domenica, 26 Marzo
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L’estate (finita) della battaglia contro il green pass

Come detto, mi limito a sottolineare e commentare i ‘passaggi’ più significativi di questo periodo di vacanza. Dove, non essendovi altri particolari motivi per litigare, ogni occasione è stata buona per fare caciara. Ma caciara allo stato pure, polpette avvelenate a parte.

Guardiamo con un minimo di distacco le cose. Fa un caldo pazzesco, e ci si aspetterebbe che tutti, a cominciare dal Governo, sia pure in vacanza, ci si preoccupasse di ciò e di cosa si può fare per limi-tare i danni. Sarà un caso, figuriamoci, ma non molto tempo fa feci notare che un piano di rinascita serio doveva partire, secondo me che non capisco nulla, da due cose: un massiccio enorme piano di ristrutturazione e recupero ambientale e un massiccio piano di ricostruzione e ammodernamento eccetera delle scuole. Cose che avrebbero messe in moto energie e lavoro e anche investimenti privati. E iniziato a tamponare i disastri che ci sono e ci saranno.
Il Governo è più competente di me e ha scelto altro. Sarà bene, vedremo. Ma sentire il geniale Ministro (così è stato presentato, anche se sempre più appare un flop) gridare al lupo, perché la situazione è gravissima e bisogna intervenire subito, fa un po’ ridere. Signor Ministro, lei è un Ministro, non un commentatore e dunque, per cortesia, faccia … se sa fare. Ci sono e ci saranno incendi e crolli e allagamenti e ‘esondazioni’: che si fa, si guarda e si fanno le centraline nucleari di quartiere? Stiamo freschi.
Insomma, non si va oltre le solite chiacchiere da ombrellone. Per cui la battaglia politica del Paese è diventata una e una sola: la battaglia contro il passaporto verde (o, se volete, green pass). Che è la causa di tutti i mali, l’oggetto di ogni discussione, il simbolo del malgoverno e, naturalmente, della privazione della libertà.
Vediamo un po’.

Intanto sembrerebbe che molti giovani comincino, anzi, abbiano cominciato a capire che, passaporto o no, se non si fanno vaccinare, rischiano anche loro e, per di più, rischiano di non potere andare in discoteca, eccetera.
Uno si potrebbe aspettare che, visto che l’introduzione del sistema sta precisamente provocando quel risultato, tutti in coro si affannino a congratularsene e ad insistere perché venga applicato bene. Badate bene: è nell’interesse di tutti, ma proprio di tutti. Perché se è vero che il proprietario di un locale se ne frega altamente se i suoi clienti si ammalano (lo abbiamo visto l’anno scorso in Sardegna, culminante con la prostatite infettiva di Briatore) c’è un rischio, sia pure lieve, che i locali vengano sanzionati e chiusi, sia se non applicano le regole, sia se da loro derivassero focolai … magari, con i tempi italiani, fra due anni!
Lentamente, mi pare, lo stavano cominciando a capire un po’ tutti. Con i soliti limiti anche ridicoli e contraddittori. Per esempio la signora Monica Cirinnà, passionaria dei diritti degli omosessuali, protesta per il passaporto ai ‘transgender’, perché nel chiedere o leggere il loro nome risalterebbe all’evidenza la contraddizione tra il nome e l’aspetto! Ce ne vuole per dire cose del genere!
Ma, naturalmente, il Paese dei ‘furbi’ è sempre governato da ‘furbi’. E quindi non solo, come ho già scritto, la signora Luciana Lamorgese rassicura i gestori che non vi saranno controlli, ma addirittura tra i sindacati parte una guerra al passaporto, limitatore della libertà … di infettare. Di infettare, sì. Perché se è indubbio che possa essere una limitazione della mia libertà impormi di vaccinarmi, è altrettanto indubbio che nessuno ha il diritto di infettare gli altri. Il principio costituzionale di base è proprio e solo quello. Si può discettare, più o meno pomposamente su questo o quello, ma sul fatto che nessuno, abbia il diritto di infettare gli altri è un fatto ovvio.
E, mi dispiace per Giorgio Agamben, ciò non ha nulla a che vedere con gli untori o, peggio, con gli ebrei. Nessuno accusa nessuno di essere un untore o pretende che i non vaccinati si dotino di un distintivo, anzi, è il contrario, semmai. Si dice solo che se sei suscettibile di essere infetto, e lo sei certamente molto di più di chi sia vaccinato, non devi andare in giro a infettare gli altri. Punto. Mi dispiace prof. Agamben, ma questa sua frase è insensata, nel senso che non corrisponde alla realtà, della quale tutti devono tenere conto. E’ insensato dire: «Qual è la figura della nuda vita che è oggi in questione nella gestione della pandemia? Non è tanto il malato, che pure viene isolato e trattato come mai un paziente è stato trattato nella storia della medicina; è, piuttosto, il contagiato o -come viene definito con una formula contraddittoria- il malato asintomatico, cioè qualcosa che ciascun uomo è virtualmente, anche senza saperlo. In questione non è tanto la salute, quanto piuttosto una vita né sana né malata, che, come tale, in quanto potenzialmente patogena, può essere privata delle sue libertà e assoggettata a divieti e controlli di ogni specie. Tutti gli uomini sono, in questo senso, virtualmente dei malati asintomatici». Sorvolo sul trattamento dei malati (e come li si dovrebbe trattare, aspettando che guariscano da sé o muoiano?), ma il ‘malato asintomatico’ non è uno ‘normale’: non ha sintomo, ma ha la malattia. Questa distinzione mi pare elementare e stiracchiare il discorso non aiuta a chiarirsi le idee.
Il tema è: vuoi stare senza vaccino? Perfetto, stacci, ma in un ambiente di non vaccinati come te. Se poi, come accade, non è possibile creare ‘riserve’ per i non vaccinati (per carità, prof., non ci penso nemmeno per scherzo … anche se alcuni mi piacerebbe metterceli per un po’) non è che ti si chieda molto di più, solo di fare un tampone prima di andare a ballare, oppure di non andarci, ma di andare a fare una passeggiata o a mangiare una pizza all’aperto, ecc…

