Come nelle antiche favole, nelle quali si narravano le gesta di sovrani, che celando la propria vera identità si mescolavano con il popolo, per ascoltarne e comprenderne le più profonde necessità, anche dell’autorità spirituale per eccellenza del mondo cattolico, il Papa, si cominciano a vociferare cose analoghe. Queste leggende romane metropolitane, che stanno andando di bocca in bocca, narrano con tratto favolistico, del Papa Francesco, che dissimulando la sua identità, esce nottetempo, dalle Sacre mura, per andare a fare delle opere di bene, a favore dei più sfortunati della capitale. Ovviamente, non è in questione appurare la veridicità o meno di questa ‘voce’, un’aspetto della fascinazione delle leggende metropolitane e non, consiste proprio in questo. L’aspetto che balza agli occhi, è che proprio il comportamento tenuto da Papa Bergoglio, fin dal suo insediamento, ha reso fertile un terreno di fantasie (?), che non potevano non prendere corpo che in tali guise.
Per i credenti, il freddo tipico delle festività natalizie, sarà sicuramente mitigato, dal calore della grande capacità comunicativa di Papa Francesco. Il vicario di Cristo, arrivato da terre lontane, ricche di scoppiettante vitalità, che Il Papa ha ereditato in pieno, e che promana da ogni suo atteggiamento. Il Pontefice, come costruttore di ponti, ne stà costruendo molti, in più direzioni, ma quello che risalta con maggior vigoria è quello che sta, con tenace entusiasmo, costruendo nei confronti degli ultimi, degli esclusi. Detto così, appare come un naturale, e scontato adempimento, inerente alle prerogative stesse dei successori di Pietro. Far ciò in un momento storico, come quello attuale, riporta tutti alle cose vere e importanti della vita. E’ un evidente rimessa in discussione di tanti falsi miti, che hanno costellato, la storia degli ultimi decenni. E’ come se il Papa, ci riportasse a considerare in una luce diversa, situazioni nelle quali ci eravamo tutti un poco adagiati, per pigrizia e per non scomodare le nostre coscienze.
La ricchezza e il denaro, nella visione che ci propone Papa Francesco, tornano a essere accessori dell’esistenza. Al centro, ritorna, finalmente e giustamente, l’essere umano. Non si tratta, a mio avviso, di semplice spirito di carità. Ritengo che sia la rimessa in discussione di tutto un modello di sviluppo che, come tutti, purtroppo, possiamo vedere, ci sta travolgendo. Non l’utile, ma la solidarietà è il motore della storia, sembra suggerirci il Pontefice. E questo penso sia un regalo di inestimabile valore che credenti e non, possono trovare sotto l’albero in questo primo Natale di Magistero di Papa Francesco. Questo ritornare all’essenzialità delle cose, e dei comportamenti, come tutte le cose autentiche, e quindi per certi versi antiche, costituisca un bagno di rigenerante umiltà per tutti. Cominciando da certi esponenti della Gerarchia Ecclesiastica, fin qui forse troppo indulgenti nei confronti di alcuni modelli ‘sopra le righe’, offerti dal sistema occidentale.
Mi verrebbe da definire, da quanto si è visto finora, il Pontificato di Francesco, come il Pontificato del ‘calore umano‘. E in momenti di forti sbandamenti, di certezze pubbliche o private, dove la ‘crisi di senso’, coinvolge tutti in qualche misura, dona un ristoro spirituale. Risulta l’agire di Papa Francesco, nettamente differente, rispetto all’operato del Suo predecessore. Ritengo ciò, una cosa giusta. Nella sua saggezza millenaria, la Chiesa, ha dimostrato, come sempre, la lungimirante prontezza per offrire ai suoi fedeli, la risposta più adeguata alle urgenze del momento. E di urgenze, cui dovere fare fronte, ce ne sono veramente molte. Da un verso sul fronte interno dell’organizzazione e della gerarchia della Chiesa stessa. Non si possono facilmente dimenticare, le inaspettate quanto impensabili dimissioni di Papa Ratzinger dal Suo incarico. Chiaramente quell’evento non può essere derubricato, a ‘stranezza’ o ‘capriccio’, dello stesso Ratzinger. Per un uomo di Fede e di raffinati saperi, di quella portata, ciò che si è trovato di fronte nell’affrontare la vita della Chiesa, deve essergli apparso rispetto alle Sue forze, e ai suoi talenti, di una difficoltà per Lui insormontabile. La sua scelta, evidentemente ponderata più che a dovere, ha sbigottito il mondo sia quello dei credenti, che quello dei non credenti. Un atto di grande coraggio e misericordia, nei confronti della vasta comunità cattolica. Per giungere a compiere un tale gesto, vuole dire che la situazione gli era sembrata veramente disperante. Ma quel crinale, che sembrava potesse imboccare, la Chiesa, portandola a disfacimento, è stato con successo sventato.
Natale è la Festa di una Natività, quella di Gesù, sarebbe fin troppo facile fare un parallelo tra questo evento e la rinascita della Chiesa con il nuovo pontificato. Nel corso della sua esistenza secolare la Chiesa ha mostrato al mondo la sua ‘miracolosa’ -è proprio il caso di dirlo- capacità di non rinnovarsi, ma rigenerarsi, che è cosa di grande rilievo. I ‘rinnovamenti’, appartengono alla stagione delle mode. Le ‘rigenerazioni’, hanno necessità di ‘potature’ e nuovi ‘innesti’, per il ciclo vitale dell’Ente su cui si interviene. Tanti orpelli e rami secchi stanno cadendo in quest’autunno di sfarzo mondano, che grazie all’essenzialità del Papa argentino, la Chiesa sta vivendo.
Più che ‘credente’, categoria troppo impegnativa e pesante, per le mie spalle, riesco a definirmi uno ‘sperante’. Proprio alla luce di questo, sono rimasto molto scosso e emozionato, nel vedere Papa Francesco, abbracciare con estrema disinvoltura, senza ombra della minima esitazione, il corpo completamente devastato da dolorosissime pustole, di un uomo afflitto da una rarissima quanto crudele malattia. A causa del suo stato quell’uomo era completamente sfigurato.
Nell’abbraccio che il Papa ha dato a quell’infelice, ho trovato una grande propellente al mio ‘sperare‘. Si sogna un poco tutti, di essere accolti e amati per quello che si è, e sappiamo quanto questo traguardo sia difficile da raggiungere. quell’abbraccio, mi ha fatto capire, che non è un traguardo impossibile. Partendo da cose essenziali, quali l’umiltà e la costante consapevolezza della nostra finitezza, si può fare. Quell’abbraccio è il regalo più bello che troverò sotto l’albero, che sarà completamente illuminato da questo gesto. Da ‘sperante’ non si potrebbe passare un Natale migliore. Per arrivare alle certezze, ho un cammino ancora lungo da fare. Ma si può fare. Grazie Papa argentino.