Pensiero lento vs velocità elettronica
La riflessione contemporanea sul divenire dell’uomo e le pratiche delle macchine si fonda negli ultimi decenni su un complesso confronto ricco di spunti sul tema epocale dell’antropomorfismo delle macchine e della biologia dell’umano, ovvero la presunta ‘naturalità’ delle macchine e la progressiva ‘artificialità’ dell’uomo. Il focus teorico per le condizioni di vita dell’umano nel mondo sostenuto/sostituito dalla tecnica concerne la trasformazione dall’uomo naturale ad una condizione postumana della materia vivente per cui «il comune denominatore della condizione postumana è l’ipotesi secondo la quale la struttura della materia vivente è in sé vitale, capace di autorganizzazione e al contempo non-naturalistica» (Braidotti, 2014, Il postumano). Ovvero la coabitazione, coesistenza, collaborazione tra viventi naturali ed artificiali, con la progressiva antropomorfizzazione di questi ultimi. La tesi della Braidotti rinvia ad un approccio che opponendo ‘dato’ a ‘costruito’ supera la teoria non dualista dell’interazione natura/cultura, approccio supportato dalla tradizione filosofica monista che rifiuta i dualismi (appuntol’opposizione natura-cultura) e si concentra sulla forza autopoietica della materia vivente. Sull’autopoiesi il riferimento è a Maturana e Varela, oltre che a Luhmann. Il range teoretico ed operativo con cui decadono le antiche coppie oppositive uomo-macchina, organico-inorganico, geni-elettroni, costituisce la messa in opera di processi di disgiunzione tra una vita biologica che si va ‘artificializzando’ e gli artefatti tecnologici vieppiù ‘naturalizzati’. O ‘umanizzati’.
La fantascienza ne ha offerto diversi esempi, mentre nei laboratori nel mondo si progettano macchine il più somiglianti possibile agli umani. Così da non impaurirci troppo. Il punto cruciale è qui: le macchine sentiranno, proveranno sentimenti morali? Soprattutto, per dirla con la poesia, forma di ‘dipendenza’ che fa bene a mente e spirito, se e quando la macchina, il robot, l’automa riuscirà a rispondere al fraseggio poetico di Fernando Pessoa, sommo lusitano, che recita: “ciò che in me sente, sta pensando…” (un sentire emotivo pensato razionalmente, notevole nel primo novecento, 1914, pre Pirandello e Freud), allora saremo nell’età dei sistemi robotici ‘autonomi’ capaci di pensar se stessi. Fascinazione dagli sviluppi oscuri. La doppia logica tecnologia/vita assume oggi valenze valoriali, morali, etiche, sociali, politiche improponibili solo pochi decenni fa. Questa nuova tappa del divenire dell’uomo che pone in discussione la sacra volta dell’universo determina un percorso di ibridazione identitaria fatto di: a) un rifiuto netto in nome di una pretesa naturalità immutabile; b) una posizione attendista dei diversi steps della scienza ed, infine, c) un nuovo cammino affatto diverso dalle cognizioni passate.
È il dibattito tra le opzioni dell’Umanesimo, Antiumanesimo e derive del Postumanesimo, con quest’ultimo che segna quale condizione storica la fine dell’opposizione tra i primi due movimenti. Quella in atto è una mutazione che differenzio in cinque opzioni: naturale (ogm, colture bio); antropica (sul corpo, innesti di chips bionici, pensiero che controlla arti innestati o bionici, chirurgia estetica); culturale-comunicativa (linguaggi di bit elettronici, linguaggi macchina, algoritmi); politica (progetti-scritti-idee, spot-tweet-parole d’ordine); sociale (comunicazioni mediate virtuali, scambi e relazioni sociali differite a-temporali).
