New York scalda i motori per l’elezione del nuovo Segretario generale delle Nazioni Unite. A pochi giorni dalla chiusura della 70esima Assemblea generale, il Palazzo di Vetro dà il via alla delicata fase di rinnovo del vertice della diplomazia mondiale. Il mandato dell’attuale Segretario si concluderà solo il 31 dicembre del 2016, ma intanto si preparano i giochi, si decidono nuove regole, si lavora agli endorsement internazionali e -visto che siamo in terra di veti- si prevedono anche bocciature per i candidati di parte. Il ‘toto-nomi’ è già partito. Molte associazioni premono per un candidato donna, ma la decisione finale dipenderà molto dalla sintonia che troveranno Stati Uniti e Russia.
Il prossimo anno toccherà al nono Segretario ONU, il «più alto funzionario amministrativo dell’Organizzazione», come ricorda l’articolo 97 della Carta, nonché figura chiave della diplomazia internazionale e contatto politico per eccellenza nel rafforzamento dei diritti umani. Un grande privilegio, quello di sedere sulla sedia più alta del Palazzo di Vetro, ma anche una grande responsabilità. Mai come in questi ultimi mesi, ad esempio, il ruolo e la funzione dell’attuale capo ONU Ban Ki-moon sono stati reclamati per risolvere la tragica questione dei migranti e dei rifugiati a fronte della negligenza o dell’intolleranza delle politiche nazionali. Ruolo di equilibrio, quindi, e di imparzialità nel ricucire gli strappi tra i Paesi. Come aveva detto l’ex Segretario generale Dag Hammarskjöld, «le Nazioni Unite non sono state create per portarci in paradiso, ma per salvarci dall’inferno».
Un impegno che non si arresta nemmeno con l’approssimarsi della scadenza, tant’è che questa settimana il capo della diplomazia mondiale sarà in Italia per alcuni incontri istituzionali – tra cui quello col capo dello Stato Sergio Mattarella, e quello per la cerimonia organizzata alla Camera dei Deputati sul sessantesimo anniversario dell’adesione dell’Italia alle Nazioni Unite. Infine, chiuderà la sua missione italiana presso EXPO Milano 2015, il 16 ottobre, per prendere parte alle celebrazioni del World Food Day. Giornata, quest’ultima, in cui verrà consegnata a Ban Ki-moon anche la Carta di Milano.
È vero che manca più di anno alla scadenza naturale del mandato del sudcoreano, nominato il 1° gennaio 2007 e rieletto all’unanimità per un secondo mandato il 21 giugno 2011, anche se ufficialmente iniziato il 1° gennaio 2012: decisione, quindi, che è arrivata ben sette mesi prima dell’ottenimento dei pieni poteri. Il che spiega perché a New York e nelle capitali del mondo già si sprecano le proposte per il prossimo inquilino a Palazzo di Vetro, di cui -stando a quanto ci raccontano fonti diplomatiche- si conoscerà il nome il già a maggio del 2016, e che entrerà in carica il 1° gennaio del 2017.
Il processo di selezione è piuttosto semplice: la nomina avviene da parte dell’Assemblea generale su proposta del Consiglio di sicurezza. Ma la fase preparatoria comporta qualche passaggio in più: a gennaio dovrebbe partire una lettera a firma dell’attuale presidente dell’Assemblea generale, il danese Mogens Lykketoft, firmata insieme al prossimo Presidente del Consiglio di sicurezza (che secondo la turnazione mensile in ordine alfabetico dovrebbe spettare a un venezuelano o a un angolano). Nella missiva si chiederà ai capi di Stato e di Governo di indicare il proprio candidato. Seguirà, quindi, una scrematura, e poi le audizioni dinanzi a commissioni di esperti, in modo da valutarne abilità diplomatiche e conoscenza delle relazioni internazionali. I più forti nelle competenze e negli endorsement arriveranno alla fase finale.
Quanto alla durata, invece, non esiste alcuna regola scritta. Vi sono piuttosto delle raccomandazioni che suggeriscono di eleggere un candidato per un periodo di 5 anni, con possibilità di rielezione (a oggi solo l’egiziano Boutros Boutros-Ghali, eletto dal 1992 al 1996, non ha ricevuto un secondo mandato, a causa del veto degli Stati Uniti). Dal 1962, infatti, il Segretario generale in carica ha sempre portato a termine il mandato, a eccezione del norvegese Trygve Lie, che si dimise nel 1952, dello svedese Dag Hammarskjöld, che morì nel 1961 in un incidente aereo, di U Thant, originariamente eletto per la durata del mandato residuo di Hammarskjöld, riconfermato per quattro anni e successivamente per un terzo mandato dal 1° gennaio 1967 al 31 dicembre 1971. Mentre dal 1972, la cadenza quinquennale del mandato è stata sempre rispettata: è capitato all’austriaco Kurt Waldheim, poi al peruviano Javier Perez de Cuellar, all’egiziano Ghali, al ganese Kofi Annan, secondo africano a diventare Segretario generale, e, infine al secondo asiatico Ban Ki-moon.