Lunedì 10 Febbraio 2014, Parlamento Europeo. L’Unione Europea entro la fine di febbraio rimuoverà la maggioranza delle sanzioni imposte allo Zimbabwe dal 2002, annuncia Chaterine Ashton, Direttrice del Ufficio Politica Estera dell’Unione Europea.
Indiscrezioni di alcuni parlamentari europei parlano che rimarrà il divieto di recarsi negli Stati Europei rivolto al Presidente, alla sua famiglia e ai suoi ristretti collaboratori. Il Parlamento Europeo si riunirà il 20 febbraio prossimo per votare la proposta sottomessa da Chaterine Ashton. Una formalità burocratica di una decisione già presa, secondo alcuni osservatori.
«Il cammino verso la democrazia intrapreso dallo Zimbabwe necessita di una risposta europea. In questo momento la cancellazione della maggioranza delle sanzioni è il miglior atto che si possa compiere tenendo conto della possibilità di rivedere questa decisione se vi saranno segnali di regressione democratica nel Paese», spiega Ashton.
Di quale movimento verso la democrazia Ashton parli rimane un mistero. Le motivazioni che spinsero l’Unione Europea a imporre le sanzioni economiche allo Zimbabwe nel 2002 sono tutt’ora presenti nel Paese. Il potere del Dinosauro d’Africa, Robert Mugabe, rimane inalterato. La riforma agraria che tolse le terre alla minoranza etnica bianca denominata “Rhodesian” è stata completata. Una nuova legge minaccia direttamente gli interessi occidentali nel Paese: la legge sulla indigenizzazione dell’industria che obbliga ogni identità imprenditoriale straniera a cedere il 51% delle azioni allo Stato o a soci di nazionalità Zimbabwana.
Le ultime elezioni presidenziali, svoltesi nel agosto 2013 hanno evidenziato l’inalterata capacità di Robert Mugabe di mantenere le redini del potere. Il cavallo su cui Europa e Stati Uniti avevano puntato, Morgan Tsvangirai, ha subito una pesante sconfitta e il suo partito, il principale tra lo schieramento dell’opposizione, ha raggiunto i minimi storici della fiducia popolare.
Le ragioni che stanno spingendo l’Unione Europea a cancellare la maggioranza delle sanzioni sono legate a pratiche considerazioni di natura politica ed economica.
I tentativi di cambiamento di regime (democraticamente o con la forza) pianificati dall’Occidente dall’inizio della riforma agraria sono evidentemente falliti. Il Presidente Mugabe è riuscito ad ottenere il supporto della Unione Africana che in questi mesi ha fatto pesanti pressioni sul Parlamento Europeo per ottenere la cancellazione delle sanzioni. L’Europa non si può permettere un secondo scontro diretto con l’Unione Africana contemporaneamente a quello in atto con i processi al Presidente e Vice Presidente kenioti presso la Corte Penale Internazionale. Entrambi i contenziosi vertono inevitabilmente sui rapporti post coloniali tra i due Continenti.
L’Occidente inoltre rischia di essere escluso dalla ripresa economica del Paese e dagli importanti investimenti minerari, metalli preziosi come oro e diamanti compresi. Una posizione intransigente sulle sanzioni danneggerebbe Europa e Stati Uniti in una percentuale maggiore delle sanzioni ancora applicate a Cuba e al Iran.
La possibilità di ripristinare le sanzioni in caso di regressi (non certamente democratici ma sui rapporti commerciali Zimbabwe – Unione Europea) ventilata dalla Ashton ha generato sorrisi sornioni sulle labbra di molti analisti africani che sottolineano l’impossibilità economica e politica di ritornare sui propri passi una volta che il Parlamento Europeo deciderà sull’argomento.
Nel frattempo che il Presidente Mugabe sembra prossimo ad ottenere un’altra vittoria politica internazionale, il Paese è vittima di un aberrante e distruttivo fenomeno monetario: la “multi-currency”: l’utilizzo di valute pregiate straniere nelle transizioni commerciali interne.
Attualmente nello Zimbabwe sono utilizzate nove valute straniere: il Dollaro Americano, il Dollaro Australiano, la Sterlina Inglese, l’Euro, il Rand Sudafricano, il Pula del Botswana, il Renmimbi Cinese, la Rupia Indiana e lo Yen Giapponese.
Nella maggioranza degli esercizi commerciali della capitale, Harare, i prezzi sono in Dollari e, in misure minore, in Euro. Il Rand Sudafricano è utilizzato nella regione di Bulawayo alla frontiera con il Sud Africa, e il Pula nelle regioni frontaliere con il Botswana. Le altre valute sono accettate in tutto il Paese come moneta di cambio per acquistare Dollari, Euro, Rand e Pula.
«E’ evidente l’esistenza di una confusione finanziaria causata dall’utilizzazione di diverse valute straniere che rende difficili le transizioni commerciali. Una cassiera di supermercato è costretta a confrontarsi con i differenti cambi di nove monete straniere, aumentando il rischio di errori e di perdite dovute ai diversi cambi», evidenzia Denford Muthasu Direttore Generale della Food Wold, la principale catena di supermercati dello Zimbabwe.
L’economia basata sulla multi-currency favorisce anche la contraffazione delle varie banconote attuata su vasta scala a causa delle scarsa familiarità della popolazione con questa cacofonia di monete. Un fenomeno talmente diffuso che sta spingendo i commercianti ad accettare le banconote meglio contraffatte rimettendole sul circuito monetario nazionale.
La multi-currency sta diminuendo il potere d’acquisto della popolazione, deprimendo le vendite e mettendo a rischio la ripresa economica.
Che fine ha fatto il Dollaro Zimbabwano? E’ in via di estinzione. Dal dicembre 2012 sia la Banca Centrale che i maggiori istituti finanziari del Paese stanno subendo una crisi di liquidità della moneta nazionale che, semplicemente, non viene più stampata in quantità sufficienti.
Per supportare la ripresa economica il Presidente Mugabe dovrà risolvere questo problema proibendo l’utilizzo di valute straniere per le transizioni commerciali interne e rafforzando il Dollaro Zimbabwano rispetto al Dollaro Americano e all’Euro. Una politica economica destinata a scontrarsi contro gli interessi di molti potentati economici del Paese, alcuni di essi all’interno della Famiglia Presidenziale e dell’esercito. Un problema assai complesso e delicato che richiede attente soluzioni.