Tradizionalmente gli americani sono poco interessati alla politica estera, nelle elezioni di Midterm, in particolare, la politica estera solitamente non è tra i temi di dibattito, considerato che i candidati sanno molto bene che quel che preme ai votanti sono i temi interni. Secondo il Pew Research Center, al centro dell’interesse degli americani, in queste elezioni di Midterm 2022, ci sono le questioni legate all’economia. Nel sondaggio di ottobre, circa otto elettori registrati su dieci (79%) affermano che l’economia è molto importante quando prendono la decisione su chi votare alle elezioni del Congresso del 2022.
Altresì, la politica estera è una prerogativa del Presidente, sulla quale, teoricamente, incide marginalmente il Congresso.
Non di meno, la Casa Bianca nelle sua linea di politica estera, dovrà tenere conto dei numeri alla Camera e al Senato. Secondo le previsioni derivate dalla media dei sondaggi realizzata da Real Clear, nel voto congressuale generico, i repubblicani sono in testa di 2,5 punti.
«Negli ultimi anni, la politica di parte si è sempre più ‘insanguinata‘ nella politica estera statunitense», così le elezioni di Midterm non sono estranee alla politica estera, anzi. «Se, come previsto, i repubblicani prenderanno il controllo del Congresso degli Stati Uniti, le conseguenze si faranno sentire in tutto il mondo», affermano i giornalisti di ‘Foreign Policy‘. Sulla base di questa convinzione l’autorevole testata di politica internazionale ha realizzato una conversazione su ‘FP Live‘, il forum della rivista per il giornalismo dal vivo, nel contesto della quale prova immaginare le ripercussioni sulla politica estera americana determinate da una maggioranza repubblicana al Congresso per i prossimi due anni.
A condurre il ragionamento è Amy Mackinnon, una pluripremiata giornalista di intelligence e sicurezza nazionale di ‘Foreign Policy‘, già corrispondente da tutta l’Europa orientale e che in precedenza aveva lavorato a Mosca e a Tbilisi, è una dei migliori esperti americani di Europa centrale e orientale.
A Kiev, ma anche a Mosca, saranno seguite molto da vicino le elezioni di metà mandato, afferma Mackinnon. «La mia sensazione, parlando con gli ucraini, è che sentono che il sostegno qui a Washington è molto bipartisan, e c’è una buona dose di fiducia che l’aiuto militare che hanno avuto finora continuerà. Ma la questione degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina è molto esistenziale. Gli Stati Uniti sono di gran lunga il più grande donatore militare all’Ucraina. Non c’è nessun altro Paese che possa colmare il deficit se gli Stati Uniti dovessero fare un passo indietro, quindi, data l’entità di ciò, penso che lo guarderanno da vicino».
Mackinnon, però, in un servizio dedicato, ha sottolineato come il clima stia cambiando. « Sebbene ci sia stato un forte sostegno bipartisan per Kiev dall’inizio della guerra tra i repubblicani tradizionali, i membri dell’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e influenti commentatori di‘Fox News‘, e altre parti della Camera di destra,hanno iniziato a mettere in discussione il grado di aiuti militari forniti da Washington». L’analista parla di una certa «ansia strisciante tra repubblicani, democratici e ucraini sul fatto che possano essere sopraffatti dalla minoranza» trumpiana di estrema destra. Le «opinioni dei margini del partito si sono dimostrate in grado di entrare nel mainstream negli ultimi anni», come dimostra la vicenda delle affermazioni secondo cui le elezioni presidenziali del 2020 sono state fraudolente.
Per altro, si consideri che «i sondaggi d’opinione mostrano già una stanchezza strisciante tra gli elettori repubblicani per il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina», che potrebbe pesare sui membri eletti. Un sondaggio di Morning Consult ha rilevato che «solo il 32% dei repubblicani crede che gli Stati Uniti abbiano la responsabilità di proteggere e difendere l’Ucraina dalla Russia, rispetto al 58% dei democratici».
