La sua casa era il Teatro Niccolini, ove ha fatto anche la sua ultima apparizione a Firenze, poco tempo prima di finire probabilmente come lui stesso ipotizzava, in Purgatorio tra i lussuriosi – quelli col peccato per cui Cesare si sentì chiamare Regina durante i suoi trionfi– oppure all’Inferno, dove avrebbe desiderato conversare con Brunetto Latini. Ma è al Teatro dell’Opera, quello del Maggio, che è stata allestita una singolare Mostra dedicata a Paolo Poli, e che richiama l’attenzione del pubblico su questo straordinario artista che qualcuno ha definito un genio fiorentino. Per la verità, per Paolo Poli ( nato a Firenze il 23 maggio 1929 e morto a Roma il 25 marzo 2016), la critica, più o meno benevola, ha coniato ben 586 appellativi (uno dei due curatori della Mostra il critico Rodolfo di Giammarco si è preso la briga di elencarli!) : genio fiorentino, attore, regista, trasformista , scrittore, allegro, beffardo, aristocratico, birbaccione, dissacratore, eclettico, iconoclasta, impudico, insolente, narcisista, raffinato, satirico, ridondante e tanti altri, ma è chiaro che questi colgono una delle tante sfaccettature di questo artista multiforme che ha lasciato un segno profondo della sua intelligenza e del suo spirito critico e pungente sia nella storia del nostro teatro che della tv. La singolarità di questa mostra sta nel fatto che essa si snoda in larga parte nel foyer della platea del Teatro, ove 40 monitor, uno per ogni spettacolo che Poli ha realizzato dal ’50 al 2014, fanno rivivere allo spettatore i 64 anni di progetti e attività teatrale dell’artista. Sugli schermi scorrono loop di immagini, video, bozzetti di scene di Eugenio Guglielminetti, Anna Anni, Aldo Buti; bozzetti di costumi di Santuzza Calì, Danda Ortona; locandine e poster. Ogni visione, ogni ascolto si rivela sorprendente, a dispetto del tempo trascorso: la mimica strepitosa, la voce culla e irride. E talvolta graffia, prendendosi gioco ora dell’Italietta frou frou, di quella oscurantista e baccchettona, come di quella intrisa di retorica patriottarda e fascistoide, o drammoni ( tipo La nemica di Nicodemi). E che dire di quella pièce su Rita da Cascia (1964) che fu proibita? A Pino Strabioli (Sempre fiori mai un fioraio, il titolo del bel libro), Poli dichiara la propria innocente perfidia, giusto per ricordare l’effetto che ebbero su di lui le recite parrocchiali fatte da piccolo, nessuna intenzione d’irridere alla religione. Ma i suoi “modelli” erano altri: San Francesco, madre Teresa, don Milani, che ha conosciuto facendo il gioco dei burattini ai bambini della sua parrocchia. Un uomo eccezionale. In quei video troviamo anche molta tv. Quella che cominciò a fare a Milano, chiamato da Enzo Tortora, città dove si era trasferito da Genova, la prima dopo aver lasciato Firenze negli Anni ’50. Nella sua città, era cresciuto, si era laureato ed aveva insegnato ( tanto per campare) il Francese, aveva mosso i primi passi in un teatrino in cui c’erano anche Alfredo Bianchini (il suo maestro), Beppe Menegatti, Ilaria Occhini e Ferruccio Soleri. A Roma invece si trasferì prima per il cinema poi per la tv ( all’inizio dormiva a casa della sue Quattro Regine: Bianchini, Zeffirelli,Bolognini e Tosi). Tutti toscani. Ma è bene che ognun veda i video e la Mostra, che si sviluppa in vari spazi teatrali. Nel foyer troviamo anche alcune delle sue più emblematiche ed enormi scenografie (realizzate da Lele Luzzati e Lorenzo Tornabuoni) che calano dal soffitto restando sospese nel vuoto. Ma non finisce qui, la mostra, definita anche come un album da sfogliare, si sviluppa nel foyer della galleria dove troviamo un Paolo Poli gigante, proiettato su una volta alta 6 metri e dove si ricorda anche il Poli interprete ( e riscopritore) della canzone italiana del ‘900. A lui fu conferito nell’84 il Premio Luigi Tenco. Infine, sia come interprete che come riscopritore/operatore culturale, uno spazio è riservato nella saletta Aldo Palazzeschi, che può ospitare, di volta in volta, una piccola platea di una trentina di persone che possono seguire i video nei quali Paolo Poli recita una selezione delle più belle poesie del poeta e scrittore fiorentino, da lui particolarmente apprezzato e recitato fin da ragazzo. Questo per ricordare il prezioso lavoro che Paolo Poli ha fatto sul linguaggio e sulla lingua italiana. A Paolo Klun, responsabile della comunicazione del Teatro dell’Opera, e presentatore della serata inaugurale, chiedo:
Com ‘è nata l’idea di questa Mostra, peraltro doveroso omaggio ad un artista nato a Firenze e, sebbene si fosse da tempo trasferito a Roma, particolarmente legato alla sua città?
