Esattamente una settimana a domani, un suprematista bianco, Brenton Tarrant, australiano di 28 anni, è entrato in due moschee a Christchurch e ha ucciso 49 persone. Poco prima della strage aveva pubblicato online anche un manifesto dal titolo ‘The great replacement’ (la grande sostituzione), in cui si lamenta il fatto che sia in atto un ‘genocidio dei bianchi’ causato ‘dall’immigrazione di massa’ contro cui bisogna reagire, definendo il suo gesto come una vendetta.
Parole, pensieri per nulla estranei in Europa e in Italia, e non solo da dopo lo sbarco di Steve Bannon, l’ideologo della ‘alt-right’, del nazionalismo estremo, del suprematismo di ritorno.
Tarrant nel testo parla dei suoi modelli (che definisce ‘etnosoldati’), e cita tra gli altri l’autore della strage di Utoya in Norvegia Anders Breivik e l’autore dell’attacco a Macerata, Luca Traini. Nel corso delle prime indagini sono poi emersi viaggi di Tarrant in Romania, Ungheria, Montenegro, Serbia, Turchia.
L’Europa è chiamata in causa, molto più di quella che comunque resta la patria del suprematismo bianco, gli Stati Uniti. Malgrado Donald Trump lo consideri un non problema, i dati che anche in questi giorni sono emersi proverebbero il contrario. I così detti ‘crimini di odio’ sono aumentati parallelamente alla diffusione globale del nazionalismo bianco, affermano gli studiosi che si sono occupati del tema. E questo sia negli USA di Trump, sia in Europa. Attacchi razzisti su rifugiati, immigrati, musulmani ed ebrei stanno aumentando a livello mondiale ad un ritmo allarmante. Gli studiosi che studiano l’internazionalizzazione dei crimini di odio chiamano questo fenomeno pericoloso ‘transnazionalismo violento’.
Ma attenzione, il suprematismo bianco, forse il più pericoloso e il più pernicioso, che va al di là dei ‘crimini’ propriamente detti, delle uccisioni, e che magari fisicamente non uccide, è quello non per forza armato, anzi, quello che ‘mai si armerebbe’, “il suprematismo conta sulla connivenza o la complicità delle istituzioni che non usano quei toni e sistemi, ma condividono il messaggio e vedono con simpatia gli effetti di questa risorgenza del suprematismo”, ci dice Massimo Faggioli, professore di Storia del Cristianesimo, a Villanova University, storico e teologo.
Massimo Faggioli, da oltre 10 anni vive negli USA, e ottimo conoscitore delle dinamiche profonde del suprematismo e di tutto ciò che ci ruota attorno, lo avevamo sentito privatamente a ridosso dell’elezione di Trump, e già allora in qualche modo ci aveva ‘avvisati’, poi qualche mese dopo sul tema ci aveva già rilasciato una composita riflessione. Torniamo da lui per provare a capire come si stanno evolvendo le cose.
Professore ci fa un quadro del suprematismo negli Stati Uniti?
Negli Stati Uniti il suprematismo bianco è parte della storia del Paese. Esistono tipi diversi di suprematismo bianco, ammantati di linguaggio religioso oppure più ‘laici’. Con la vittoria del movimento dei diritti civili, questi gruppi erano usciti di scena e archiviati come frange estremiste con cui nessun partito o politico di primo piano voleva essere associato. Ora è diverso. La differenza è che con l’elezione di Trump questa galassia di piccoli gruppi si sente politicamente coperta dalla Casa Bianca e dal Partito Repubblicano, che vogliono far credere alla equivalenza morale tra questi gruppi di razzisti e antisemiti da un lato, e altri gruppi della sinistra radicale dall’altro. È una falsa equivalenza morale che si fa sentire anche nella riluttanza del cattolicesimo istituzionale a denunciare questi gruppi.
E nel resto del mondo come siamo messi? Ci pare di capire che si stia diffondendo anche in America Latina (Brasile recentemente) e in Europa.
È una nuova internazionale: una volta c’erano l’internazionale comunista, socialista, democristiana. Oggi c’è l’internazionale suprematista che ha simboli e linguaggi diversi, ma condivide il rigetto del multiculturalismo in nome della difesa di una cultura che è anche un modo di difendere un’idea di gerarchia tra le razze, con la razza bianca in una posizione di supremazia.
