘. E allora, si aprirebbe necessariamente e subito un negoziato serio, e il bluff scomparirebbe e si parlerebbe delle cose vere, senza troppe preoccupazioni per le elezioni statunitensi che Biden teme di perdere.
Forse è solo una voce, non so, ma mi pare di capire che la diplomazia italiana sta continuamente cercando di fare riconoscere alla NATO che in ogni caso l’Ucraina non potrebbe entrare nella NATO sulla base dell’art. 10 del trattato. Una volta tanto intelligenza politica italiana … ma poi oggi! Bene, quindi si potrebbe!
Me la sono presa con Prodi, che è una delle persone che stimo di più nella politica italiana, ma Prodi conclude, sconsolato, rilevando che non vi sono più al mondo, a quanto pare, persone o enti in grado di mediare, di trattare, come sarebbe logico e come sarebbe compito delle Nazioni Unite, se le si lasciasse lavorare.
Appunto, Prodi ha ragione. Ci si sta immettendo in una escalation verbale e militare inestricabile, dove nessuno può fare un passo indietro senza perdere la faccia. Ma le Nazioni Unite no, le Nazioni Unite potrebbero, possono. O se si preferisce un altro ‘mediatore’ bene, lo si trovi. O se si preferisce una corte arbitrale, bene, la si crei.
Il conflitto è tutto sulla lama di un rasoio: ogni argomento è qua e forse là, ogni tesi è là e forse qua. Le bombe, invece, non parlano.