martedì, 21 Marzo
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Perù, la corsa alla presidenza, ritorno al fujimorismo?

E’ da marzo che in Perù tutte le attenzioni sono rivolte alle elezioni presidenziali. Non solo per il fatto che Keiko Fujimori, figlia dell’ex dittatore Alberto Fujimori, è data per favorita tra gli aspiranti Presidenti, ma anche perché già a un mese prima del voto, molti sono stati i dibattiti e i ricorsi alla Commissione interamericana dei Diritti Umani (CIDH) per via dell’esclusione di alcuni candidati dalla corsa elettorale. L’escluso che ha fatto più discutere è stato Julio Guzmán che, secondo i sondaggi, sarebbe stato il secondo candidato a pochi punti percentuali dalla favorita Fujimori. Guzmán è stato accusato di aver violato le norme di democrazia interna del proprio partito. Oltre a Guzmán poche settimane prima dell’inizio dei comizi è stato escluso dai giochi elettorali anche l’imprenditore César Acuña per aver distribuito in modo sospetto del denaro durante la propria campagna. Le richieste di esclusione, complice la nuova e criticata legge elettorale, non hanno risparmiato nessuno; in effetti il Giudice speciale per le elezioni ha ricevuto circa 40 domande in questo senso, tra cui alcune riferite anche alla favorita Fujimori e al suo diretto rivale Pedro Pablo Kuczynski. Entrambi, comunque, sono stati dichiarati in linea coi regolamenti elettorali e hanno potuto continuare la propria corsa alla presidenza.

Queste esclusioni avvenute a così poche settimane di distanza dai comizi hanno preoccupato gli osservatori elettorali dell’Unione Europea e dell’Organizzazione degli Stati americani in quanto non sarà facile informare nel modo giusto tutti gli elettori che non tutti i candidati saranno votabili, ciò è ritenuto molto grave in un Paese in cui il voto è obbligatorio. Nel frattempo migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade per chiedere l’esclusione di Fujimori dalla corsa elettorale a causa di un sospetto uso illegittimo del denaro durante la sua campagna.

Ad ogni modo le elezioni del 10 aprile hanno visto un testa a testa tra Keiko Fujmori, candidata del partito Forza Popolare, che ha ottenuto il 39,85% dei voti, e Pedro Pablo Kuczynski che si è candidato con il Movimento peruviano per il cambiamento appoggiato dal 21% degli elettori. Da segnalare anche il risultato inaspettato di Veronika Mendoza, esponente della sinistra radicale che con il 18% si è piazzata al terzo posto. Ad ogni modo, per la legge del Perù, se nessuno supera il 50% bisogna passare al ballottaggio, previsto per il 4 giugno prossimo. Nel secondo turno, dunque, si assisterà a un testa a testa tra Fujimori e Kuczynnski, sfida che secondo gli analisti porterà a un risultato tutt’altro che scontato. Nonostante la figlia dell’ex dittatore sia data per favorita, infatti, sono ancora molti i peruviani che si oppongono alla politica autoritaria del padre. La candidata di Forza Popolare, da parte sua, ha firmato un documento in cui si impegna a non governare con i metodi autoritari usati dal padre, ha promesso di assegnare all’opposizione il controllo dei servizi segreti e ha garantito che si occuperà delle riparazioni economiche alle centinaia di migliaia di donne indigene sterilizzate nel periodo del Governo paterno.

Fujimori comunque continua a sostenere l’innocenza del padre e ad appoggiare alcune sue politiche, tra cui il sostegno al libero mercato e l’approccio conservatore sul tema delle tasse, la costruzione di prigioni di alta quota sulle Ande per isolare i criminali più pericolosi (pare anche che sia favorevole alla pena di morte per alcuni reati gravi) e gli investimenti sulle infrastrutture utili al Paese.

Anche Kuczynski, comunque non è ben visto da una parte del Paese, soprattutto tra le fasce più povere in quanto accusato di essere stato per troppo tempo lontano dal Perù (ha passato metà della sua vita negli Stati Uniti). Vista la sua condizione di milionario il candidato del Movimento per il cambiamento trova il maggior appoggio tra le fasce medio-alte della società peruviana. La paura degli oppositori è che Kuczynski possa favorire le lobby straniere nella gestione delle risorse minerarie del Perù.

Per quanto riguarda la sinistra, nonostante il buon 18% di Mendoza, che tutti gli analisti considerano essere il personaggio giusto per una sinistra più credibile di quella che aveva portato al potere l’attuale presidente Ollanta Humala, la sconfitta è imputabile alla frammentazione delle forze in campo. Tanti piccoli partiti, ognuno col proprio candidato, hanno affossato qualunque possibilità di vittoria del fronte ‘rosso’, quasi a dimostrare la sconfitta di quella ‘marea rossa’ che, nata nel 2000, portò al potere in tutta l’America Latina molti Presidenti di sinistra.

Ad ogni modo l’attenzione adesso è spostata sulla campagna elettorale precedente al ballottaggio. La strategia di Kuczynski sarà senza dubbio quella di sfruttare l’antifujimorismo per attirare i voti della destra moderata. Inoltre, tra i due candidati è anche quello che più facilmente otterrà l’appoggio dai sostenitori della sinistra (per lo meno quella moderata) rimasti orfani dei propri leader. Fujimori, dal canto suo, ha ottenuto un maggiore appoggio dalle fasce più povere della popolazione e sta cavalcando l’onda del populismo.

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