Un livello che più basso non si può quello che si è visto in questa corsa al Quirinale edizione 2022.
La disperazione nel vedere il Paese di Leonardo, di Dante, di Brunelleschi ridotto a frasi «Elisabetta è mia sorella, alla Farnesina abbiamo lavorato benissimo».. -apprezzate lo stile, le implicazioni culturali!- poi ancora peggiorata dall’invito a non bruciare persone di valore, gelano la mente e lo stomaco. Tanto più se, come spero, l’invito a questo intervento sia partito proprio dall’interessata, messa su una graticola pazzesca senza sua colpa.
Sorvolo, ma solo perché il disgusto mi invade, sulle frasi reboanti tipo «vi daremo una donna» al Quirinale di due guitti, non per nulla applauditi da un comico di professione. Ma anche sulla botta finale di una politicante femmina, ma non per questo migliore, che sbeffeggia anche il Capo dello Stato, ponendolo al proprio livello.
Colgo infine, non so quanto vera, ma molto verosimile, lo sprezzo con cui Sergio Mattarella dice, sia pure a modo suo, ai ‘leader’ di non andare a chiedergli di restare al Quirinale, che naturalmente è ‘giustificata’ con ragioni formali, puah! Spero, però, che Mattarella abbia apprezzato nel modo giusto il fatto che ciò deriva dal fatto che ‘la base’ parlamentare (i famosi peones) impone questa situazione, sconfessando così d’un colpo il ‘ceto dirigente’.
Mi aspetto, ma non mi illudo, che tutti, dico tutti ma proprio tutti, i ‘dirigenti‘ di tutti proprio tutti i sedicenti partiti, eletto Mattarella, si dimettano immediatamente, se possibile ritirandosi in campagna a zappare. Che sappia, questo ceto di incapaci e infidi, che un risultato certo lo hanno raggiunto: hanno indebolito immensamente Mario Draghi e il suo Governo, cioè l’Italia. E dallo stesso Draghi quel ceto viene umiliato quando è stato costretto lui stesso a dover risolvere il grande pasticcio fatto dai ridicoli ‘leader’ concordando, lui, con Mattarella di restare ancora lì, di scegliere l’immobilità.
Sorvolo sulle illazioni, le spiritosaggini e gli scoop dei vari giornalisti. L’unico che ne esce brillantemente è … Clemente Mastella, spiritoso, allegro al punto da dare il suo numero di telefono al mondo intero!
Ora le bocce sono ferme. E si può cercare di riflettere sull’intera vicenda e sulle sue conseguenze immediate e mediate.
Non occorre appartenere alla categoria dei dietrologi e dei complottologi, nel giorno in cui è addirittura lo stesso Draghi, anzi, solo Draghi, quello che ‘ha chiesto a Mattarella’ di restare, per non avere la sensazione che sconfina nella certezza, che l’intera operazione sia stata condotta male e con un intento non proprio cristallino.
Voglio dire che, purtroppo, c’è una indiscutibile macchia di origine, e cioè la evidente volontà di Mattarella di avere come successore Draghi. E che questa idea fosse legata ad una sorta di presidenzialismo di fatto in vista di uno di diritto, è sembrato a molti un fatto evidente. Questo progetto, tutto di vertice, è fallito, ma solo per ora, temo.
E questo, purtroppo ma va detto, è un grave errore, ed è anche un errore di arroganza da parte di Draghi, che ha cercato o accettato di attribuirsi una sorta di ruolo di uomo del destino.
Però, ciò detto, lo spettacolo al quale abbiamo assistito è inverecondo e ha mostrato fino in fondo il livello bassissimo del nostro ceto politico, la totale incapacità dei ‘leader‘, come amano chiamarsi inconsci del ridicolo, di trovare una soluzione utile per il Paese e non per loro. Il loro livello infimo è stato, poi, attestato, dalle dichiarazioni insulse, secondo le quali tutti hanno vinto.
Matteo Salvini che ha ‘offerto‘ candidature, dimenticando che non le ha mai discusse, né ascoltate altre. Giuseppe Conte, al solito logorroico e ridondante, capace solo di usare paroloni per non dire niente, salvo, ovviamente che ha ottenuto quello che voleva, per concludere addirittura (qui la risata è stata plateale) che andranno i capigruppo a dire a Mattarella che lo rivotano. Enrico Letta è solo Letta: ha condotto meno malamente di altri la sua battaglia, alla testa di un partito diviso e litigioso, con un Dario Franceschini intenzionato solo a candidarsi e i renziani interni a rosicchiargli le gambe della sedia. Che dire di Matteo Renzi, ahimè l’anima nera del progetto presidenzialista, ma al quale va riconosciuto di essere stato il primo (e l’unico!) a dichiararsi subito contro l’ipotesi di Elisabetta Belloni, trascinata in piazza in una maniera che giustificherebbe la querela! Silvio Berlusconi, ha inquinato tutto all’inizio, ma poi ha ripreso il filo alla fine, imponendo a Antonio Tajani di sconfessare Salvini.
