Ad una settimana dal rapimento delle 110 studentesse di Dapchi, nello stato nord-orientale di Yobe in Nigeria, Boko Haram ha sferrato un attacco alla base militare della città di Rann, sempre nel nordest del Paese. Tre operatori umanitari hanno perso la vita, tre sono rimasti feriti e uno sarebbe scomparso.
Era trascorso poco più di un anno dal bombardamento della città di Rann per mano delle forze aeree nigeriane. Nell’attacco avvenuto a gennaio 2017, erano morte 90 persone, tra donne, uomini e bambini, ed erano tantissimi i feriti. Avevano perso la vita anche sei operatori della Croce Rossa nigeriana e tre operatori dello staff locale di Medici Senza Frontiere (MSF).
In seguito al violento attacco del 1° marzo, MSF ha sospeso la sua attività medica nella città e ha evacuato le 22 persone del suo staff locale e internazionale. Secondo MSF, sarebbero 40mila le persone che a Rann contano quasi interamente sui servizi di assistenza sanitaria e soccorso medico dell’organizzazione.
Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, rappresentato dal suo vice Yemi Osinbajo, ha fatto sapere, durante l’ 8° seminario per la sicurezza nazionale tenutasi il 6 marzo scorso, che cose simili non succederanno mai più sotto il suo governo, uno slogan più volte ripetuti in questi anni. Ha inoltre cercato di ridimensionare la situazione affermando che i continui attacchi contro bersagli facili danno solo l’impressione che i terroristi sono ancora molto attivi ma, in confronto alla situazione che ha trovato appena eletto nel 2015, sono in realtà diminuiti.
A sostegno delle sue dichiarazioni, il presidente nigeriano ha portato sul tavolo della discussione alcuni dati.
«A marzo 2015, Boko Haram controllava circa 20000 km quadrati della Nigeria, circa l’estensione del Belgio, dal confine a est con il Cameroon a parte del Lago Chad. Nello stato di Borno 20 su 27 aree ad amministrazione locale erano sotto il controllo di Boko Haram, inclusi Mubi in Adamawa e alcuni villaggi. Inoltre, tracce della loro presenza erano registrate a Abuja, Kaduna e Kano con le esplosioni della sede dell’ONU e del quartiere generale della polizia di Abuja. Questa era la situazione nel 2015. Oggi, Boko Haram non occupa nessuna area ad amministrazione locale in Nigeria». Ha quindi concluso affermando che il gruppo terroristico non ha più la capacità di controllare alcun territorio e gli attacchi sono solo opera di “criminali disperati”.
Il capo di stato maggiore dell’esercito nigeriano, Tukur Buratai, ha, da parte sua, riconfermato che due o tre incidenti non possono in alcun modo fare pensare a un ritorno del gruppo terroristico.
L’ex ministro dell’informazione Edwin Clark ha chiesto a Buhari di rimuovere i tre governatori di Adamawa, Borno e Yobe, territori a nordest del paese, roccaforte di Boko Haram, permettendo in questo modo all’esercito di sconfiggere definitivamente l’organizzazione terroristica. Secondo quanto dichiarato da Clark, solo con la rimozione dei governatori «che manipolano e confondono il sistema» i militari potranno «operare professionalmente contro i ribelli».
La situazione che emerge da queste dichiarazioni è quella di assoluto controllo della sicurezza e in particolare di Boko Haram che potrebbe essere sconfitto con l’intervento dei militari.
La realtà sembra tuttavia ben diversa. La sicurezza generale del paese non sembra avere fatto molti progressi e puntare sull’intervento massivo dell’esercito sembra molto azzardato. Pur essendo la Nigeria il paese africano con il più alto numero di forze militari, è solo al quinto posto nella lista degli eserciti più potenti a causa della dilagante corruzione, instabilità politica e mancanza delle necessarie attrezzature.
Dall’inizio del 2018, sono stati circa 676 nigeriani ad essere coinvolti in scontri tra pastori e contadini, in violenze settarie e attacchi terroristici. I morti sarebbero 176 in più rispetto allo stesso periodo del 2017 e il nordest del paese rimane il territorio più colpito con ben 591 morti.
Dal 2016, gli attacchi di Boko Haram sono cresciuti di anno in anno. Nel 2017 sono morte circa 100 persone e molte città, non più sotto il controllo del gruppo terroristico, rimangono ancora molto vulnerabili. I numerosi rapimenti offrono inoltre ai terroristi un’opportunità di riscatto e quindi l’aumento dei loro attacchi.
Tutto questo influisce moltissimo sul governo di Buhari che deve decidere ancora se presentarsi alle prossime presidenziale. In questo caso, la mancata sconfitta di Boko Haram avrà ripercussioni su una sua eventuale riconferma e chiaramente il rapimento delle studentesse di Dapchi, più che gli altri atti terroristici, dimostrano che ben pochi progressi sono stati fatto dai tempi di Chibok.