Applicazione delle Teorie Quantistiche: la Turchia
Se utilizziamo lo Stato-Nazione come un principio organizzante per l’era moderna (riconoscendo la prevalenza di confini artificiali e l’esistenza di Nazioni senza Stato e Stati senza azione) le possibilità di evoluzione di uno Stato sono potenzialmente infinite. Ciononostante, si possono stabilire percorsi probabili per abbozzare un quadro futuro.
Il primo passo è identificare delle costanti certe che abbiano contribuito a formare il comportamento di una Nazione nel tempo, a prescindere dalle personalità e dalle ideologie (la necessità di conquistare un accesso al mare, un territorio montagnoso che richiede una grande somma di capitale per trasportare beni da un punto A ad un punto B, un terreno fertile che attrae molta concorrenza in quanto garantisce benessere, etc.). La storia delle Nazioni serve come laboratorio per testare quanto esse abbiano perseguito queste necessità e quali circostanze abbiano tracciato il loro percorso. Quali condizioni erano in gioco per determinare prosperità o decadenza, per evitare di rimanere coinvolti nella collisione con stati più grandi, per vivere in relativa pace? Gli eventi del passato e tutto quello che conosciamo va considerato e arricchito di aneddoti presi dalla letteratura, dalla poesia e dalle canzoni, per abbozzare così un’immagine del presente piena di colori ma strutturata sul passato. Qui viene la parte difficile: avere il coraggio di osservare il futuro con abbastanza disciplina per vederne i limiti e abbastanza immaginazione per scorgerne le possibilità. Utilizzando questa metodologia, l’estrapolazione può risultare fatale e una inutile ossessione per le conoscenze attuali può rendere ciechi.
Prendiamo come esempio la Turchia. Per anni abbiamo sentito le élite politiche degli Stati Uniti, dell’Europa dell’est e del Medio Oriente lamentarsi di una Turchia ossessionata dall’islamismo e incapace, o priva della volontà, di rapportarsi con le concorrenti locali, Iran e Russia. La Turchia è stata considerata una pedina geografica troppo consumata dai guai domestici e troppo ideologicamente ben disposta nei confronti dei gruppi islamici per poter essere utile all’Occidente. Ma la rinascita della Turchia potrebbe non seguire un percorso lineare. Ci sono state varie increspature e svolte lungo la via, le quali hanno distorto la percezione di una Nazione il cui ruolo è, in fin dei conti, profondamente segnato dalla propria posizione geografica di terra-ponte tra Europa e Asia e di spartiacque tra il Mar Nero e il Mediterraneo.
Com’è possibile, allora, spiegare gli accadimenti delle ultimissime settimane, giorni durante i quali la Turchia ha lanciato attacchi aerei alle Forze di Stato islamiche e ai ribelli curdi mentre si preparava ad estendere la zona cuscinetto nel nord della Siria -azioni in forte contrasto con la timida Turchia alla quale il mondo è abituato? Bisogna osservare il passato remoto, quando Alessandro Magno passò attraverso le Porte della Cilicia per reclamare un porto naturale nell’est del Mediterraneo (la città eponimo di Alexandretta, attualmente conosciuta come Iskenderun) e l’antica città di Antioch (Antakya) quale apertura verso la fertile valle del fiume Oronte e oltre fino alla Mesopotamia. Passiamo poi al momento in cui Seljuk Turks conquistò Aleppo nell’XI secolo, per arrivare alla decadenza dell’Impero Ottomano all’alba della Prima Guerra Mondiale, quando una giovane Repubblica Turca utilizzò tutta la forza diplomatica in suo possesso per riprendere i territori strategici di Antioch e Alexandretta, i quali oggi costituiscono la provincia di Hatay e delimitano il confine tra Siria e Turchia.
