Lunedì scorso, il super boss della ‘Ndrangheta Rocco Morabito si è visto costretto a cessare la sua latitanza. Considerato uno dei ricercati più pericolosi, era al centro del commercio di cocaina in Italia e della sua distribuzione a Milano. L’arresto è avvenuto in un una stanza d’hotel a Montevideo, in Uruguay; insieme a lui, una donna angolana, la presunta moglie. La polizia uruguaiana ha sequestrato 13 cellulari, una pistola, 12 carte di credito, vari assegni e 150 foto con il viso del boss. Il boss viveva da diversi anni a Punta d’Este, una delle principali località turistiche a sud del Paese. Traffico di droga e associazione per delinquere di stampo mafioso: queste le accuse che avevano portato a ben quattro pronunce di condanna. Ora, l’ex ‘re milanese della coca’ sarà estradato e dovrà scontare i suoi 30 anni di pena. Morabito viveva nel benessere tra le stanze della sua villa, sguazzando in piscina tra il giardino e le auto di lusso. L’arresto del boss è certamente un grosso colpo per l’organizzazione ed una vittoria per il sistema di cooperazione internazionale. Ma di certo la ‘Ndrangheta non è solo Morabito, non è solo Uruguay, ma è ormai molto ma molto altro. Ne abbiamo parlato con Enzo Ciconte, scrittore, docente, nonché uno dei massimi esperti italiani in materia di associazioni mafiose.
L’arresto di Morabito in Uruguay dopo 23 anni di latitanza è stato il frutto di una efficiente cooperazione internazionale investigativa: come si è arrivati a questo risultato?
La cooperazione investigativa è qualcosa di semplice e complicato allo stesso tempo; intanto, ci vuole la volontà del Paese straniero a raccogliere le richieste che provengono dall’autorità italiana, questo è il primo passo. Poi ci vuole molta capacità investigativa, ovvero, prendere un filo e seguirlo fino alla fine; a volte ci si riesce, a volte no. In questo caso, si è riusciti a seguire questo personaggio che è un personaggio importante, sui generis, molto particolare. Era uno a cui piaceva la bella vita, le cose sfarzose, manteneva un profilo molto elevato. Questo profilo, a volte, nasconde il mafioso perché, generalmente, si ha l’idea che il mafioso sia uno che si fa i soldi ma non è ricco di suo, è un poveraccio, uno straccione che per diventare ricco fa il mafioso; non pensi mai a chi è già ricco, a chi ha un modello di vita molto elevato. La cooperazione internazionale, in questo caso, è scattata perché le autorità dei due Paesi sono riuscite a mettere insieme gli elementi che hanno portato alla cattura di Morabito.
Morabito era già noto a Milano negli anni ’90 per il traffico di cocaina: cosa è cambiato nel nord Italia in questi anni?
Hanno capito di più che c’è il pericolo della presenza della ‘Ndrangheta, quindi, si riesce a colpire di più la ‘Ndrangheta rispetto al passato. Se si guardano le operazioni degli ultimi dieci anni, ci si accorgi di come, a Milano e in Lombardia, la consapevolezza della mafia in casa la hanno un po’ tutti. La questione che è cambiata è anche un’altra: la presenza dei mafiosi si sta articolando diversamente, in una presenza che vive molto l’utilizzo della corruzione. La corruzione è uno strumento che difficilmente si riesce ad intercettare; la cocaina necessariamente provoca tossicodipendenti, quindi, qualcuno che deve andare a consumare questi prodotti. Quando uno è corrotto, invece, non si sa, è difficile da individuare e quando c’è rapporto tra mafia e corruzione, è ancora più complicato e spesso i giudici non capiscono che quello è un problema di mafia e di corruzione. In questi ultimi anni, questo elemento è venuto fuori con grande nettezza.
In generale, in Italia cosa è cambiato negli ultimi anni a proposito di ‘Ndrangheta?
La presenza della ‘Ndrangheta è aumentata, si sposta molto di più verso il nord rispetto al passato perché lì c’è un mercato, c’è la possibilità economica di affermarsi. La ‘Ndrangheta è ormai diventata un’associazione finanziaria, economica ed è chiaro che va dove ci sono i soldi e i soldi non ci sono nel Meridione, sono al Nord.
Riguardo, invece, alle altre mafie?
C’è una difficoltà per quanto riguarda la Mafia siciliana perché, dopo che è stato distrutto il meccanismo dei Corleonesi, il sistema messo in piedi da loro è stato praticamente distrutto. Con la cattura di Bernardo Provenzano, qualche anno fa, il fenomeno dei Corleonesi può dirsi sostanzialmente chiuso. Tutti loro sono in galera, oppure, hanno collaborato con la giustizia. Quel fenomeno lì è morto, ma non è che è morta la Mafia. La mafia c’è ma è meno forte, meno radicata del passato e sta cercando di riprendersi però fa fatica. La Camorra, invece, più o meno è come Cosa Nostra; anche i Casalesi sono finiti, collaboratori di giustizia o al 41 bis. Ciò che non è finito è la Camorra che continua ad essere presente in varie parti d’Italia. Poi c’è questa situazione di Napoli che è molto particolare; ci sono giovani violenti che hanno un disprezzo per la vita che è qualcosa di sconvolgente. Si può essere ammazzati per una sciocchezza, loro ammazzano come se nulla fosse.
Invece, che rapporti ci sono tra mafia italiana e mafia sudamericana?
I rapporti tra le due mafie girano intorno al narcotraffico, c’è prevalentemente la presenza della ‘Ndrangheta che, ormai da tantissimi anni, ha il monopolio del commercio della droga.
Cos’è, invece, il ‘Codice Narcos’?
E’ chiaro che i mafiosi cercano di nascondere le proprie tracce. Parlando in chiaro su telefoni normali, possiamo essere intercettati; questo loro lo sanno, quindi, quando si devono parlare tra di loro, parlano di sciocchezze e poi magari si parlano su ‘Skype‘ oppure su ‘Whats App‘. Sono modalità di comunicazione che si posso intercettare ma hanno un costa proibitivo. Sono, quindi, pochi quelli che riescono ad essere intercettati. Morabito aveva 15 telefonini perché aveva bisogno di comunicare con più persone e per farlo doveva utilizzare più numeri. Poi ci sono tante modalità, ci si potrebbe scrivere un libro. Anni fa, si scoprì in una telefonata intercontinentale tra due calabresi ‘ndranghetisti che questi si parlavano con i fischi. Ciò che accade nella società, si riproduce nella società mafiosa.
Ci sono relazioni tra le mafie e l’immigrazione clandestina? Secondo lei c’è un qualche rapporto tra le mafie libica e nigeriana e le mafie di casa nostra?
A questa cosa non credo molto. Secondo me se ci sono, sono rapporti molto sporadici. L’unica che potrebbe avere questo rapporto è la ‘Ndrangheta. La Mafia siciliana no di certo. Dubito che la mafia italiana si metta in queste storie, può trovare al massimo qualche vantaggio di qualche scafista perché gli consente di scendere sulle coste calabre, però, un coinvolgimento della ‘Ndrangheta io non ce lo vedo. I mafiosi calabresi hanno altre possibilità di ricavare soldi e poi, siccome sanno che questi trafficanti sono monitorati allo Stato, perché dovrebbero mettersi in impicci di questo tipo?