Le elezioni comunali venezuelane previste per l’8 dicembre rappresentano una prova importante per l’attuale Governo di Nicolás Maduro, che occupa da aprile il ruolo di Presidente in seguito alla morte di Hugo Chávez. Dopo aver vinto con un margine ristretto di mezzo punto percentuale le presidenziali, in questi otto mesi al comando l’ex sindacalista ed ex Ministro degli esteri ha dovuto affrontare numerosi problemi ereditati dal suo predecessore, soprattutto sul versante economico. Sono le prime elezioni su cui non aleggia con prepotenza la figura di Chávez, e i commentatori le hanno dipinte unanimamente come una sorta di referendum sulla nuova leadership.
In questo periodo la maggioranza del PSUV (Partido Socialista Unido de Venezuela) ha dovuto vedersela con un alto tasso di inflazione, che qualche mese fa ha superato la soglia del 50% su base annuale, la scarsità dei beni di consumo nei supermercati, misurata da indici di scarsità mediamente intorno al 20%, nonchè un Bolivar, la moneta nazionale, ampiamente gonfiato sul mercato valutario rispetto al tasso di cambio impiegato nei mercati paralleli. Il Bolivar rimane infatti fissato al dollaro a 6.3, quando nel mercato nero è dato a circa 50.
La sopravvalutazione del Bolivar è, secondo alcuni esperti, il motivo principale dei dissesti macroeconomici sofferti dal Paese, dato che l’attuale tasso di cambio sta causando un drenaggio di valuta estera nelle casse dello Stato. L’inazione sulla politica monetaria offre un buon esempio dell’atteggiamento complessivo tenuto dal Governo nel gestire l’economia nel corso del suo operato.
Una svalutazione, la misura normalmente utilizzata per affrontare una distorsione come questa, avrebbe dato la possibilità di aumentare le rendite petrolifere, permettendo inoltre di togliere le attuali restrizioni ai flussi monetari. Il Presidente però non ha mai concesso una svalutazione del Bolivar per non scontentare i propri elettori, dato che la manovra avrebbe beneficiato l’economia nel suo complesso, ma causato malcontento tra la popolazione, specialmente nelle sue fasce più povere, vero bacino di consensi del chavismo.
Questa strategia, che ha preferito sacrificare la tenuta economica per salvaguardare quella politica è un po’ il leitmotiv, settore per settore, del post-chavismo. Per rafforzare la tenuta del Governo a fronte dei risultati non eclatanti delle ultime elezioni politiche, e per non subire una disfatta elettorale alle Comunali, Maduro ha optato per una serie di misure rassicuranti sul piano mediatico, ma che poco incidono sulla situazione nel suo complesso.
In questo senso la guerra economica dichiarata contro gli speculatori, la borghesia, l’opposizione e gli agenti delle potenze nemiche, incolpati dal Presidente dei mali del Paese, pare abbia avuto lo scopo di convogliare la frustrazione dei venezuelani verso attori esterni, o interni, distogliendola dal giudicare l’attuale establishment per l’inazione nell’aggredire la crisi. Quando il Governo ha obbligato i negozi di elettrodomestici ad abbassare i prezzi dei loro prodotti, non ha aggredito le cause effettive dell’inflazione, ma ha dato ai cittadini che hanno arraffato televisori a prezzi stracciati un segnale di sicuro impatto. Lo stesso dicasi della creazione del Ministero della Felicità e dell’anticipo della tredicesima natalizia di un mese, giusto prima della chiamata alle urne.
L’inazione del Governo è causata anche dai contrasti interni al chavismo, che non presenta un fronte monolitico, ma un grande partito sfaccettato che il carisma e la personalità di Hugo Chavez avevano mantenuto compatto durante i suoi mandati. Il PSUV è infatti diviso tra una fazione che propugna un approccio più pragmatico e chi crede nella continuità dell’attuale politica economica fatta di azioni palliative. I secondi, tra cui figura Maduro, hanno fino a questo momento prevalso e dettato l’agenda.
