Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto;
è quanto mi hanno dato al posto di un fucile
(Philip Roth)
L’elezione bis di Mattarella ha terremotato il sistema politico italiano e rilascia nella smarrita società italiana un senso di apparente scampato pericolo, della serie non siamo capaci di proporre nulla di nuovo ed allora inventiamoci il vecchio nuovo. Le prime avvisaglie versante Governo segnalano le quasi (in Italia non si danno mai) dimissioni dell’apparente leghista ‘buono’Giorgetti, di sgradevole postura e stile, elevato da una mediocre informazione a fine politico e statista (?!) contro il cattivo Matteo mojito man. Un’informazione di una stampa non asservita, se non quella di proprietà dell’acciaccato “morente” padrone di Arcore, no, proprio mediocre che necessita del casus belli, dello scontro per vendere qualcosa di più, tra carta stampata e tv. Il disastro elettivo sta già rendendo agitata l’azione di un governo indebolito per le voraci pretese partitiche e per un’improvvida pretesa di Draghi al Colle, spinto da quasi tutti, ed ambìto con immodestia dall’ex quasi ‘prescelto’.
La prima criticità sta nella scelta del ‘primo’ Mattarella di far gestire l’azione rilevante dei fondi europei al grande banchiere europeo, ratificando così un’incapacità cronicizzata della politica di gestire il Paese. D’altronde già il Conte I e II chi era(no) se non un avventizio della politica, un professore in un mondo a lui sconosciuto. Appena arrivato il Draghi, nell’entusiasta adesione di stampa opinionisti imprenditori tanti politici, già sognava una ‘naturale’ (perché) ascesa al Quirinale finito il mandato mattarelliano. Con scroscianti applausi di quasi tutti, allora. Nella precedente riflessione sull’elezione menzionavo come l’aurea del santo apposta al dotto Draghi nascondeva un’ambivalenza poi esplosa. Doti negoziali sopraffine, garante di un ordine economico neoliberista come mostrato a Letta con virulenza al solo pensiero di un prelievo, una tantum, dai più ricchi ai giovani (al netto dell’improvvisazione del segretario non accompagnando una proposta simile da un pacchetto di strategie di riduzione effettiva del carico fiscale a danno di lavoratori e famiglie. Una netta presa di posizione mai assunta verso il rompiscatole Salvini di lotta-di governo, di appoggio-di siluramento. In sostanza Draghi è una figura il cui ruolo ed autorevolezza hanno contribuito a tenerci a galla, ma pur sempre un umano. Che per ambizione, legittima ma improvvida vista l’autopromozione quirinalizia con molti nemici usciti allo scoperto, si è fatto irretire da quanti lo spingevano ad occupare il supremo scranno.
Ma perché doveva andar sul Colle se il mandato del primo Mattarella era di governare ed incanalare il paese e la sua avida e rissosa maggioranza “Frankenstein” verso un progetto di rinnovamento ed innovazione grazie alle copiose risorse europee. Quellegittimo ma non ovvio trasloco avrebbe dovuto far riflettere su pulsioni entusiastiche in apparenza veritiere ma camuffate da ostilità. Ché da noi governano ancora pur sempre post democristiani di tutte le salse. Questo il serio impedimento allo sviluppo ed innovazione del paese dopo la fine della balena bianca, che almeno era un solo partitonon spalmato sull’intera filiera politica. Poi al bis di Mattarella ha pure contribuito Draghi che è scivolatoingenuamente in un’auto candidatura in conferenza stampa del 23 dicembre scorso. Così invece di coagulare consensi ha finito per compattare un sotterraneo ampio fronte di contrasto impauriti di un passaggio che avrebbe portato ad una probabile crisi di governo. Accelerazione peraltro improvvida non essendo affatto finito il suo lavoro come confermano i ben 45 capitoli del Pnrr ancora da scrivere e poi da implementare. Un errore clamoroso, che lascia il Presidente del Consiglio scoperto ed indebolito. Dunque quei sette giorni che hanno terremotato l’Italia aprono scenari ad un anno da elezioni politiche la cui turbolenza costituirà uno dei problemi centrali spaccando a poche ore quasi tutti gli schieramenti, eccetto quelli di tipo personalistico, dal Matteo filo-saudita a far tanti quattrini e “mamma Giorgia”. Cercando di aspirare ad essere un dotto accademico giurista, meglio se internazionalista, essendo solo un modesto lavoratore sociologico delle idee, proverò ad elencare alcuni elementi di contorno.
E pesco dal mio copioso bagaglio sociologico il pensiero di Roberto Michels e la sua teoria dell’elitismo nell’agire politico da parte di élite intellettuali o la sua ‘ferra legge dell’oligarchia’ sui partiti politici che giunti lì (pensate ai grillini pentastallati con la loro starnazzante “onestà” e contributi stipendiali da mollare al non-partito, ovvero alla piattaforma della “democrazia diretta”, nel senso dall’amico di Grillo…, su cui poi si sono rivoltati avendo loro contratto mutui, fatto acquisti perché con il raffinato Ennio Flaiano tutti in Italia tengono… famiglia) subiscono un imborghesimento il cui fine diviene la propria autoriproduzione. Il campione su tutti è Giggino da Pomigliano, finto “rivoluzionario” dalla scalata sociale e politica, ma in perfetto stile post democristianesimo (senza basi). Poi mi sovviene la critica di Gaetano Mosca alle tre forme di governo politico (monarchia, oligarchia, democrazia) di Aristotele, preferendogli la secca opzione dell’oligarchia nel governo derivandone la pericolosa (ed attualissima, perché ora si sta già parlando solo di presidenzialismo non di riformare il paese) opzione circa l’inutilità del parlamentarismo, del socialismo ed utopie simili. Riflettendoci c’è più di un addentellato alla situazione attuale a cui pensano questi mediocri politicanti, finti leaders, ché quelli di rango hanno un progetto di società qui assente. Attenzione però, nelle realistiche o fantasiose ricostruzioni, analisi, commenti, la facile contrapposizione oligarchia contro società ha un respiro corto. Ovvero noi siamo ‘buoni’ e loro ‘cattivi’. Al contrario, la qualità della politica è il riflesso ed il risultato di ciò che la società civile domanda ed invoca. Il decadimento dell’agire politico per un verso è l’esito della qualità di formazione di una classe dirigente qui inesistente nonostante le patetiche finte scuole politiche, penso al Matteo con direttore Recalcati, quello della ‘psicobanalisi’ di Crozza, per non dire di quella del Matteo leghista vista la qualità, civiltà e linguaggio dei fascio leghisti.
