Negli ultimi sondaggi, due punti percentuali separano i due (dei dodici) candidati che oggi, nel primo turno di voto, si contendono la Presidenza della Repubblica di Francia. Emmanuel Macron al 26,5%; Marine Le Pen al 24% (altri sondaggi la quotano al 22,5%). Macron in calo, Le Pen in crescita rispetto ai sondaggi delle scorse settimane. Circa il 39% degli elettori francesi pensa che Le Pen abbia le carte in regola per essere Presidente, nel 2017 questi erano il 21%. Il tasso di approvazione di Macron si aggira tra il 44% e il 45%.
Per quanto la rielezione di Macron sia ancora considerata l’esito più probabile, sia da sondaggisti che da politologi, non è più data per scontata (come lo era ad inizio 2022) e «Marine Le Pen non è mai stata così vicina alla conquista della presidenza», secondo Luc Rouban, politologo presso Sciences Po di Parigi. L’idea di un Presidente Le Pen non fa più così paura agli elettori francesi. Per tanto, una sua elezione, non è probabile, ma possibile sì.
Perchè, al terzo tentativo, la conquista dell’Eliseo sia diventata ‘possibile‘ per Le Pen, secondo alcuni analisti, sta in due parole: Rebranding e Rifocalizzazione.
Negli anni, Le Pen ha cercato di prendere le distanze dal marchio ‘tossico’ di famiglia, spiegano gli analisti di Eurasia Group. Dopo aver assunto la presidenza del Front National, il partito fondato dal padre, Jean-Marie, rompe con quest’ultimo, privandolo del ruolo di leader, nel 2015. Poi, nel 2018, ha cambiato il nome del partito in Rassemblement National. Come Jean-Marie, ha sposato a lungo sentimenti anti-UE, si è mobilitata contro l’immigrazione e ha cavalcato i sentimenti anti-musulmani.
Le cronache recenti raccontano di una Marine che ha messo in secondo piano il suo messaggio intransigente contro gli immigrati, concentrandosi invece su questioni fondamentali come l’inflazione e l’impennata dei prezzi di cibo e carburante, la contrazione del potere d’acquisto della classe operaia, al centro delle preoccupazioni di questi mesi dell’elettorato francese. Ha perfino sostenuto l’accoglienza dei rifugiati ucraini in Francia, evidentemente ben attenta a quell’85% degli elettori francesi che afferma di sostenere l’aiuto agli ucraini che sono fuggiti dal conflitto. Una strategia che si sta rivelando vincente.
Strategia, appunto, o ancora meglio, ‘Rebranding e Rifocalizzazione‘, non un cambiamento di pelle del partito e del suo elettorato. «Le Pen non è più moderata o ragionevole oggi di quanto lo sia stata storicamente. Rimane una forza di estrema destra nella politica francese», afferma Mujtaba Rahman, capo del desk Europa di Eurasia Group.
A questa operazione di maquillage, si aggiunga che Le Pen ha beneficiato, significativamente, delle disavventure dei suoi avversari, Emmanuel Macron e Éric Zemmour.
Macron ha goduto di un buon posizionamento nelle intenzioni di voto legato alla guerra ucraina, il mese scorso, mentre conduceva la diplomazia della navetta con Vladimir Putin. Ma il Presidente non è riuscito a capitalizzare la spinta, in gran parte perché non ha fatto molta (o nessuna) campagna elettorale, affidandosi invece alla sua immagine di statista europeo. «Questa è una mossa estremamente rischiosa in Francia, dove l’elettorato è notoriamente avverso ai propri leader e non ha rieletto un presidente in carica da due decenni», sottolineano gli analisti di Eurasia Group. Mentre Macron andava in visita al Cremlino e telefonava ai leader europei e di oltreoceano cercando di giocarsi un ruolo da mediatore-protagonista nella guerra in corso, Le Pen consumava suole visitando mercati rionali e piccole città, stringeva mani e si faceva fotografare con la gente comune.
