A che punto siamo arrivati sul tema della prostituzione? Ebbene si ritorna a parlare di regolamentazione. 57 anni fa sono stati messi i sigilli alle “case chiuse” con la Legge Merlin, ma la situazione non è poi tanto migliorata. Chiuse le case, per strada le prostitute. Il modello abolizionista (l’Italia) considera la prostituzione non punita penalmente. Non costituisce reato il prostituirsi, ossia l’offrire prestazioni sessuali a pagamento, così come non costituisce reato l’acquistare prestazioni sessuali a pagamento. Il vaso di Pandora è stato riaperto proprio a Roma, dove Ignazio Marino e Andrea Santoro, presidente del IX Municipio, hanno ritirato fuori dal cilindro il problema, proponendo lo zoning nella Capitale dove il fenomeno della prostituzione ha assunto una certa importanza.
Siccome a livello nazionale il Parlamento non si muove (ci sono 12 disegni di legge fermi che ancora non sono stati discussi), a livello locale si richiede a gran voce una normativa per poter capire come agire nell’ambito della legalità. La prostituzione non è reato, chiariamolo immediatamente, quando esiste la libera scelta, altrimenti parliamo di sfruttamento e favoreggiamento. Il problema fondamentale è che non è regolamentata. Ora regolamentare con una legge onnicomprensiva il “mestiere più antico del mondo” non è assolutamente semplice. Eppure ogni legislatura che si rispetti ci ha provato, anche in tema di fiscalità .
Qui bisogna sfatare una credenza: la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10578/2011, (decreto legge 223/2006, art. 36 c. 34bis) ha introdotto un principio generale di tassazione delle attività per il fatto stesso che esistono, comprese perfino quelle illecite. Nella stessa sentenza la Cassazione va oltre e ha inquadrato l’attività di prostituzione, qualora esercitata in forma autonoma, come soggetta ad Iva, rientrando nella definizione dell’esercizio di arti e professioni. «Seppur contraria al buon costume, in quanto avvertita dalla generalità delle persone come trasgressiva di condivise norme etiche che rifiutano il commercio per danaro del proprio corpo, l’attività predetta non costituisce reato, e consiste, appunto, in una prestazione di servizio verso corrispettivo». Il relativo codice di attività, secondo l’interpretazione più diffusa, sarebbe il 93.29.90 “Altre attività d’intrattenimento e di divertimento non comuni altrove”. Il caso da cui è partito il pronunciamento della Cassazione fu quello di una ballerina di un locale notturno (lavoratrice dipendente) con un conto corrente bancario non compatibile con il reddito da lavoro dipendente. La ballerina svolgeva anche l’attività di prostituta, lo ammise ma protestò di non essere tenuta a pagare le imposte.
Ecco la contraddizione, le prostitute possono essere tassate ma non si capisce dove possono esercitare la loro professione. Qui entra a gamba tesa l’ultimo disegno di legge della Senatrice Maria Spilabotte del Pd, che oltretutto ha riunito varie forze politiche in accordo sulla regolamentazione, come Fi, M5S. “Ritengo che la classe politica, negli ultimi anni, di meno recentemente, è sempre stata arretrata rispetto alla società e alle esigenze. E’ abituata a gestire le emergenze non governare i processi e a anticipare le questioni.Ci troviamo nuovamente a gestire questa emergenza, in Commissione giustizia verrà incardinato nei prossimi mesi. E’ un fatto storico, perché sono tre e quattro legislature che vedono presentati provvedimenti che si occupano di questo fenomeno, ma nessuna è mai stata calendarizzata”, ha spiegato la Senatrice. “Nel mio testo di legge non si parla di riapertura delle case chiuse – continua – Credo che la legge Merlin ha determinato delle conquiste veramente importanti e fondamentali per la liberazione di quelle donne e per la restituzione loro della dignità. La regolamentazione di questo fenomeno non vuol dire assolutamente riaprire le case chiuse, e questo differenzia il mio testo di legge da tanti che sono stati presentati in Parlamento”.
