«È la carta speculare all’ammassamento di truppe lungo i bordi occidentali ordinato da Mosca diverse settimane fa». E’ la frase chiave che leggo in un bell’articolo di Emanuele Rossi, su ‘formiche.net’ a proposito della situazione di tensione crescente tra USA e Russia a proposito dell’Ucraina.
Con tutto il rispetto, non è così.
È invece, uno degli atti che fanno parte di quella che, nel gergo dei rapporti internazionali, si suole chiamare, con una parola inglese (e quando mai no?), ‘escalation’. Ed è un errore, un errore molto grave. Che poi questo errore, sia causato dalla situazione di estrema difficoltà in cui si trova il Presidente Joe Biden, in crollo verticale nei sondaggi, ma specialmente in grande difficoltà politica all’interno, anche a causa dell’epidemia, che poi, dicevo questo errore sia ‘giustificato’ da ciò è un errore ancora più grosso, perché, letteralmente, ‘obbliga’ ad una reazione russa.
In un bellissimo libro di molti anni fa, 1971, due studiosi di diritto internazionale molto noti, Thomas Franck e Edward Weisband, entrambi statunitensi, scrissero un libretto rimasto famoso (‘Verbal strategy among the superpowers‘) nel quale analizzavano i rapporti tra USA e URSS sulla base delle dichiarazioni dei rispettivi capi politici, mostrando come, sistematicamente, l’uno, per così dire, ‘dava sulla voce’ all’altro, rendendo sempre più aggressive le rispettive dichiarazioni. Il libro serviva, appunto, a fare vedere come il rischio dell’escalation sia, nei rapporti internazionali, sempre dietro l’angolo, ma anche come, spesso, se si mette fine alla guerra delle parole, molte tensioni si stemperano. Potrei ricordare come proprio nel momento di apparente massima tensione, fu un incontro ‘chiaro’ tra Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov a ridurre le tensioni, al punto che l’abbattimento del muro di Berlino, diventò possibile.
Escalation verbale, che non è meno pericolosa di quella delle azioni concrete, anzi, forse di più, perché talvolta induce a sostenere la violenza delle proprie espressioni con atti concreti.
Era scritto, quel libro, all’epoca dello scontro frontale tra le due potenze, che avrebbe portato più volte a sfiorare un conflitto nucleare. Fu, in quell’epoca, l’intelligente, benché cinica al massimo, politica di Henry Kissinger a portare alla fine, almeno in quell’occasione, della rincorsa non tanto a ‘chi la spara più grossa‘ (come nel libro) quanto a ‘chi la fa più grossa‘, inducendo Richard Nixon a cercare un accordo di pace in Vietnam, dopo avere infierito sul Vietnam del Nord con mesi di bombardamenti a tappeto.
L’accordo di pace, come certamente ricordate, portò -letteralmente- alla fuga degli statunitensi dal Vietnam -che del resto erano lì in aperta violazione delle norme del diritto internazionale. Per aprire una fase di relativa distensione, di nuovo messa in pericolo dalla corsa agli armamenti, che fu la ‘strategia vincente‘ degli USA verso la URSS perché l’Unione Sovietica non fu in grado di correre altrettanto e cercò una soluzione di compromesso, che poi portò alla scomparsa del regime sovietico.
Ma non della Russia, che è rimasto il ‘nemico‘ di sempre degli USA. Il nemico che viene ‘risuscitato‘ ogni volta che la politica interna statunitense è in difficoltà.
L’isolazionismo di Donald Trump, rispetto alla tradizionale politica statunitense, non è bastato a ridurre il sostegno cieco alle pretese di Israele alle quali gli USA, nel silenzio del resto del mondo, hanno e stanno continuando a dare la possibilità di violare sistematicamente le norme internazionali, con riferimento ai palestinesi, ridotti in una sorta di vera e propria schiavitù, e alla Siria, il cui territorio delle alture del Golan, in spregio alle norme internazionali che ne fanno espresso divieto, Israele non solo annette, ma dove trasferisce parte della propria popolazione creandovi una situazione di irreversibilità non diversa da quella creata con gli insediamenti illeciti in territorio palestinese. Sorvolo, ma non dovrei, sull’affidamento ad Israele (che certo non si fa pregare) di una sorta di funzione di gendarme locale, con i bombardamenti in Iran e, di recente, in Siria a Latakia.