Questa prima classificazione rilascia tre opzioni evolutive la cui rilevanza è: 1. nell’eternità della macchina e nella caducità dell’umano (deteriorabilità dell’uomo, resistenza della macchina); 2. nella caducità, longevità, immortalità di nuovo genere: la ‘reincarnazione’ industriale con l’esistenza in serie dei prodotti; 3. nella determinazione che noi uomini abbiamo assegnato diverse mortalità ai prodotti, beni di consumo, oggetti, mentre solo la nostra mortalità non è opera nostra, non è decifrabile, non calcolabile con una data di scadenza. L’unica insostenibile grande incertezza dell’essere. Qui si diffonde la ‘macchina’ della rete e l’‘ambiente’ della comunicazione. Se la contemporaneità sociale è irreversibilmente compartecipata dalla realtà di una tecnica vieppiù raffinata e da un’umanità assolutamente mortale, vanno tenuti presente due elementi non secondari, frutto della netta separazione tra coscienza umana e mondo artificiale. Innanzi tutto, se è vero che il progresso scientifico copre settori sociali sempre più disparati con una profonda ideazione innovativa, nel contempo il punto tre di cui sopra costituisce l’aporia più significativa che rende inerme oggi giorno l’umanità dinanzi alla ‘nuova mistica’ tecnologica attribuita agli apparati tecnici, propaggini dei nostri organi.
Ad esempio, i prodotti venduti sul mercato vengono dichiarati obsoleti per decisione umana, hanno un’‘obsolescenza programmata’, potendo durare molto più, poiché in caso contrario la società dei consumi bulimici arresterebbe la sua crescita facendo chiudere fabbriche, mettendo i lavoratori sulla strada, aumentando una disoccupazione da tecnologia ed automazione tratto saliente dell’epoca, costituito dal dato ineluttabile di un’umanità demografica che cresce sempre più e di quella lavorativa che decresce in modi esponenziali. Una politica che assuma come elemento centrale questo dato di aumento di produttività planetario a fronte del progressivo inarrestabile trend di diminuzione della forza lavorativa, è una politica che racconta menzogne. Infatti aumentano le strategie di ‘redditi’: di cittadinanza, di inserimento, universale, con diversità sugli effetti.
Il dato è che si produce di più con meno persone, questo è ciò che la politica non dice, le cui soluzioni odierne sono compromessi tra i ‘salvati’ ed i sommersi, questi più dei primi. O meglio, mentre aumentano i tassi di istruzione diminuiscono le attività lavorative adeguate alle competenze conseguite, ciò che comporta un diffuso sfruttamento del capitale umano, professionale, vitale. Di qui la necessità di rendere obsoleti gli oggetti, per cui se 30-40 anni fa la tecnologia aveva già permesso di conservare elettrodomestici che duravano decenni, oggi con le conoscenze aumentate, gli stessi prodotti potrebbero durare anche il doppio. Per non parlare dei sistemi di codificazione e classificazione elettronica, smartphone, data base. Invece se durano 1-2 anni è una decisione unilaterale del mercato, che piace tanto ai liberisti, dunque è l’uomo a far scadere i suoi prodotti per ricavarne un tornaconto economico, dovendosi la tecnologia istupidire più di quanto la sua intelligenza di sistema abbia raggiunto. Pena un innalzamento dei conflitti economici e sociali globali con conseguenti fenomeni di disoccupazione di massa insostenibili. In questo scenario le tecnologie elettroniche hanno assestato un colpo energico o energetico, per cui se è vero che l’obsolescenza di molti lavori tradizionali viene rimpiazzata da nuove figure professionali, risulta altrettanto vero che diviene difficile compensare tali nuovi skills professionali rispetto all’aumentata platea di domanda di lavoro, peraltro sempre più qualificata cui corrisponde un abbassamento dell’offerta qualitativa.
L’esito odierno raccontato dalle cronache non conformiste è un’estensione della precarizzazione, dei lavori a tempo, o intermittenti, con poche tutele e diritti. Inventandosi pochi anni fa pure l’abominio terminologico dei diritti a ‘tutele crescenti’! (come se i diritti possono sottostare ad una cartella individuale a punti) diminuendo possibilità ed opportunità di indipendenza dei giovani. Sul versante tecnico e per gli esiti sociali che prefigura, i sistemi sociali contemporanei agiscono in un network planetario interdipendente regolato da complesse procedure elettroniche che modificano la percezione di sé, degli altri, della realtà e la rappresentazione del tempo e dello spazio. Al proprio interno gli attori e le strutture della comunicazione sono gli influenti formattatori di senso individuale e sociale alla testa di una nuova armata di produzione di massa di esperienze cognitive e simboliche che orientano le società ed a cui guardano con sempre maggiore trepidazione i governi e la politica, gli individui e le biografie dei singoli.