Le Pen ha saputo giocare bene anche sul suo fronte destro, contro il suo rivale Zemmour, distinguendosi come moderata e responsabile. Le Pen, da sempre sostenitrice di Putin, raccogliendo il poco amore per Putin in Francia in questo momento, ha minimizzato i precedenti e, pur insistendo sul fatto che la Francia ha bisogno di mantenere le relazioni con la Russia, anche con Putin, ha di fatto preso le distanze dal Presidente russo, cercando di mantenersi in equilibrio (instabile) con l’opposizione all’invio di truppe francesi sui territori di guerra, alle sanzioni economiche contro la Russia, sottolineando le conseguenze negative sul potere d’acquisto dei francesi, e ha invocato l’uscita della Francia dal comando integrato della Nato. Equilibrismo e pragmatismo che ha permesso a Marine di succhiare elettori a Zemmour, impegnato a scagliarsi contro le sanzioni occidentali alla Russia e dichiararsi anti-NATO. Insomma, Le Pen «ha beneficiato dell’esistenza in campagna elettorale di candidati ancora più estremi di lei», afferma Rahman. «Questo ha creato l’impressione di moderazione dove non esiste moderazione».
Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, il 24 febbraio, Le Pen e Zemmour erano distanti solo tre punti percentuali nei sondaggi, oggi Le Pen è avanti di almeno 12 punti e Zemmour è appena rilevante.
E sempre circa la guerra, il divario tra Macron e Le Pen, si è ampliato a marzo durante la guerra, appunto, che ha messo in secondo piano la campagna elettorale e ha rafforzato le credenziali di leadership di Macron. Poche settimane dopo, il vantaggio di Macron si è più che dimezzato.
Il fatto che Le Pen sembri improvvisamente avere una possibilità reale di arrivare all’Eliseo è di per sé un terremoto politico per la Francia, dove i partiti tradizionali vedono ancora l’estrema destra come una forza anti-sistema incompatibile con i valori repubblicani, afferma Michele Barbero su ‘Foreign Policy‘. Rebranding e Rifocalizzazione a parte, il Rassemblement National mantiene la piattaforma anti-immigrazione e anti-Unione Europea, con evidenti tratti di razzismo e islamofobia, insomma, i tratti ‘tossici’ distintivi del Front National.
Basta leggere il suo programma per capire chiaramente come la campagna condotta per le strade sia stata maquillage. Circa la gestione dei flussi migratori, Le Pen propone di trattare le domande d’asilo unicamente nelle ambasciate e nei consolati francesi all’estero, di espellere i migranti senza documenti e gli stranieri condannati, di mettere fine allo ius soli e all’acquisizione automatica deilla nazionalità francese attraverso il matrimonio. Per quanto riguarda in particolare gli islamici, Le Pen intende vietare per legge l’uso del velo nei luoghi pubblici. E propone di sancire il principio della ‘priorità nazionale‘ per i cittadini francesi nella Costituzione. L’altra sua grande priorità è il mantenimento della sicurezza interna; a questo proposito vuole abolire le riduzioni di pena in favore dei condannati per violenza contro la persona e ritiene necessario istituire la presunzione di legittima difesa per le forze dell’ordine. Sul fronte potere d’acquisto, la questione che più sta a cuore ai francesi, Le Pen promette di abbassare dal 20 al 5,5% l’imposta sul valore aggiunto per l’energia, di eliminare il canone televisivo con la privatizzazione delle emittenti pubbliche e di rinazionalizzare le autostrade per diminuire del 15% i prezzi del pedaggio. Per i giovani che decidono di restare in Francia, Le Pen prevede inoltre di eliminare l’imposta sul reddito fino al raggiungimento dei 30 anni. Per i più anziani, assicura che ci sarà una pensione minima di 1000 euro.
In tutto ciò, per le strade dei paesini francesi e nei mercati rionali, Le Pen «sta interpretando la sua immagine di vicinanza all’uomo comune, di normalità», ha affermato Jean-Yves Camus, ricercatore presso il Centre for Analysis of the Radical Right del Regno Unito. Macron, al contrario, appare ancora a molti come «distante, persino sprezzante, qualcuno che incarna le élite tecnocratiche, finanziarie e sociali».