E’ nata da un desiderio dei familiari, della sorella Lucia e di suo figlio, il 34 enne Andrea Farri, apprezzato musicista di colonne sonore per il cinema, e legato allo zio da grande affetto, ricordare ad un anno dalla scomparsa l’artista, con una Mostra importante, multimediale, in un luogo prestigioso, che avesse un corridoio per l’esposizione dei 40 monitor. E il Sindaco Dario Nardella, che è anche Presidente della Fondazione del Maggio Musicale ha immediatamente accolto il desiderio della famiglia, proponendo il Teatro dell’Opera, che Paolo Poli aveva cominciato a frequentare e ad amare, come anche il vecchio Teatro Comunale, e che rappresenta oggi un “porto culturale” uno spazio polivalente, un luogo di spettacolo, di musica, d’arte figurativa e di recitazione. La famiglia ha accolto con entusiasmo l’idea che si è rapidamente concretizzata e che è stata resa possibile dalla collaborazione tra Mibact, Comune di Firenze e Maggio Musicale. La mostra-album rientra nel cartellone dell’Estate Fiorentina, ed è curata dal critico teatrale Rodolfo di Giammarco e dal compositore Andrea Farri, nipote di Poli.
Immagino che altrove sarebbe stato difficile trovare un luogo espositivo altrettanto prestigioso e con simili spazi. Quello che vediamo è dunque un Paolo Poli a tutto tondo, anche se – ne conviene Paolo Klun – per ragioni di spazio non si sono potuti esporre i costumi di scena, che sono una peculiarità del lavoro teatrale dell’artista. Ma li possiamo vedere nei bozzetti e nei video, la cui durata va dal minuto ai dieci minuti. E ci offrono una visione eccezionale del percorso artistico di Poli. Alla serata inaugurale erano intervenuti, oltre al Sindaco Nardella e al sovrintendente del Maggio, Cristiano Chiarot, anche Stefano Benni e Stefano Bollani, nonché i due curatori, Rodolfo di Giammarco e Andrea Farri. Presente anche Lucia Poli e una rappresentanza del mondo dello spettacolo teatrale fiorentino. Che cos’è questa mostra – al di là della breve descrizione che se ne è qui fatta -l’ ha spiegato bene il nipote, Andrea: Paolo, che non ho mai chiamato zio, è stato tutto per me. Un padre e una madre. Appena poteva, mi rapiva, e trascorrevamo molto tempo insieme. Ho seguito lui e mia madre (l’attrice Lucia Poli) a lungo in tournée. A cominciare dallo spettacolo Cane e gatto, che mi fu dedicato. Ad Andrea, Poli ha lasciato in eredità il suo archivio: un magazzino carico di costumi, copioni, foto, bozzetti, scenografie di Lele Luzzati, Aldo Buti, Lorenzo Tornabuoni, i costumi di Santuzza Calì, tanto di quel materiale che ci aiuta a ricostruire una storia straordinaria, irripetibile, che ha un suo peso specifico nel teatro italiano del Novecento. Questa storia bisognava raccontata il prima possibile, perché il rischio è l’oblio. Così è nata la mostra, proprio nella città da cui Paolo non si è era mai staccato, neanche nei suoi anni romani, e a cui si era riavvicinato negli ultimi tempi, tornando a vivere a Rifredi. Farri lo dice chiaramente: Firenze sarebbe l’ubicazione più opportuna di questo tesoro della memoria, a patto che gli venga data una sede e una conservazione adeguata. Già, un Teatro a lui intitolato ( perché non il Niccolini che è stata la sua casa per tanti anni?) o un Museo, un luogo a lui dedicato, com’è avvenuto per Zeffirelli ? Ma in quel caso molto ha fatto la Fondazione che porta il suo nome: e questa potrebbe essere una strada da tener presente. Questo è il sogno. Ma dalla sua scomparsa ad oggi qualcosa d’importante e significativo è stato