Quello appena iniziato, per la Libia dovrebbe essere l’anno delle elezioni, legislative e presidenziali, previste per dicembre. Venerdì, il capo del Governo di accordo nazionale libico (Gna), Fayez Al-Sarraj, è giunto a Roma per una serie di incontri con il premier Giuseppe Conte e alti funzionari italiani e con il rappresentante speciale ad interim del Segretario generale delle Nazioni Unite, Stephanie Williams.
Al centro dei colloqui con Conte: il processo politico che dovrebbe condurre alle elezioni, la questione dei flussi migratori illegali, e, secondo quanto dichiarato da al-Serraj, anche il ritorno delle aziende italiane in Libia per riprendere le loro attività nel Paese. In fatto di cooperazione Italia-Libia, i media locali confermano che si è convenuto di attivare accordi di amicizia e partenariato e di continuare a tenere le riunioni del Comitato economico misto.
Con Williams, al-Sarraj ha affrontato le questioni legate alle elezioni e al processo politico che le dovrà approntare, ovvero, come recita la nota ufficiale, le modalità per portare avanti il dialogo politico libico, in vista della riunione del comitato consultivo del Forum del dialogo politico libico in programma questa settimana a Ginevra.
Altro importante incontro di al-Sarraj, a Roma, è stato quello con l’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Richard Norland, con il quale ha discusso degli sviluppi della situazione in Libia e dei progressi compiuti sulle modalità di soluzione della crisi libica, dal punto di vista militare, di sicurezza, politica ed economica. L’incontro, secondo quanto riferisce il governo di Tripoli, è stato anche l’occasione per affermare la «necessità di fermare l’interferenza esterna negativa negli affari libici in modo che le modalità di soluzione della crisi possano raggiungere i loro obiettivi di stabilire sicurezza e raggiungere stabilità e ripresa economica».
Una visita che farebbe sembrare l’Italia ancora al centro della politica libica. Secondo molti osservatori, invece, non è così, anzi, tra questi l’Onorevole Agostino Spataro, giornalista, scrittore, già membro delle Commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera dei Deputati, grande esperto di politica estera italiana, in particolare sul versante Mediterraneo, che qualche settimana fa, in una nota ha tra l’altro scritto: «Prima che scoppiasse il tragico conflitto, scrissi che ‘la Nato poteva vincere la guerra ma perdere il dopoguerra’. Oggi, di fronte allo sconquasso e alla guerra fratricida in Libia, si può affermare che l’Italia in quell’avventura perse la guerra e il dopoguerra, poiché nel nuovo, inquietante scenario libico e e mediterraneo, non conta quasi nulla. Nell’ultimo decennio (2010-20) i governi italiani hanno bruciato un patrimonio importante di relazioni economiche e politiche con la Libia. Con la conseguenza che il ruolo assai importante dell’Italia oggi risulta logorato. marginale, banalizzato». Spataro affermava ciò in relazione al fermo dei 18 pescatori di Mazzara, affermando inoltre «per ottenere la liberazione dei 18 nostri pescatori di Mazara non si sa dove andare a bussare: a Parigi, a Mosca, a Washington, a Il Cairo, negli Emirati, ecc.». Pochi giorni dopo, la liberazione dei pescatori, previo ‘omaggio’ del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio -ovvero dei vertici dello Stato- al generale Khalifa Haftar, l’oppositore di al-Sarraj, premier di un governo che Roma ha dichiarato alleato.
Con Agostino Spataro abbiamo dunque provato a capire come e perché l’Italia sarebbe ridotta al ‘nulla’ in termini di influenza in Libia e nel resto del Mediterraneo, ricostruendo quel ‘patrimonio di relazioni’ sprecato

Onorevole Spataro, nelle scorse settimane, lei è intervenuto sulla questione dei pescatori di Mazara del Vallo, sostenendo che nell’ultimo decennio ‘i governi italiani hanno bruciato un patrimonio importante di relazioni economiche e politiche con la Libia’. Come sono andate le cose?







Da sin: A. Spataro, Oliviero Diliberto, e Direttore del Centro culturale libico