Gli altri non esistono, sono parte silente del medesimo ciarpame, specie quando rivendicano paternità comuni con alcuni candidati loro malgrado. L’unica cosa chiara è che Salvini è riuscito a fare tramontare (per ora) la destra unitaria: Berlusconi, una volta di più, esce vincente dalla lotta interna alla destra.
Bisognerebbe mandarli tutti a casa. Ma per farlo dovrebbero finalmente darci una legge elettorale degna di questo nome: come facciamo a mandarli a casa se non possiamo votarli … da almeno venti anni? E invece continuiamo ad avere una legge che mette nelle mani della gente che avete visto all’opera la scelta dei candidati che, non solo voi non votate perché siete costretti a votare un pacchetto che li include, ma che cambiano idea ogni cinque minuti, non certo per traumi filosofici.
Abbiamo perso giorni preziosi per svolgere una presenza internazionale, che sarebbe fondamentale, nella ‘crisi‘ dell’Ucraina, e certo dubito molto che con questo disastro Mario Draghi possa trovare il tempo e l’autorevolezza per intervenire e, non avendo un Ministro degli Esteri, solo lui può. E dovrà, tra l’altro, fare un lavoro immenso e difficilissimo per cercare (ci riuscirà?) di fare capire ai partner europei che diamine è successo e perché è stato preso a calci in faccia. Sì, a calci in faccia, da tutti i ‘leader’, tutti nessuno escluso, perché, alla fine, diciamocelo chiaramente: sì il gravissimo errore di Mattarella e Draghi, ma l’ostilità verso ‘il marziano‘ che per di più sa fare bene, è stata sorda e continua per tutto il periodo del suo mandato. Da parte di Conte, arrabbiato di essere stato sostituito da Draghi e dagli altri grillini, Grillo in testa; da Salvini, impegnato quotidianamente a cercare di piantare bandierine cretine su questioni cretine, col solo intento di cercare di entrare personalmente al Governo a pasticciare come già ha fatto; Letta, amorfo, incerto, incapace, imbronciato anche lui verso Draghi e ‘seguìto’ da un partito recalcitrante e ambiguo, inesistente e inaffidabile, diviso; e infine Renzi, il corsaro, che nella sua guerra corsara ha ottenuto una visibilità che non gli spetta, ma che, in quelle ore convulse della notte, ha mantenuto la barra dritta, mentre Letta taceva, preso in completo contropiede.
Ora il Governo dovrebbe godere di una certa tranquillità, ma solo apparente e brevissima. Dopodomani inizia la campagna elettorale per le elezioni del 2023, e forse anche prima di dopodomani, ma senza legge elettorale. Il tutto in una situazione parlamentare al limite del cardiopalma, dato che non solo i partiti ormai non sono più in grado di garantire nulla, ma specialmente i parlamentari saranno falcidiati dalla geniale trovata di Grillo e Di Maio e sono terrorizzati, come mosche investite dall’insetticida.
Dipenderà ora da Draghi e Mattarella, sapere sbattere i pugni sul tavolo e imporre ai partiti di tacere e lasciare lavorare il manovratore. Ottima cosa, ma pessima. Perché i termini e i contenuti della nostra democrazia sono ormai lesi in una maniera profondissima dato che il Governo finirà per restare a galleggiare senza un Parlamento che lo sostenga e senza un Capo dello Stato convinto.
Da una situazione del genere può nascere di tutto, ma non tutto di buono. Certo, una probabile accettabile gestione del Piano di rinascita, ma dal 2023 potrà accadere di tutto. Le forze politiche, specie la destra brutale di Salvini e Meloni cercherà di fare terra bruciata.
Ma, specialmente, nel sottofondo, stavo per scrivere nei sottoscala, Renzi escluso ad onore del vero, il tema sarà il presidenzialismo, che comporta una riscrittura della Costituzione e quindi un rischio gravissimo (parente stretto, perdonatemi, della certezza) per l’equilibrio democratico del nostro Paese, dove presidenzialismo sarà certamente accentramento dei poteri e indebolimento fino alla delegittimazione del Parlamento, con il rischio grave, anzi, la certezza, della inevitabile ricerca di un rapporto diretto tra il Presidente e il popolo: che si potrebbe chiamare regime populista, quando non semplicemente peronista.
La strada, invece, sarebbe una legge elettorale vera e un ceto politico e dirigente capace e onesto: frutto cioè di una scelta libera e onesta. Ma di legge elettorale non si parlerà e le ‘cariche’ continueranno a girare nel cerchio magico di quelli che contano: per una curiosa coincidenza proprio sabato ne abbiamo visto un esempio. Ma, con in più un Presidente onnipotente.