La comunicazione che struttura lo spazio pubblico nei suoi rapporti con politica, finanza, media e pubblicità si avvale di un soft power seducente che gli apparati di senso del marketing e della propaganda trasferiscono con procedimenti invasivi nei consumi di merce, in primis la comunicazione, che costituisce il brand dell’immaginario spettacolare nelle sue forme segniche e seduttive. Nella modernità trionfante, turbolenta o in declino, le modalità di conflitto tra capitale e lavoro vengono sostituite dalla comunicazione e dall’informazione che assurgono al rango di agenti etici normativi ed estetici di senso nelle relazioni sociali, per legittimarsi quali vettori influenti di potere e di consenso sugli orientamenti individuali e collettivi nelle società elettroniche globali del XXI secolo. Nel caso della comunicazione del passato, questa circolava in spazi sociali fisici tra pochi emittenti e riceventi che si scambiavano informazioni in cerchie sociali ristrette.
Questa porzione di mondo conosciuto sovrastava e regolava l’esistenza quotidiana in ristretti ambienti sociali contraddistinti da una comunicazione di prevalente compresenza fisica con scarne informazioni dal mondo sociale lontano. Nella comunicazione odierna, al contrario, l’individuo interagisce con il mondo intero in un ‘flusso temporale informativo continuo’ ed è da questi avvolto in una connessione permanente, dovendo gestire due processi: l’accesso ad una massiccia produzione informativa che richiede un defatigante impegno selettivo per separare, classificare e codificare gli inputs informativi degli emittenti. Il secondo punto è lo ‘stiramento’ del tempo tra un prima ed un dopo, poiché le informazioni e le comunicazioni circolano in un tempo zero nel mondo globale prive di una tempistica degli eventi. Cosicché “la comunicazione nell’età dell’informazione modifica la percezione dell’ambiente e dell’identità individuale in una nuova produzione di senso e di significazione di sé e del mondo con cui viene inscenata la realtà sociale. Nella nuova realtà immediata (realtà fisica di primo livello) e differita (realtà virtuale di secondo livello) si diffonde una pandemia comunicativa espressa da una psicoastenia di massa nella quale ‘si incrina la fonction du réel e si è tormentati da un ‘sentimento dell’irrealtà’, in un pensiero preso tra disgiunzione di unità e differenziazione di segni e senso in difficoltà nel governare l’eccedenza razionale-simbolica del reale” (Conte, Fiducia 2.0, 2012).
Un’irrealtà definita da Baudrillard opportunamente iperrealtà, non scomparsa del reale per evanescenza ma per saturazione, perché ce n’è troppa. In un’eccedenza di cui sopra. Questo il tema cruciale dell’epoca. Se fino alla meccanica dei corpi l’intervento tecnico si rivolgeva all’esterno del mondo, appropriandosi di spazi esterni occupando porzioni sempre più massive, con la digitalizzazione e la miniaturizzazione dei corpi, dei media e delle disposizioni tecniche, favorite dalla “rivoluzione operatasi con l’elettricità, che pose fine alla sequenzarendendo i processi del tutto immediati” (Conte, Fiducia e Tradimento, 2014) la dimensione del tempo a-crono e dello spazio ubiquo del connecting people permanente si estende in una dimensione interna di spazio illimitato e modificabile come quello elettronico privo di porte, serrature e protezioni in una prateria virtuale sconfinata ponendoci in un mondo di mezzo privo di inizio e fine.
In questo scenario, le estensioni comunicative dei sensi umani differenziano sempre più il soggetto-uomo dall’oggetto-cosa, passando dalla dimensione della macchina-persona per arrivare alla macchina autonoma pensante che restringerà sempre più i caratteri fisici della persona rendendo obsoleto il corpo umano. Intanto nei corpi si immettono innesti bionici mentre le macchine sentiranno ciò che fanno, pensandolo. Per ri-progettarsi da sole. Quando e se ciò succederà la specie umana entrerà in una nuova utopia e forse non saremo più la specie dominante sulla Terra. Evoluzione della specie. Intanto, proliferano i chatbot. Chi/che cosa sono? Tecnologie di Intelligenza Artificiale che elaborano il linguaggio naturale. La sfida è davanti a noi e rimanerne estranei non rallenta un processo irreversibile.