Tra gennaio e ottobre, Washington ha promesso aiuti militari per 26,8 miliardi di dollari, secondo il Kiel Institute for the World Economy’s Ukraine Support Tracker. «La decisione di armare ulteriormente l’Ucraina segna una spaccatura sempre più profonda all’interno del Partito Repubblicano tra i conservatori dell’establishment falco, non timidi dell’intervento all’estero, e un coro crescente di isolazionisti che ha guadagnato importanza durante l’Amministrazione Trump». Diversi membri della House Freedom Caucus, che rappresenta alcuni dei membri di estrema destra più estremisti, si sono espressi esplicitamente contro l’invio di ulteriori aiuti all’Ucraina. Sono una «minoranza rumorosa», che per il ‘rumore’ che fanno ottengono visibilità, e per questo sono pericolosi, secondo quanto raccoglie, da diversi osservatori, Amy Mackinnon. L’analista punta il dito contro ‘Fox News‘: «hanno descritto la guerra come un fallimento dell’Amministrazione Biden, uno sforzo per vendicare l’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016», tal volta facendo eco alle ragioni di Mosca.
L’ala dei repubblicani che non si rifanno a Trump, soprattutto criticano il fatto che «l’Amministrazione Biden non sta facendo la supervisione adeguata alle ingenti somme di denaro date a un partner straniero», ma non c’è l’intenzione di tagliare gli aiuti all’Ucraina, anzi, c’è chi sostiene che gli aiuti dovrebbero essere più celeri.
L’invasione russa dell’Ucraina, «ha dimostrato che per quanto i politici desiderino concentrarsi sulla ‘costruzione della Nazione qui a casa‘, le realtà globali si intromettono. L’Ucraina è la punta dell’iceberg, ma i repubblicani tengono d’occhio anche molte altre questioni, comprese le relazioni con la Cina, la questione della difesa di Taiwan, il continuo isolamento della Russia, del Medio Oriente (pensate all’energia, all’Iran e a Israele), e, più in generale, la spesa per la difesa. Ma prima che la sostanza della sfida di politica estera tocchi i piani di Camera e Senato», è «la questione ideologica» che è centrale, afferma Danielle Pletka, ricercatrice senior dell’American Enterprise Institute, «si tratta di isolazionisti contro internazionalisti». Uno scontro che proseguirà, ma «rimane un forte contingente da falco nel Partito Repubblicano che è ben rappresentato a Capitol Hill». «Anche se questi membri potrebbero non essere interventisti nello stile di George W. Bush, non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che sono falchi della sicurezza nazionale desiderosi di difendere sia gli interessi degli Stati Uniti che gli alleati degli Stati Uniti. Ciò significherà quasi certamente sforzi per aumentare il bilancio della difesa; pressioni per aumentare la qualità, la coerenza e la velocità delle consegne di armi all’Ucraina; e una linea ancora più dura sulla Cina», preconizza Pletka.
La Cina sarà un capitolo ancora più importante dell’Ucraina. Al centro dell’attenzione il disaccoppiamento. «Nella Rust Belt e in questi luoghi postindustriali in tutta l’America dove le elezioni del 2020 tra Biden e Trump sono state davvero combattute, in quegli Stati stiamo vedendo solo una grande spinta al disaccoppiamento con la Cina, in particolare nella corsa al Senato dell’Ohio», afferma Amy Mackinnon. «Entrambi i candidati -JD Vance, il candidato repubblicano pro-Trump, e il suo rivale di parte democratica, Tim Ryan- stanno spingendo per una guerra commerciale più ampia, spingendo affinché l’Amministrazione Biden metta i denti nel cosiddetto Chips Act che porterà a terra più produzione di semiconduttori, negli Stati Uniti o nei Paesi alleati». L’aggressività economica della Cina, sostiene la giornalista, ha alimentato «una certa aggressività nella camera alta». Una nuova generazione di repubblicani potrebbe entrare al Senato e «queste sono persone che potrebbero davvero spingere per armare Paesi come Taiwan per cercare di rendere la regione più resiliente» nel confronto con la Cina.