Durante una manifestazione a Parigi lo scorso fine settimana, Macron ha incoraggiato i 30.000 sostenitori presenti a non credere che «le elezioni sono già vinte» -stesso avvertimento lanciato venerdì 8 aprile in chiusura di campagna elettorale- e ha chiesto una «mobilitazione generale». «Il 44enne sta ricorrendo di nuovo alla strategia onnicomprensiva che ha funzionato così brillantemente cinque anni fa, quando, alla guida di un partito di centro appena creato, ha sottratto gli elettori sia ai conservatori che ai socialisti, ostacolando i primi e affondando questi ultimi», afferma Michele Barbero. «Ora, da un lato, Macron fa un cenno alla destra tradizionale impegnandosi a inasprire le regole sui sussidi di disoccupazione e proponendo ancora una volta una revisione del sistema pensionistico, una riforma che ha scatenato gli scioperi più lunghi degli ultimi decenni nel suo mandato, prima di essere accantonata quando è arrivata la pandemia di COVID-19. D’altra parte, ha recentemente intrapreso un’offensiva per catturare i progressisti e la classe operaia, giurando di aumentare il salario minimo e aumentare il potere d’acquisto».
Nel suo programma elettorale, Macron insiste molto sulla sovranità e sulla transizione energetiche. Così promette il rinnovamento termico di 700.000 appartamenti all’anno, la costruzione di cinquanta parchi eolici in mare entro il 2050, la costruzione di 14 nuovi reattori nucleari per accompagnare il passaggio verso le rinnovabili e l’istituzione di un sistema di leasing per i veicoli elettrici volto a incoraggiare i cittadini ad abbandonare quelli inquinanti.
Altro obiettivo: il raggiungimento dell’indipendenza agricola -tema tornato al centro del dibattito pubblico dopo l’inizio del conflitto in Ucraina- da ottenere con l’investimento sulle nuove generazioni di agricoltori e con la formazione di una filiera agricola tutta europea. Per ciò che riguarda il potere d’acquisto dei francesi, promette accorgimenti fiscali quali l’alleggerimento delle tasse di successione, la soppressione del canone televisivo e la riduzione delle imposte per le coppie. In tema di lavoro, sono due le misure che vorrebbe adottare: l’allungamento dell’età pensionabile a 65 anni e la trasformazione dell’agenzia per il lavoro in uno sportello unico dedicato, tra le altre cose, ai servizi di formazione e di ricerca di occupazione.
«Per ora, il risultato principale del duplice approccio di Macron è di nuovo deludere le speranze di altri candidati moderati», afferma Barbero. Valérie Pécresse dei repubblicani conservatori potrebbe non raggiungere il 10% dei voti, e i socialisti si aspettano la peggiore performance della loro storia, con la loro candidata, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo, che i sondaggi la danno al 2%.
«L’idea di una presidenza Le Pen potrebbe essere diventata più accettabile per molti, ma la grande maggioranza dell’elettorato pensa ancora che Macron abbia una statura presidenziale maggiore rispetto alla leader di estrema destra».
«Se Marine Le Pen riuscisse a farcela, la sua vittoria presidenziale sarebbe un evento sconvolgente per la Francia». Malgrado negli ultimi anni sia riuscita ad apparire meno anticonformista, molti osservatori sottolineano che il suo programma rimane radicale. «Sebbene non sia più favorevole all’uscita della Francia dall’UE, molte delle sue proposte porterebbero inevitabilmente a un confronto diretto con Bruxelles, proprio come con molti altri leader di estrema destra in Europa. Vuole tagliare unilateralmente i contributi francesi al bilancio dell’UE e limitare i diritti dei cittadini dell’UE in Francia e afferma che Parigi non deve conformarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Non è chiaro fino a che punto Le Pen sarebbe in grado di tradurre il suo duro discorso sull’UE in politica effettiva, ha affermato Mathilde Ciulla dell’European Council on Foreign Relations (ECFR). Ma una presidenza Le Pen potrebbe portare a un significativo riallineamento diplomatico con le relazioni franco-tedesche di lunga data che diventerebbero più travagliate e la Francia che ruota verso gli euroscettici come il Primo Ministro ungherese di estrema destra, Viktor Orban, con cui Le Pen si è prontamente congratulata per la sua rielezione la scorsa settimana».