Quindi quale sarebbe la novità? “La mia legge guarda tre esigenze principali: la prima è il contrasto alla tratta e allo sfruttamento e alla riduzione in schiavitù da parte di 60 cartelli malavitosi che vengono ad investire in questo Paese sulla prostituzione, proprio a causa di questa deregulation – ci spiega – Inasprimento delle pene per quello che riguarda lo sfruttamento. Il secondo è di creare un modello che guardi anche al fatto di poter far lavorare con dignità quelle donne che invece dichiarano di volerlo fare. Questo avviene attraverso l’abolizione di due reati sanciti dalla legge Merlin: che sono il favoreggiamento e l’induzione alla prostituzione. Attualmente un proprietario di un appartamento, se lo affitta a una donna, non sapendo che esercita la prostituzione, dovrebbe giustificare davanti alla legge la sua posizione, perché sarebbe imputabile di favoreggiamento. Così come se un tassista accompagna una donna dove ha un appuntamento per esercitare la sua professione, il tassista se fermato dalle forze dell’ordine dovrebbe spiegare la propria posizione. Mi sembra un paradosso. Eliminando questi due reati si farebbe in modo che le donne possano affittarsi un appartamento, abbandonare la strada che è molto pericoloso, lavorare insieme e prestarsi mutuo soccorso. Questo sarebbe il modo in cui ognuno potrebbe esercitare in maniera libera, sganciandosi dagli sfruttatori”.
Ma “il tema, come è evidente, suscita reazioni contrastanti perché investe la sfera della morale. E’ evidente che c’è un’ esigenza per gli amministratori locali di dare risposte alle istanze di sicurezza e decoro dei cittadini come è altrettanto evidente che non possiamo lasciare la prostituzione in mano al racket che schiavizza e sfrutta donne che non hanno mezzi, non hanno di che vivere. Molti colleghi presidenti di Muncipio hanno promosso la nostra risoluzione e altri la stanno valutando. Ho avuto incontri interessanti a Milano e Genova e nella prossima primavera organizzerò a Roma una conferenza tematica con gli amministratori delle città metropolitane”. Così Andrea Santoro spiega la sua posizione. “Il programma si sostanzia nell’esigenza di trovare una soluzione immediatamente applicabile – continua – che offra la possibilità agli amministratori locali di garantire i propri cittadini rispetto alla legittima domanda di sicurezza e decoro negli spazi pubblici, al contempo aumentando le tutele sociali, il supporto medico, il sostegno, alle persone che si prostituiscono e che sono vittime di tratta o di sfruttamento. Penso che di fronte a quanto succede nelle nostre città non possiamo più chiudere gli occhi e aspettare i tempi, lunghi, di una legge nazionale, comunque indispensabile. In sintesi è una proposta che vuole affrontare, davvero, un fenomeno insopportabile per i cittadini e per le vittime. Questi sono i cinque punti in cui è articolato: vietare la prostituzione a ridosso di abitazioni, parchi, scuole e luoghi di culto; stabilire una sanzione amministrativa fino a 500 euro per chi non rispetta questo divieto; istituire nei municipi di Roma tavoli di coordinamento tra le forze dell’ordine e i gruppi municipali della Polizia Locale per pianificare un’azione efficace di controllo del territorio; attivare le “unità di strada” con operatori sociali specializzati per supportare le donne, gli uomini e le transessuali vittime di tratta o sfruttati dal racket; promuovere nelle scuole percorsi di educazione sentimentale per il rispetto del corpo di ogni persona. Resta la necessità, condivisa dalle altre Amministrazioni locali, di approvare una legge nazionale di regolamentazione della prostituzione che, ricordiamolo, in Italia è legale”. In Italia possiamo citare il caso di Mestre, dove esiste lo zoning.
Eppure c’è chi da sempre combatte per regolamentare la professione, come Pia Covre, prostituta e attivista. “La prostituzione ha modelli, forme, caratteristiche (anche per la diversità dei soggetti che la praticano) talmente diversificati che è difficile pensare ad una legge dove possa entrarci tutto. Si dovrebbe partire da un minimo riconoscimento di “status”dei soggetti, dare delle regole minime sulla questione del lavoro e vedere cosa succede”. Inoltre “si dovrebbe dare la possibilità ai sindaci di regolamentarsi, fare un tavolo all’interno dell’Anci, per confrontarsi, per monitorare”. Ma “una volta passata la legge, comunque, non so quante donne si regolarizzerebbero subito. Dovrebbero esserci anche delle assicurazioni. Ad esempio una donna italiana ha realmente interesse a regolarizzarsi? Che stigma dovrebbe pagare? Ha dei vantaggi concreti? Dalla protezione sociale ai fini pensionistici”. Naturalmente i tempi di applicazione e recepimento dalla parte interessata non sono di facile previsione.