Il suprematismo bianco è solo cattolico? E sulla base di quali principi il suprematismo si considera cattolico?
In realtà il suprematismo bianco americano nasce nell’Ottocento più che altro come movimento anti-cattolico: i cattolici erano le vittime del suprematismo bianco protestante, perché inizialmente gli irlandesi e gli italiani, per esempio, non erano considerati ‘bianchi’. Poi col passare del tempo e grazie ai cambiamenti nella posizione sociale ed economica del cattolicesimo negli USA, anche irlandesi e italiani sono ‘diventati bianchi’. Oggi, se non sono partecipi del movimento suprematista bianco, molti cattolici americani di cultura conservatrice tendono ad essere ciechi verso il fenomeno suprematista e cosa esso significa per altri americani -inclusi cattolici- che non sono accettati come bianchi: non solo gli afro-americani, ma specialmente i ‘latinos’.
I vertici della Chiesa cattolica hanno preso provvedimenti contro?
Qualche comunicato c’è stato, e la recente lettera pastorale dei vescovi USA contro il razzismo. Ma questa non sembra essere una priorità della Chiesa americana, anche perché c’è un vuoto di leadership nella Chiesa istituzionale, cioè nei vescovi, che tende ad essere riempito dal potere dei dei cattolici bianchi che dispongono di ingenti capitali necessari a creare nei media una certa ‘narrazione’ sulla situazione del cattolicesimo in un’America più multiculturale e più secolarizzata di una volta. La riluttanza della Chiesa cattolica istituzionale a farne una priorità è una delle conseguenze delle ‘guerre culturali’ nel cattolicesimo USA: il Partito Democratico è a favore dell’aborto legale praticamente senza limiti (cosa vera), e quindi non ci sono nemici a destra.
– Sta passando l’idea che il suprematismo sia sempre o solo armato. È così? Non è forse vero che è molto più pericoloso quello non armato, quello culturale e che agisce anche nelle istituzioni?
Il suprematismo conta sulla connivenza o la complicità delle istituzioni che non usano quei toni e sistemi, ma condividono il messaggio e vedono con simpatia gli effetti di questa risorgenza del suprematismo. La differenza è che in America tutti i movimenti politici di questo stampo reazionario sono armati o sono favorevoli ad armare quanti vogliono lottare per la difesa di una certa tradizione etnica nazionale. Basti vedere le differenze di atteggiamento da parte dell’opinione pubblica in America circa l’accettabilità di possedere le armi per i bianchi (‘fa parte della cultura’) e per gli afro-americani (visto come sintomo o causa di comportamenti criminali).
– Quello di Bannon si può considerare un suprematismo di area cattolica? O siamo solo noi europei a definirlo cattolico?
Bannon usa il cattolicesimo in senso evidentemente anti-cristiano, ma non credo che i cattolici europei vedano in Bannon un cattolico. Credo che Bannon abbia avuto più successo in America con Trump di quanto non ne avrà in Europa. Bannon e i suoi non hanno calcolato che i movimenti reazionari e di estrema destra in Europa hanno sempre avuto una cultura anti-americana.
– Quanto c’è di suprematismo nel sovranismo europeo?
Ci sono certi elementi in comune forse. La differenza essenziale è che in Europa manca un ingrediente essenziale, il peccato originale del Nord America: lo schiavismo, la sua lentissima uscita di scena (dal punto di vista legale) a fine dell’Ottocento, ma la sua persistenza dal punto di vista legale locale e sociale-culturale fino a tempi recenti, e in un certo senso fino a oggi (basta vedere le distorsioni del sistema economico, educativo, e carcerario a sfavore degli afro-americani). L’Europa deve fare i conti col suo recente passato coloniale, ma non con lo schiavismo, la guerra civile americana, la segregazione razziale legale che in certe forme dura fino a oggi.
-Si può dire che il sovranismo europeo si sta dirigendo a veloci quanto subdoli passi verso il suprematismo?
Credo che siano due fenomeni collegati dalla percezione della crisi dell’ordine liberale (sia interno che internazionale), ma sono due fenomeni culturalmente e politicamente diversi. Resta da vedere quanto vorranno o potranno collaborare. Di certo è un sistema politico internazionale in crisi in Occidente: questo tipo di destra sembra più pronta ad approfittarne rispetto alla sinistra o a quello che ne rimane.