La conflittualità nel rapporto USA-Cina proseguirà. «Una delle cose interessanti del passaggio dall’Amministrazione Trump a quella Biden è, lamolta continuità nella politica cinese. Quando stavamo riportando sulla strategia di sicurezza nazionale della nuova amministrazione, che è uscita un paio di settimane fa, una delle persone con cui ho parlato ha detto che in realtà sentivano che era ancora più aggressivo nei confronti della Cina di quanto non fosse stato Trump, il che sta davvero dicendo qualcosa».
E parlando di Cina, ritornerà il tema Covid-19: «penso che l’altro filone sul fronte della politica estera», nei confronti della Cina, sarà scavare«davvero le origini del COVID-19 e anche la risposta dell’Amministrazione Biden a questo».
Indagini, pungolature fastidiose se non proprio debilitanti per la Casa Bianca, ma che, secondoMichael J. Green, CEO dell’United States Studies Center dell’Università di Sydney, «per quanto riguarda la concorrenza con la Cina, un governo diviso potrebbe essere proprio ciò che serve per unire gli americani attorno alla strategia dell’Amministrazione. Questo perché i repubblicani tendono a spingere le amministrazioni democratiche a realizzare la difesa e il commercio, due pilastri fondamentali della concorrenza con la Cina. Allo stesso tempo, qualsiasi potenziale divisione sarà mitigata dal fatto che il Congresso degli Stati Uniti e gli americani medi sono d’accordo sull’affrontare la sfida della Cina più di quanto siano d’accordo su qualsiasi altra cosa».
«Gli scettici sosterranno che il Partito Repubblicano pro-difesa e pro-commercio non esiste più, che è stato distrutto quando Donald Trump è stato eletto Presidente nel 2016. È vero che la base repubblicana è diventata più scettica nei confronti degli accordi commerciali e voci pericolosamente isolazioniste sono emersi all’interno dell’ala‘Make America Great Again‘ del partito. Ma c’è anche più bipartitismo al Congresso sulla concorrenza con la Cina. In effetti, questa è una delle poche aree di consenso a Washington» e Biden dovrebbe approfittarne, «cogliere queste opportunità e riempire i pezzi mancanti delle sue strategie in Cina e Indo-Pacifico».
L’Arabia Saudita è un capitolo in qualche modo di collegamento con gli altri, a partire dalla Russia, ma anche con alcuni dei più importanti dossier interni. «Penso che si possa dire con sicurezza che non vedrai un altro pugno tra Biden e il principe ereditario Mohammed bin Salman. È affascinante che l’Arabia Saudita sia una specie di problema di collegamento nello spettro politico. È qui che i progressisti di Bernie Sanders e i repubblicani di Trump si incontrano quasi nel mezzo. E lo abbiamo visto anni fa, con la pressione che entrambe le forze al Congresso hanno esercitato sull’Amministrazione Trump per annullare il rifornimento degli Stati Uniti alla coalizione a guida saudita che stava combattendo in Yemen, una guerra che molte persone pensavano fosse ingiusta, che non volevano le mani americane» sopra, afferma Amy Mackinnon. E prosegue: «Ma questo sarà difficile per Biden, perché tornando a [l’ex presidente] Jimmy Carter, ci sono molte pressioni all’interno del Partito Democratico per premere contro le violazioni dei diritti umani. E in Medio Oriente [gli Stati Uniti], non ha un migliore amico conveniente, una democrazia stabile, come un Canada o una Svizzera, e sarà una sfida alle tendenze di politica estera più realistiche di Biden che a volte sono spinte all’interno del suo Consiglio di sicurezza nazionale. Naturalmente, [il coordinatore del Medio Oriente e del Nord Africa] Brett McGurk sembra essere una punta di diamante per cose come gli Accordi di Abraham, sempre controversi all’interno dell’Amministrazione Biden». L’Amministrazione era intenzionata «davvero a spingere quella normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita. Ora,saarà molto più difficile da fare quando [bin Salman] salirà al potere come re».