Però, finora, fatta eccezione per il diritto internazionale e i diritti dell’uomo, le cose sono andate relativamente bene agli USA, che -e non è cosa da poco- hanno dovuto sostanzialmente fuggire dall’Afghanistan dopo una occupazione ventennale che non ha condotto alla instaurazione di un ‘regime democratico’ in quella regione, non diversamente da quanto sta accadendo in Iraq, dove la situazione per ora è relativamente tranquilla, ma dove, non diversamente dall’Afghanistan, si stanno lentamente creando le condizioni per un altro disastro: o almeno una ipotesi del genere è tutt’altro che peregrina.
Ma, come dico, l’escalation è non solo un rischio, talvolta è una sorta di necessità. Oggi, nei rapporti con la Russia con riferimento all’Ucraina, non solo una necessità di politica interna statunitense, anche una necessità sempre più impellente di non ‘perdere la faccia‘: la situazione peggiore!
La situazione dell’Ucraina, è bene ricordarlo, non avrebbe creato problema alcuno se l’Europa (su spinta assurda della signora Angela Merkel) e gli USA, inizialmente ‘al seguito’ dell’Europa, non avessero tentato una operazione tanto inutile quanto controproducente: fare entrare l’Ucraina nella NATO e addirittura nella UE.
Pensateci un istante. L’Ucraina è la ‘patria‘ della Russia, come dire la culla della Russia, è il luogo, per di più, in cui c’è la base navale della flotta russa del Mar Nero, cioè del Mediterraneo, eccetera. E uno va a dire alla Russia che ora gli si mette una bella batteria di missili al confine ucraino … come dire, a cento metri da Mosca.
Quando, a suo tempo, la Russia di Nikita Kruscev cercò di installare missili a Cuba, gli USA (gli USA di Kennedy, quello delle Baia dei Porci, quello della guerra al Vietnam!) fecero il diavolo a quattro. E ora ci si stupisce che lo faccia la Russia. Che, certo, subito si è ripresa la Crimea (dove c’è ancora la flotta che era stata ‘donata’ proprio da Kruscev all’Ucraina in cambio dell”amicizia’ della Ucraina verso la Russia.
Sentire poi Antony Blinken dire sprezzante che quando la Russia va in un posto è poi difficile farla uscire da lì, dimenticando di avere appena finito di uscire dall’Afghanistan dopo vent’anni di occupazione, fa un parecchio ridere.
Badate bene, non sto minimamente dicendo che Vladimir Putin abbia ragione e Biden torto. Sto solo dicendo che quando si entra in una ‘escalation‘ si sa come si comincia, ma non si sa affatto come e quando si finisce … e anche se si finisce!
La politica internazionale, è frutto di negoziati e rispetto del diritto internazionale. Ma anche della logica.
Quando il Segretario della NATO dice che la Russia non può impedire all’Ucraina di entrare nella NATO, perché ogni Stato è libero di fare parte delle organizzazioni che crede, dice una cosa giusta … in teoria. Ma, intanto, se ciò vale per l’Ucraina, vale anche per gli altri. Pensate: se l’Italia dicesse ‘ne ho abbastanza della NATO’, immaginate che succederebbe?
Le ‘zone di influenza‘ esistono da sempre, non sono state inventate a Yalta e non sono finite a Berlino con l’abbattimento del muro da parte dell’URSS di Gorbaciov, e l’unico modo per risolvere i problemi internazionali, è la trattativa e il rispetto del diritto internazionale. Se ci si mette -entrambi- sul piano della rincorsa reciproca, e dell’escalation, non ci sono vie di uscita che non siano dolorose.
E qui di nuovo, fatemelo ricordare, l’Italia, se scegliesse finalmente di ‘diventare’ adulta, avrebbe un ruolo importante proprio attraverso un uomo che di tutto può essere accusato, salvo di essere comunista e filo-sovietico e nemmeno filo-russo, un uomo che ha detto esplicitamente che la NATO ha fatto il suo tempo e che è ormai solo una organizzazione bellica per fare la guerra fuori dell’Europa, e che, con riferimento all’Ucraina, se è vero che la Russia ha violato gli accordi di Minsk, non da meno sono gli ucraini. E sorvolo sui molti altri temi di politica internazionale su cui un’Italia (e quindi un’Europa) ‘libera’ dalla NATO, ma parte di un alleanza europea, potrebbe svolgere un ruolo importante, a cominciare dalla situazione ‘quietamente esplosiva’ del Medio Oriente.
Ma, temo, le ‘parole d’ordine’, come spesso accade, tendono a mettere a tacere le parole di libertà.