John Lichfield, giornalista di lungo corso che vive in Francia e che dal 1986 segue le elezioni francesi, mentre seguiva elezioni in altri cinque Paesi, all’inizio di marzo sottolineava «conta come vince Macron e come fa campagna».
Se fosse «ampiamente riconosciuto che ha vinto per impostazione predefinita, sottraendosi a una battaglia a causa della sua legittima preoccupazione per un’altra, molto più cupa, potrebbe affrontare un secondo mandato presidenziale difficile.
Diciamo la verità. Macron avrebbe comunque dovuto affrontare un secondo mandato presidenziale difficile. C’è una grossa fetta della Francia, sull’estrema sinistra e sull’estrema destra, che lo considererà sempre un presidente accidentale o imposto. Questo è stato uno degli argomenti avanzati contro di lui dai Gilets Jaunes nel 2018, anche se Macron aveva vinto il secondo round l’anno precedente con il 66% dei voti. Gli eventi lo hanno favorito nel 2017, lasciandogli il facile compito di battere l’armeggiata Marine Le Pen. Ma fu anche ricompensato dalla propria preveggenza e audacia.
Sono convinto che Macron avrebbe vinto anche quest’anno anche se Vladimir Putin non avesse invaso la Crimea. I soliti sospettosi affermeranno comunque -alcuni di loro già lo fanno- di essere stati ‘derubati’ della vittoria dagli eventi in Ucraina». Importa che Macron venga visto nel prossimo mese esporsi in campagna elettorale. «Importa quanto grande sia l’affluenza alle urne in entrambi i turni elettorali del 10 e 24 aprile. Importa quanto bene Macron e i suoi alleati se la cavano alle elezioni parlamentari del 12 e 19 giugno».
«Qualunque cosa accada nella guerra in Ucraina, è probabile che il mondo debba affrontare una recessione e una paralizzante carenza di energia e di alcuni tipi di cibo nel prossimo anno o più. Dal momento che la Francia è un Paese in cui la rabbia va rapidamente in strada, entro la fine di quest’anno è probabile una sorta di reazione francese forse violenta -da parte di sindacati, agricoltori, Gilets Jaunes in ripresa. La capacità di Macron di controllare tali eventi dipenderà in parte da quanto bene sarà stato eletto e da quanto energicamente abbia fatto una campagna».
La campagna elettorale di Macron è stata quasi inesistente in vista del voto di oggi, possibile che nei prossimi 15 giorni il Presidente ci dedichi tutto il suo tempo.
Se Macron e Le Pen dovessero trovarsi di fronte al secondo turno, afferma Michele Barbero, «il risultato dipenderà in definitiva da quanti francesi accetteranno di votare per un presidente che non amano particolarmente, formando ancora una volta un ‘fronte repubblicano‘ contro l’estrema destra. Nel 2002, la volta di Jean-Marie Le Pen al secondo turno ha causato uno shock nazionale e i francesi hanno reagito votando in massa contro di lui al ballottaggio, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione politica. Ma il campo di Macron potrebbe essere stato lento a rendersi conto che meno persone considerano l’arresto di Marine Le Pen come la loro priorità assoluta quando si vota».
John Lichfield, venerdì 8 aprile, esattamente a distanza di un mese dalle sue considerazioni dell’8 marzo, su ‘The Guardian‘ ha fatto una puntigliosa analisi della situazione e ha concluso: «La corsa all’Eliseo potrebbe finire come una storia dell’orrore per chi ha a cuore il benessere della Francia o dell’Europa».