L’Afghanistan è un capitolo tutt’altro che chiuso. L’uscita caotica delle truppe statunitensi dall’Afghanistan e l’immediata presa di potere da parte dei talebani la scorsa estate è stata una debacle per l’Amministrazione Biden. C’è da credere che i repubblicani useranno l’Afghanistan contro il Presidente e i democratici. La «grande priorità sarà l’Afghanistan. Non abbiamo visto alcun tipo di resoconto dettagliato da parte dell’Amministrazione Biden di ciò che è andato storto, del perché il governo afghano è crollato così rapidamente e l’esercito afgano si è sciolto».
«Quando stavo guardando la media dei sondaggi di RealClearPolitics, l’ultima volta che Joe Biden ha avuto un indice di gradimento superiore al 50 percento è stato il giorno in cui i talebani hanno preso Kabul. E quindi penso che questo sia un argomento interessante in cui la politica estera ha davvero avuto un impatto diretto sul Midterm. E quello che ha fatto la debacle in Afghanistan è stato bucare uno degli argomenti più potenti di Biden quando stava lavorando contro Trump alle elezioni del 2020. E cioè: ‘sono l’adulto nella stanza’. Riporterò competenza, buona gestione, responsabilità nel regno della politica estera statunitense e l’Afghanistan lo ha completamente cancellato. Quindi in futuro, penso vedrai che i repubblicani che colpiranno» Biden usando questo argomento.
E Mackinnon aggiunge: «Ci saranno sicuramente delle indagini al Congresso, in particolare se i repubblicani prenderanno la Camera. Michael McCaul, l’alto repubblicano nella commissione per gli affari esteri della Camera, che ha pubblicato un rapporto provvisorio per indagare su ciò che ha portato al ritiro caotico finale dall’Afghanistan, non ha nascosto di voler fare alcune indagini davvero approfondite su ciò che è andato storto, comprese le citazioni in giudizio su alcuni funzionari dell’Amministrazione Biden del [Consiglio di sicurezza nazionale] e del Dipartimento di Stato. Quindi, se prenderanno la Camera, ci saranno sicuramente alcune battaglie politiche controverse su come saranno queste indagini e fino a che punto l’Amministrazione Biden coopererà e giocherà a palla con i repubblicani».
Non da ultimo, l’Iran e l’accordo sul nucleare iraniano. «L’accordo nucleare a questo punto è morto all’arrivo. Il principale inviato di Biden in Iran solo un paio di giorni fa ha detto che non perderemo tempo con l’accordo nucleare a questo punto. Penso che i repubblicani useranno sempre l’Iran come argomento di discussione per colpire Biden, dicendo che sono troppo deboli con l’Iran. Ma è interessante notare che l’Iran si è messo in un angolo con un’altra parte dell’Amministrazione Biden ora sull’Europa, e sta attirando le ire di tutti i falchi russi. La Russia, fa sempre più affidamento su droni e munizioni iraniani per finanziare i suoi sforzi bellici in Ucraina. E penso che questo stia davvero alterando il calcolo dell’Amministrazione Biden su quanto margine di manovra sono disposti a concedere all’Iran nei negoziati sull’accordo nucleare».
«Se perdiamo la Camera e il Senato, saranno due anni orribili», ha detto Joe Biden alla piccola folla raccolta all’interno di una sala da ballo di un hotel in occasione di una raccolta fondi lo scorso venerdì a Chicago. Tra qualche giorno arriveranno i dati consolidati e definitivi del Midterm 2022 e il Presidente saprà se dovrà fare abbondante uso della penna con la quale il Presidente firma il veto, oppure se almeno riuscirà mantenere il controllo di un ramo del Congresso. Se i prossimi per il Presidente dovessero essere anni orribili, per il resto del mondo saranno anni caotici e marchiati di aggressività.