lunedì, 20 Marzo
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Quirinale: parola d’ordine, silurare Draghi

Se non capisco male, ma davvero male, le cose si stanno complicando per il Quirinale. La netta sensazione è che i vari ‘strateghi’ e sedicenti tali, abbiano fatto troppe strategie sottili, e da queste sottigliezze rischino di restare soffocati.

Si percepisce all’evidenza, ‘a pelle’ come si dice, che ogni ‘calcolo’ rischia di fallire di fronte al fatto che i parlamentari, tutti ma specialmente -duole dirlo- quelli ‘non di destra’, siano infidi come non mai. Ed è evidente al limite del comico che l’inesistente Giuseppe Conte cerca di esistere trattando sottobanco con Matteo Salvini, una volta tanto, credo, d’accordo con Luigi Di Maio, che però si sbraccia a negare. Chi sa se mai Letta, il nipote intendo, imparerà: forse questa sarà la volta buona. Perché ha ragione Matteo Renzi (e chi mi legge anche solo di sfuggita, sa che per me Renzi è poco meno del diavolo … solo perché in un Paese in cui allignano Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, il diavolo sono loro senza dubbio): l’unica via è trovare un nome abbastanza destrorso da non scontentare la destra, ma accettabile a sinistra, il che potrebbe non escludere Mario Draghi.
Parrebbe che la destra stia facendo di tutto per fare passare, quasi di nascosto, la signora Maria Elisabetta Alberti Casellati come candidata, alla quale la sinistra si oppone. Non saprei che dire di lei, salvo che ‘a pelle’ non mi piace, è troppo piena di sé, e questo per me è un difetto enorme. Poi pare che abbia sostenuto a piena voce che Ruby Rubacuori era nipote di Mubarak, ma su questo potrei sorvolare: lo hanno detto in tanti!

 

Sotto sotto, si agita la candidatura di Pierferdinando Casini. Che, personalmente, mi sembra alla fine quello più probabile, solo perché è l’anguilla piùanguillosadell’intero Parlamento: ha girato tutti i partiti, idee non ne ha o almeno mai ne ha mostrate, ha ‘esperienza’ che non so cosa significhi ma molti dicono che occorre averne di esperienza (ma politica, la chiamano, mentre nel suo caso è ‘politicante’, non altro) per fare il Presidente della Repubblica. Mah, sarà.
Ormai, a dire il vero, il disgusto per questa volgare pantomima mi domina largamente e non aspetto altro che ci mettano fine: eleggano chi vogliono, tanto peggio di così … Perché, nella realtà, tutti abbiamo capito, anche se pochissimi hanno il coraggio di dirlo, che questa elezione non è peril Capo dello Stato, macontroDraghi, che, temo, comunque vada ne uscirà perdente perché molto ammaccato.
È l’unica cosa chiara fino all’evidenza. Draghi ha rappresentato e rappresenta l’opposto dei nostri politicanti, dei nostri partiti. Ma specialmente viene da fuori, dall’esterno rispetto al mondo politico, è un marziano in Parlamento. E si comporta, e questa è stata una sua colpa grave, come un marziano, che per di più umilia continuamente i politici‘, ignorandoli, costringendoli ad accettare le sue decisioni, mostrandone le evidenti incapacità.
Che ciò derivi dal fatto ovvio che il ceto dei nostri politicanti è quello che è e che vediamo -specie da quando quella massa di senza patria e senza testa dei grillini hanno invaso il Parlamento facendo solo confusione e confondendo le carte- derivi dal fatto che il nostro ceto politico è pessimo lo sappiamo benissimo, e lo sa anche il ceto politico. Ma c’è una regola fondamentale nella vita, che a quanto pare Draghi ha dimenticato o ignorato deliberatamente, a mettersi contro gli stupidi, prima o poi vincono gli stupidi.
Ma Draghi, nonostante il suo comportamento sprezzante, è ancora largamente condiviso dagli italiani, e questo potrebbe alla fine essere il suo asso nella manica, ma non se si cercasse di lasciarlo a Palazzo Chigi, in quel caso durerebbe dieci minuti. Sbaglierò, sbaglierò di grosso, ma a me pare che ora il Parlamento si sia messo in un cul de sac: o si elegge Draghi (ammaccato, ma eletto) o salta tutto. E se salta tutto la cosa conviene solo a Giorgia Meloni, o almeno lei così pensa. Però, va anche detto, Ignazio La Russa è stato chiaro e leale, quando ha detto che se la questione è Draghi, loro non c’entrano perché erano e sono contro.

 