L’opposizione della Mesa de Unidad Democratica, una coalizione di partiti liberali e conservatori rappresentata da Enrique Capriles, vede nella crisi economica l’occasione per concludere una parabola ascendente che ha visto una progressiva riduzione della distanza di voti tra il fronte chavista e i suoi avversari, sconfitti solo di misura ad aprile. La dipartita di Chavez, che per quindici anni aveva ripetutamente ed ampiamente battuto i suoi avversari confinandoli ai margini della vita politica del Paese, ha indebolito i socialisti e dato l’opportunità a Capriles di superare per la prima volta la soglia del 50% di voti sull’onda del malcontento.
Se si guarda al numero di comuni conquistati, il PSUV dovrebbe ottenere la maggioranza dei sindaci, perchè la distribuzione geografica dei sostenitori vede un forte radicamento del chavismo nei centri più piccoli, mentre la MUD è presente nelle città più popolose. In questo modo, il PSUV avrà comunque l’opportunità di dichiararsi vincitore mostrando orgogliosamente la mappa tinta di rosso dal numero di Comuni conquistati.
Ma guardando il conto totale dei singoli voti espressi, l’esito è dubbio, e la MUD potrebbe ottenere la maggioranza delle preferenze, sebbene risicata. In questo senso, sarà l’ampiezza del margine a dare autorevolezza o meno alla vittoria, che rimarrebbe comunque simbolica. Non è neppure da escludere poi che la popolazione sia tanto provata dalle difficoltà economiche e poco fiduciosa in Maduro da fare voto di protesta. Questo non garantirebbe comunque la maggioranza dei Comuni, ma la riconquista di un numero alto di alcaldías farebbe gridare al trionfo la MUD, soprattutto in relazione ai risultati della amministrative passate.
Saranno anche i municipi più grandi, in primis Caracas e Maracaibo, ad avere un notevole peso specifico. Per questo motivo l’agone politico è stato particolarmente acceso nelle due metropoli. Chi dovesse fare la pareja de oro, ottendole entrambe, darebbe un segnale di forza a tutto il Paese.
Non è da escludere che una vittoria, specialmente se netta, dell’opposizione causi un ripensamento delle politiche di governo degli ultimi mesi e un cambiamento radicale delle gerarchie interne del PSUV. In ogni caso, una volta che venga meno il bisogno di fare presa sui cittadini, il Governo procederà sicuramente a una svalutazione del Bolivar, una misura che è stata solo temporaneamente bloccata. Il chavismo ha risentito molto della morte di Chavez, e deve ora riappropriarsi di una identità e di una linea di azione che possa avere efficacia nel riguadagnarsi la fiducia dei tanti che hanno beneficiato delle sue politiche ridistributive.
La debolezza del Socialismo del XXI secolo made in Venezuela non si manifesta solo sul piano interno, ma si rispecchia anche nell’ambito geopolitico regionale, all’interno una momentanea tendenza a destra nei governi sudamericani. In Honduras, nonostante l’appoggio di Maduro, Xiomara Castro, moglie dell’ex Presidente deposto Manuel Zelaya, ha perso tra le polemiche e le accuse di brogli le elezioni. In Argentina, Cristina Fernández de Kirchner ha cominciato ad appianare i contrasti con il Fondo Monetario Internazionale, mentre il Guatemala ha annunciato il proprio ritiro da Petrocaribe, l’organizzazione presieduta da Caracas che si occupa di distribuire il petrolio venezuelano ai partner caraibici. Persino Cuba sembra avviata verso una politica riformista , almeno in materia economica.
Per riprendere vigore, il chavismo deve probabilmente trovare nuovi spunti nel governare il Paese, a prescindere da quelli che saranno i risultati elettorali dell’8 dicembre. Solo un deciso cambio di rotta potrà frenare una revanche delle destre nel paese guida del nuovo modello di socialismo sudamericano.