È necessario, però, anche osservare il presente. Una mappa attuale del confine tra Siria e Turchia può sembrare alquanto strana, con la sporgenza della provincia di Hatay ancorata al Golfo di Iskenderun ma che guarda a est come se volesse estendersi verso Aleppo, il fulcro storico del commercio di Levante e oltre, attraverso le terre Curde verso il nord dell’Iraq, dove il ricco petrolio di Kiruk giace in quella che una volta era la provincia ottomana di Mosul.
Proviamo allora a guardare verso il futuro. L’interesse turco verso il nord della Siria e il nord dell’Iraq non è un’astrazione innescata da un gruppo di fanatici religiosi che si autoproclamano Stato Islamico; è la tangente, l’intersezione e il sostegno di multiple lunghezze d’onda geopolitiche che creano un’invisibile forza su Ankara per ri-estendere i confini ufficiali, e non, della Turchia al di là dell’Anatolia. Per capire semplicemente quanto si estenderà la Turchia e in quale punto si ritirerà nuovamente, dobbiamo esaminare le lunghezze d’onda provenienti da Baghdad, Damasco, Mosca, Washinton, Arbil e Riyadh che si intersecano tra loro. Finché la Siria sarà divorata dalla guerra civile, la sua lunghezza d’onda sarà troppo debole per interferire con le ambizioni turche nel nord della Siria, ma un Iran riabilitato potrebbe interferire attraverso il Kurdistan e bloccare la Turchia più a est. Gli Stati Uniti, intenzionati a ridurre i propri fardelli nel Medio Oriente e a trovare un equilibrio con la Russia, rinforzeranno la lunghezza d’onda turca fino ad un certo punto, mentre frequenze più alte provenienti da altri attori sunniti quali l’Arabia Saudita costituiranno un’interferenza contro la Turchia in Mesopotamia e a oriente. Mentre la Russia continua ad avere la capacità di inviare forze militari all’estero, le mosse della Turchia in Europa e nel Caucaso si limiteranno a sfiorare la Russia per qualche tempo, ma questa dinamica cambierà quando la Russia sarà consumata dalle proprie spaccature domestiche e la Turchia avrà più spazio per estendersi attraverso le regioni del Mar Nero.
Pensare senza limiti
Quest’immagine della Turchia non è statica o deterministica, è semplicemente, in maniera critica, il prodotto dell’aver posto un filtro sulla lente per mettere più a fuoco la traiettoria di uno Stato. Le supposizioni che formiamo devono essere verificate ogni giorno da conoscenze in entrata che possono condurre a perfezionare le previsioni a portata di mano. Un’interpretazione quantistica del mondo ci mostra che nulla è deterministico e che non possiamo prevedere con certezza se un dato risultato accadrà o no basandoci sulle informazioni limitate che possediamo. Possiamo solo assegnare una probabilità che qualcosa accada e questa probabilità si evolverà nel tempo. Come sostiene Stephen Hawking «Sembra che Einstein fosse… in errore quando affermò ‘Dio non gioca a dadi’. Non solo Dio gioca sicuramente a dadi, ma ci confonde tirandoli dove non possono essere visti».
Possiamo applicare lo stesso processo agli alti e bassi dell’Estremo Oriente, dove il rinascente Giappone reagisce all’eco della potente Cina e la Corea divisa artificialmente è schiacciata tra queste due potenze. O al tira e molla nel continente europeo tra Francia e Germania quali forze centripete per l’amalgama del progetto UE.
Troppo spesso, conclude Bhalla, cerchiamo di guardare al futuro come osserviamo il passato -attraverso la lente distorta dal presente. Questa è una carenza del nostro istinto umano che dovremmo cercare di colmare: i limiti vanno applicati e le probabilità assegnate. Ma in qualsiasi tempo, direzione o dimensione stiamo operando quando facciamo previsioni sugli eventi geopolitici, dobbiamo ragionare come se osservassimo contemporaneamente il passato, il presente e il futuro se vogliamo prepararci ad un mondo che dobbiamo ancora conoscere.
Traduzione di Manuel Marini