Francamente non si capisce, in risposta alle decisioni del Governo, questa frenesia di distinzione. , perché ogni categoria, mini categoria o quel che sia, ha le sue esigenze particolari e le rivendica. I ristoratori non possono, poverini, controllare tutti gli avventori, i gestori di mense sono discriminati perché finora hanno adottato misure di grande rigore e quindi perché pure il passaporto, poveracci (ma non si sa quanti frequentatori si siano infettati), i presidi protestano perché vogliono assumere 8.000 persone per i controlli (sic!), e la Meloni suggerisce di mettere i docenti non vaccinati in incarichi non di insegnamento … cioè?, e poi arrivano i sindacati, Maurizio Landini in testa.
E qui, confesso, una sorpresa sgradevole. Landini mi era finora apparso un sindacalista moderno e innovativo, aperto, intelligente, capace di trattare non soltanto di rivendicare. Un sindacalista all’altezza dei grandi predecessoristorici‘, e invece si impunta sul passaporto in fabbrica. Per ‘difendere’ la dichiarata minoranza che non si vuole vaccinare. Un rovesciamento anche della logica nonché sindacale, democratica: si difende una minoranza di incoscienti, mettendo a rischio una maggioranza di lavoratori, che, oltre tutto, se scoppia l’infezione in fabbrica rischiano di perdere il lavoro. La logica proprio mi sfugge. A meno che non si tratti di furbizia‘, la solita malattia italiana: Landini ha provato a difendere quegli interessi (indifendibili), ma Mario Draghi ha comandato e lui si limita a prenderne atto e a dire, timidamente, che l’obbligo vaccinale richiederebbe una legge, che non c’è, come nemmeno l’obbligo … e vogliamo parlare male di Bisanzio?
Ne sono prova quegli imprenditori -pochi ovviamente- che, piuttosto di mettere a rischio le proprie produzioni, lasciano a casa i lavoratori non vaccinati pagandogli lo stipendio pur di non correre rischi. Ma si può pensare che a un bisogno collettivo evidente debbano rispondere dei privati a loro spese? È una questione di principio, non di soldi. Tanto più che, al solito, la burocrazia arriva in ritardo, in grande ritardo, e promette circolari e quant’altro: il Paese delle circolari, le leggi non bastano, eppure basterebbe leggerle e applicarle cum grano salis. La norma infatti è’ chiarissima. L’art. 13 del DPCM (molto più stringato di quelli del predecessore di Draghi) dice testualmente: «2. Alla verifica di cui al comma 1 sono deputati: … c) i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali è prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonché i loro delegati; d) il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività per partecipare ai quali è prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonché i loro delegati; … 4. L’intestatario della certificazione verde COVID-19 all’atto della verifica di cui al comma 1 dimostra, a richiesta dei verificatori di cui al comma 2, la propria identità personale mediante l’esibizione di un documento di identità. 5. L’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma».
Colpisce, dunque, questa oscillazione paurosa da un estremo di efficienza, modernità, resilienza appunto cioè reattività e senso della collettività, all’altro solito, dell’accidia, del pressapochismo, del cerchiobottismo, dello scarica barile. Con la (ridicola, permettetemi) polemica sulla assenza di un incentivo a vaccinarsi … a Honk Kong ti regalano una casa, e qui? Ma come, sbraitate contro il cashback, e volete l’incentivo per il vaccino? Non è doppiezza questa?

Ma, forse deliberatamente (come infatti si è visto), per lasciarli consumare nelle polemiche sterili (sono convinto che ha già bello e pronto il suo progetto, gelosamente custodito, lo vedremo tra poco), Draghi è andato in vacanza dicendo cheil reddito di cittadinanza in sé è cosa buona e giusta‘; lo ha detto ed è scomparso! Una frase in stile filosofico, che dice tutto e non dice nulla; che serve solo a scatenare Matteo Renzi da una parte e Stefano Patuanelli o qualche altro senza patria dall’altro, a lanciare statistiche, numeri, casi. Certe volte diventa inevitabile dire: ma è proprio bravo questo Draghi.
Oggi, alla ripresa, vedremo che le polemiche si sono già consumate, i polemisti sono già sfibrati e Draghi se ne potrà uscire con un suo progetto, perché che si debba aiutare chi non ce la fa è indubbio, ma che si debbano scoraggiare i ‘divanisti’ di Giggino è altrettanto indubbio. Ma finché continuerà ad esserci il lavoro nero e i pagamenti in nero, dall’impasse non si uscirà.

Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino, ordinario, fuori ruolo, di diritto internazionale nell’Università degli Studi di Napoli Federico II, è autore di numerose pubblicazioni su diverse tematiche chiave del diritto internazionale contemporaneo (autodeterminazione, terrorismo, diritti umani, ecc.) indagate partendo dal presupposto che l’Ordinamento internazionale sia un sistema normativo complesso e non una mera sovrastruttura di regimi giuridici gli uni scollegati dagli altri.
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