Ma oltre uno scoglio legislativo esiste uno scoglio morale che la legge non potrebbe regolamentare… “Ma lo potrebbe orientare. Quando apro i giornali la prostituzione e le persone che ci lavorano, vengono presentate come deboli, marginali, sfruttate, vittime. Poi il degrado dei luoghi, quindi si parla di sporcizia. Se viene presentata questa immagine della prostituta è evidente che è difficile cambiare”. Proprio la morale e il senso comune sono difficili da abbattere, “esiste un’ipocrisia sull’argomento, che dura dalla notte dei tempi – conferma la senatrice Spilabotte – Il fatto che una parte della società imponga una propria morale ad un’altra parte, è una deriva statalista e autoritaria pericolosa. Da sempre le donne, ma anche gli uomini, si sono battuti affinché le proprie scelte sessuali e le scelte che riguardano il proprio corpo devono essere soggettive non normate o vietate dallo Stato. Questo porterebbe ad una deriva pericolosa. Dire che qualcosa è immorale ed è anche illegale (riferendosi al caso specifico) è fuori luogo”.
Bisognerebbe differenziare chi viene sfruttata e chi lo decide liberamente, infatti “noi abbiamo delle leggi in merito allo sfruttamento. E’ del 1997 la legge 40 sull’Immigrazione , dopo nel 2003 la legge contro la schiavitù. Noi abbiamo già queste leggi in Italia e possono essere applicate – afferma Pia Covre – L’azione viene concentrata in particolare modo sulle prostitute mentre coloro che le sfruttano la scampano sempre. Il problema poi è la mancanza di fondi poiché stiamo parlando di indagini complesse. Le condanne sono troppo poche, ce lo rimprovera anche l’Europa. Si dovevano fare leggi che permettevano di snellire le indagini, quindi rogatorie veloci, bloccare i capitali all’estero, queste non sono state fatte perché non convenivano a coloro che stavano al Governo. Ma erano necessarie contro la criminalità e la tratta”. “Molto semplicemente si dice che non si può legalizzare lo sfruttamento. Ma nessuno chiede di legalizzare lo sfruttamento. E’ ovvio che se viviamo in un Paese dove è endemica la piaga dello sfruttamento dei lavoratori in generale e della non affermazione dei loro diritti, perché c’è gente che fa finta di non vedere o altri che guadagnano sopra queste forme di sfruttamento, mi chiedo se ci arriveremo mai”.
L’idea della Covre è molto semplice, “Regolamentare il concetto di lavoro. Credo che vada riconosciuto il lavoro. Dare pochissime regole e lasciare che il mercato si organizzi”. A livello europeo però “c’è una grande pressione da parte del nord Europa e delle femministe svedesi, che hanno fatto una legge per criminalizzare i clienti e che vorrebbero vederla applicata in tutta Europa. Ci sono delle politiche, in paesi come la Svezia, che nascono all’interno di una cultura femminista che considera la prostituzione come violenza, e quindi ritengono che vada proibita. Hanno deciso di puntare il dito contro i clienti. Sono riuscite a far passare una legge di questo tipo, La Lobby delle Donne Europee. Hanno un ufficio stabile a Bruxelles e sono quelle che cercano di avere la maggior presenza all’interno della Commissione sui diritti. Hanno fatto passare un emendamento che considera la prostituzione violenza e pretendono che i Paesi debbano ridurre la domanda di prostituzione, il rapporto Honeyball. Abbiamo fatto di tutto per fermarlo, ci siamo riuscite in passato ma questa volta no. Pretendono, inoltre, che l’Olanda e la Germania cancellino le loro leggi in merito alla prostituzione”.
Però qualcosa si sta muovendo, come detto prima, “ha fatto una proposta coraggiosa all’interno del suo partito dove ci sono dei sepolcri imbiancati. Credo che la sua proposta sia troppo elaborata (Spilabotte), bisognerebbe lavorarci sopra e trovare delle mediazioni. Fare una legge complessa e difficilmente applicabile, anziché legittimare il lavoro potrebbe, diventare una legge su cui si creino persecuzioni (come l’obbligo dei registri Iva). Dentro alla legge ci sono vari regolamenti previsti che è facile infrangere. Da una parte si legalizza la prostituzione e dall’altra parte ci sono delle sanzioni che vanno assimilate (fiscalmente parlando)”.