Ma per un altro segna il tratto culturale della società vieppiù ignorante ed incolta da cui è emersa una domanda sguaiata e volgare che ha determinato l’azione ed il governo della politica innervatasi negli ultimi decenni intorno a movimenti “vaffanculo a tutti” di anti politica cialtronesca priva di competenza, grillini su tutti. Ovvero giovini privi di reddito e lavoro intercettati con canoni estetici della società dello spettacolo come fossero casting televisivi menzogneri di una finta utopia dell’uno vale uno, divenuta uno vale l’altro. Così questo orrido spettacolo ad alto applausometro della rielezione di Mattarella certifica lo stallo della politica e della società in un sistema asfittico aggrappato a vecchi privilegi. Sul piano sociale il mercato del lavoro è deflagrato in un sistema disordinato privo di controlli, mentre in ambitoculturale arretratezza e vecchi arnesi tradizionalisti bloccano qualsiasi domanda di apertura ad una società dalle domande articolate e plurali. Come dimostra l’indegno spettacolo di una destra dinanzi al confermarsi di violenze su donne omossessuali e tematiche di genere. E non parliamo di un Parlamento, che leggo essere il “vincitore” dell’attuale disastro, che nel menefreghismo più totale non è stato capace di approvare una legge sul fine vita che non disturbasse troppo i tanti cattolici–laici in un Paese dai princìpi costituzionali laici, e la Chiesa nel suo complesso, che di suo di problemi ne ha parecchi, a cominciare dalla diffusa violenza pedofila su minori, Papi emeriti compresi con le loro smemoratezze.
Ma in realtà questo Mattarella bis andrebbe proposto ogni due anni nei prossimi decenni. Perché appena un attimo dopo il voto-genuflessione degli “onorevoli” (con Totò, “ma mi faccia il piacere”!) coalizioni e rapporti tra partiti sono esplosi. A destra, il “granitico” incedere di tutti (Matteo dixit, ….., i puntini sono risate) è saltato in aria subito, mentre il bugiardo Matteo borbottava tra selve di informazione avvoltoio che “io lavoro per unire”. Dopo aver affossato la destra quirinalizia bruciando 22 (!!) nomi rimbalzati senza costrutto, al modo di una modalità subculturale da nomination televisiva. Per poi far massacrare alla quinta votazione ridicola persino la tronfia altezzosa saccentina ‘Contessa Serbelloni Mazzanti vien dal Mare’ di grande fantozziana memoria, o seconda carica (!!) dello Stato. Quella leggeva il cellulare in pieno scrutinio mentre le schede si fermavano per aspettarla, roba di una mancanza di stile. Presuntuosa… e non dico altro perché se no mi querela, arrogante, affossata, pare, pure da suoi amichetti del partito personale di Arcore. Mentre Giorgia polemizza con il già condannato di mafia di Arcore, che secondo l’Espresso del febbraio 2018 (Paolo Biondani) ha commesso fatti “comprovati e accertati in tutti i gradi di giudizio, ma ignorati nella campagna elettorale, dal patto con i boss per ssumere ad Arcore il mafioso Vittorio Mangano, al lavoro sporco di Marcello Dell’Utri, condannato perché portava a Cosa nostra le buste di denaro di Silvio, ogni sei mesi, dal 1974 al 1992”!! E per questo e tanto altro, “specchiato” con “onore” da fare il presidente. No comment.
Mentre Giorgia dopo “l’ennesimo presidente di sinistra”… risponde al vecchio di Arcore “non gli devo niente” e pertanto, come avevo profetizzato, subito censurata e massacrata dalle armi di distruzione di massa mediatica, cancellando la presenza di Lei nelle tv del già condannato per frode fiscale. A conferma di che individuo pericoloso e vendicativo sia il povero nonnino arcorensis, di cui infatti pure una triste anemica amorfa sinistra non fece una seria competizione politica. Lasciandogli le sue armi televisive di massa. Per alzare un poco il livello ….. (mi censuro), preferisco chiudere con un altissimo, gigantesco livello, del tutto improponibile per la politica italiana. Ovvero con le parole di Aristotele in ‘Politica’ (ma anche nell’“Etica Nicomachea”). Lo Stagirita pensa l’uomo quale politikònzôon, animale politico, l’uomo è un animale provvisto di logos con una sua innata socialità, che va sostenuta e riprodotta, poiché con i logoi gli esseri umani cercano di trovare un positivo terreno di confronto il cui ‘bene’ viene perseguito dallo Stato in virtù del fatto che «ogni Stato è una comunità (koinonia) che si costituisce in vista di un bene». Qualcuno ottimista cerchi di trovare qualche frammento di tutto ciò nella farsa tragica della rielezione di Sergio Mattarella.