fatto: sia il Niccolini che la Pergola gli hanno intitolato una sala ciascuno e ora è in pieno svolgimento questa Mostra strutturarla in maniera da soddisfare le esigenze di chi già conosceva l’immenso lavoro di Paolo Poli, ma anche avvicinare quel pubblico giovane che è entrato in contatto in extremis con la sua arte: un pubblico a cui lui teneva molto. Una mostra-compitino – è sempre il nipote che parla – non sarebbe piaciuta alla sua irriverenza, a tutti i suoi modi d’essere: uomo, donna, comico, tragico, omosessuale dichiarato fin dai tempi più bui eppure in aperto contrasto con l’associazionismo e con riti e miti della comunità gay: considerava il Pride una carnevalata, e una contraddizione il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Una Mostra che si sfoglia come un album, composto di tanti elementi, che sarà visibile fino al 6 gennaio 2018. Godiamocela.
Per concludere ho chiesto a Stefano Bollani quale sia l’ immagine che di Paolo Poli porta dentro di sé.
Quella di un artista che ha sempre fatto ciò che ha voluto, che ha perseguito la propria libertà d’espressione e di critica, un anticonformista…sì una persona libera…è la prima idea che mi son fatto di lui…al quale ho voluto dedicare, così per gioco, una canzoncina d’altri tempi …molto, molto allusiva…che gli sarebbe piaciuta.
Quanto al Teatro dell’Opera, che ha accolto questa idea della Mostra con entusiasmo, chiedo a Klunt se seguiranno analoghe iniziative espositive.
Il nostro non è un museo, è un teatro polifunzionale e quest’evento eccezionale potrebbe essere una sorta di prova generale del futuro Museo del Maggio. L’idea del Sovrintendente Chiarot è infatti quella di realizzare il MuMa, ovvero il Museo del Maggio, attingendo dal ricco patrimonio costituito da scenografie, bozzetti, figurini, costumi di scena, partiture ed al copioso materiale prodotto nel corso degli anni dal Teatro. Non è un’operazione semplice l’organizzazione di un simile museo, ma è questa la direzione in cui intende andare il Teatro. Ancora è presto per parlare di date inaugurali, l’auspicio è che già nel 2018, qualche passo concreto possa vedersi. La stessa struttura architettonica costituisce un elemento d’attrazione, che il pubblico sente già più vicina. E poi, l’attività del teatro, il cartellone stesso, le politiche verso i giovani e la scuola, il contenimento dei prezzi, il Maggio metropolitano, che vede la presenza dell’Orchestra in vari Comuni del territorio fiorentino (nelle chiese, nelle case del popolo, nelle biblioteche, ecc.) stanno dando ottimi risultati, avvicinando un pubblico nuovo. Per cui nella prossima stagione si amplierà il numero dei comuni dell’area metropolitano che vedranno la presenza del Maggio itinerante.
In effetti, la partecipazione del pubblico, tra cui molti giovani che scoprono la lirica, i balletti, i concerti, è notevolmente cresciuta: in vari casi si segnala il tutto esaurito, come per questa edizione della Traviata di Giuseppe Verdi, cui è stata data un’ambientazione felliniana, un set dello studio 5 di Cinecittà, densa di citazioni da 8 e ½, La strada, Amarcord e La Dolce vita. In chiave moderna anche le letture registiche de La sonnambula di Vincenzo Bellini e de Il giuocatore di Luigi Cherubini. Così’ come un’ambientazione country con tanto di cabriolet in scena si era avuta per L’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti. Vivo interesse anche per gli incontro col pubblico. E in questa nuova vita del Maggio rientra a pieno titolo la novità del MuMa.