Draghi, non va dimenticato, nasce da un progetto politico ben preciso, pensato, o almeno voluto, più che da Draghi, da Sergio Mattarella. Non gliene faccio una colpa. A Mattarella si può dire di tutto, ma non che non abbia mostrato in sette anni una pazienza da santo. Ha sopportato con un dolce sorriso perfino la minaccia di ‘impeachment’ del giovane pomiglianese attualmente allocato al Ministero degli Esteri (ogni volta che ci penso mi vengono i brividi); non ha fatto una piega quando uno sconosciuto tirapiedi del professor Guido Alpa (non esattamente uno sconosciuto al potere vero, quello che conta, intendo) ha preteso di dirigere un governo accompagnato dalle grida ‘o-ne-stà-o-ne-stà-o-ne-stà’, quando non ‘Ro-do-tà-ro-do-tà’, con la destra di Berlusconi e con la destra-destra di Salvini, e poi di nuovo ha fatto buon viso a cattivo gioco quando lo stesso personaggio, con una faccia di bronzo degna dei bronzi di Riace, ha fatto un Governo speculare al precedente con la ‘sinistra’ del PD e anche oltre il PD; non ha detto una parola quando nel ‘suo’ partito (si fa per dire, visto che Mattarella democristiano era e democristiano è rimasto) un democristiano come lui lo ha spaccato andandosene con una quarantina di parlamentari, ma lasciandone un’altra quarantina a fare la quinta colonna dentro il PD; ha accettato la follia demenziale di tagliare il numero di parlamentari così, senza un disegno, un costrutto, una riflessione sul come e sul quando; ha fatto finta di nulla quando si vedeva l’Italia sbeffeggiata in tutta Europa e minacciata di sfracelli per il suo immane debito pubblico e per l’evidente incapacità di frenarlo. Ha cominciato ad irritarsi, quando si è visto platealmente che il Governo di Conte doveva affrontare la più grande epidemia della storia con una coscienza del problema e una linearità di comportamenti da montagne russe, e ha cominciato a preparare una successione a Conte (a mio parere già prima, ma non ho prove … Ma secondo me la cosa gira nella mente di Mattarella dai tempi di Cottarelli), nella speranza che qualcuno riuscisse a riprendere in mano il Paese e cercasse di ottenere ed utilizzare al meglio le risorse che, grazie alla pandemia e solo grazie ad essa, si sono riversate sull’Italia, ma anche grazie, ad onore del vero, alla silenziosa azione di Draghi, all’epoca ancora ‘privato cittadino’. Alla fine, credo fedele alla sua vecchia idea favorevole al presidenzialismo, ha saltato il fosso e incaricato Draghi di trarci fuori dai guai: dell’epidemia certo, ma specialmente economici, con l’idea di farne il primo Presidente presidenzialista.
Finiamola, però, di prenderci in giro e di prendere in giro gli italiani -in stile no-vax e Marco Travaglio- dicendo che Draghi ha fatto male contro l’epidemia. È sotto gli occhi di tutti che ha fatto faville, pur con i continui bastoni fra le ruote di Salvini, dei no-vax (Salvini e Meloni inclusi, lo ricordate?) e dei ‘Governatori’: ma certo Draghi non è il padreterno e il virus non può mica ammazzarlo lui personalmente. E quindi, virus a parte, negare che Draghi abbia fatto faville con il piano di rinascita e con l’economia del nostro Paese, anche e specialmente spendendo (a nostro beneficio) la sua credibilità, non sarebbe solo ingeneroso (e perché aspettarsi generosità) ma idiota.
Idiota, immagino, si sente oggi Mario Draghi, che secondo me si sta domandando se ne è valsa la pena di spendere tutta la propria credibilità per poi trovarsi in questa situazione. Quale situazione? Di essere il bersaglio principale, se non unico, di una serie di nani politici che cercando di riprendere in mano tutto il potere, sperando (ma forse nemmeno: che gliene importa?) di potere sull’abbrivio di Draghi fare qualche figura barbina in meno nell’uso del denaro del piano di rinascita.

 

Tutte le altre discussioni sono lana caprina allo stato puro. È lana caprina discettare sul modo in cui eventualmente il Presidente del Consiglio divenuto Presidente della Repubblica possa nominare il nuovo Governo. Altrettanto caprina è la lana dei discorsi sulla necessità che Draghi debba poter contare su una maggioranza stabile per potere, eventualmente, continuare a gestire dal Quirinale la politica italiana. Sono balle: basterebbe che si ‘spostasse’ Forza Italia, per assicurare la maggioranza al Governo.
Sono chiacchiere, perché il tema vero in discussione (pardon: in azione) in Parlamento è silurare Draghi sia nell’una che nell’altra funzione e riprendersi tutto il potere. È una battaglia sindacale: Draghi non è un politicante e quindi va silurato. E ci stanno pienamente riuscendo.
Draghi, temo, non lo ha capito per tempo, e forse ci crede ancora. Non so. La mia netta impressione (spero proprio di sbagliare) non è tanto che ormai Draghi sia stato fatto fuori dal Quirinale, ma che entro sei mesi chiunque operi da Palazzo Chigi soccomberà e si andrà, più o meno faticosamente, alle elezioni, di nuovo col cappello in mano rispetto all’Europa e al mondo.
Ma certo, come ho scritto più volte, Mattarella non è estraneo al gioco in corso, e, in questo senso l’ipotesi di Sabino Cassese, di tutto rispetto, potrebbe essere la soluzione ideale, che dovrebbe poter garantire a Draghi una navigazione accettabilmente tranquilla almeno fino al 2023. E, alla fine permettergli, o meglio indurlo, a rivolgere la sua attenzione al vero obiettivo se non voluto necessario di Draghi: l’Europa.
Diversamente, alla fine, l’unica cosa che resterà di questa grottesca vicenda di schede bianche e cavolate simili, sarà la certezza di poter fare passare nella testa dal popolo italiano l’idea che l’elezione diretta del Presidente della Repubblica è meglio se fatta ‘dal popolo’, cioè fare passare il progetto di governo autoritario, che piace a molti. Non è una caso che la sera del 25 Gennaio, con una faccia di bronzo incredibile, il sereno Renzi abbia posto esplicitamente questo tema, anzi, proposto questo progetto, finora, a quanto pare, non contrastato da nessuno.

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Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino, ordinario, fuori ruolo, di diritto internazionale nell’Università degli Studi di Napoli Federico II, è autore di numerose pubblicazioni su diverse tematiche chiave del diritto internazionale contemporaneo (autodeterminazione, terrorismo, diritti umani, ecc.) indagate partendo dal presupposto che l’Ordinamento internazionale sia un sistema normativo complesso e non una mera sovrastruttura di regimi giuridici gli uni scollegati dagli altri.
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