Uno dei temi meno trattati in riferimento all’emergenza immigrazione in Europa è quello dell’accesso alla sanità pubblica da parte dei migranti. Gli Stati membri identificano gli immigrati come soggetti particolarmente a rischio di povertà ed esclusione sociale, tuttavia c’è ancora scarsa attenzione nei confronti delle politiche sanitarie rivolte a questi soggetti, donne e bambini compresi, che con cadenza ormai giornaliera fanno ingresso all’interno del perimetro dell’Ue. Una distrazione che oggi viene considerata inaccettabile sia dal punto di vista delle prospettive di integrazione europea, sia da quello dei diritti umani.
Un rapporto commissionato dal Parlamento Europeo, dal titolo ‘La dimensione della salute pubblica nella crisi europea dei migranti’ cerca di far luce sui problemi connessi alla questo tema. Secondo il documento, l’Europa sta vivendo un afflusso di immigrati senza precedenti che pone gli altri Stati membri di fronte alla necessità di valutare, tra le altre cose, le inevitabili conseguenze per la salute pubblica. Le autorità sanitarie pubbliche devono, dunque, prendere in considerazione sia gli specifici problemi di salute dei migranti che l’eventuale incidenza di questi sulla popolazione residente, approntando le misure più idonee per rispondere adeguatamente ad entrambe le esigenze.
Secondo il rapporto, il rischio di un focolaio di malattie infettive derivanti dall’arrivo di popolazioni migranti è estremamente basso, ma le condizioni di degrado e povertà a cui i migranti sono soggetti nel corso del loro viaggio li rende vulnerabili alle malattie infettive già comuni nel Vecchio continente.
Nel dettaglio, sono oltre 1,5 milioni i migranti che hanno fatto ingresso nell’Unione europea nel 2015, perlopiù provenienti da Paesi in guerra (tra questi Iraq e Siria), o governati da regimi repressivi (per esempio l’Eritrea) o in fuga da contesti di crisi socioeconomica (è il caso della Nigeria). Un volume che pone il sistema sanitario degli Stati membri inevitabilmente sotto pressione.
Il rapporto sottolinea che i migranti, all’inizio del proprio viaggio, tendono ad essere relativamente in condizioni di buona salute. Tuttavia, vari fattori possono influire negativamente sul loro statico, sia prima e durante il viaggio (mancanza di acqua e cibo, logoramento fisico e mancanza di assistenza) che all’arrivo in Europa (condizioni di vita nei campi profughi o nei centri di accoglienza).
Alcuni dei suddetti problemi sanitari sono una conseguenza delle condizioni di viaggio e comprendono lesioni accidentali e piccole ferite, ustioni e vesciche, scottature, disidratazione e problemi muscolo-scheletrici. Le malattie trasmissibili o infettive possono essere trasmesse da persona a persona, attraverso l’acqua o alimenti contaminati o per via aerea, a causa delle cattive condizioni di vita conseguenti alla migrazione. In aggiunta a questi rischi per la salute, non vanno trascurati lo stress e la privazione fisica e mentale vissuti dalle popolazioni in movimento possono anche aumentare il rischio di infezioni respiratorie.
Inoltre, non vanno sottovalutate nemmeno le patologie non trasmissibili (come le malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete) e quelle mentali, in considerazione dei probabili traumi subiti sia prima che durante il viaggio e del fatto che spesso nei Paesi d’origine la psicoterapia non esiste. Le donne migranti possono inoltre essere di fronte a problemi legati alla salute riproduttiva, come le complicazioni con la gravidanza e il parto, così come il rischio di esposizione a violenze e abusi sessuali.