L’Italian food lifestyle è una delle caratteristiche che parte del mondo c’invidia. Da vari anni ormai la cucina italiana, nella sua varietà e ricchezza, la dieta mediterranea, le produzioni alimentari del nostro Paese sono andate imponendosi in larga parte del mondo, non solo occidentale. Ma c’è food e food, non tutto si colloca sullo stesso piano e accanto alle grandi produzioni ci sono realtà di nicchia, che cercano di farsi strada: c’è una produzione raffinata, d’eccellenza, per palati fini e tasche un po’ più fornite, destinata ad un pubblico ristretto, limitato che, però, sembra destinato ad allargarsi, vincendo resistenze culturali e difficoltà economiche-sociali.
Un piccolo segnale in questa direzione si è potuto cogliere in una manifestazione come PittiTaste, una sorta di Salone del gusto giunto alla dodicesima edizione svoltasi alla Leopolda di Firenze: crescente il numero di aziende partecipanti (380 quelle ammesse: il 12% in più della precedente edizione), aumento di visitatori (quasi 20 mila), di buyer e operatori del settore (oltre 5000), costante la partecipazione alle degustazioni dedicate a prodotti specifici (birra, pasta, vini, olio, spezie carne, tartufo, salumi, dolciumi e molto altro ancora), ed agli eventi ( libri a tema, dibattiti, momenti vari) che hanno coinvolto esperti delle varie discipline, coordinati da quel collega ormai noto astronauta che risponde al nome di Davide Paolini.
Ma, al di là dei numeri, ciò che ci ha mossi in questo viaggio attraverso l’Italian life food style, è la curiosità di scoprire cosa c’è dietro tutto questo: e così, saltando da uno stand all’altro, da un settore all’altro, dal Nord al Sud al Centro del Paese, equamente rappresentato, si sono incrociate persone, esperienze, competenze e idee spesso ignote al pubblico dei consumatori, anche a quello più attento e sensibile. “Dietro? Dietro c’è passione, competenza, fantasia e coraggio, tanto coraggio…” sono le parole di Stefania che racchiudono l’avventura di una piccola azienda per la produzione di cioccolata fondente al cento per cento, sorta a Calenzano, alle porte di Firenze nel 2013, e che ora esporta in vari paesi del mondo.
“Siamo più conosciuti in Germania, Finlandia, Giappone dove siamo sbarcati con grande successo per S.Valentino, che da noi, anche se siamo già presenti negli scaffali di una grande catena di distribuzione”. Stefania tiene a sottolineare che il loro è un prodotto biologico, senza alterazioni di alcun tipo: “Premesso che da tempo si lodano le benefiche proprietà di questo prodotto, in particolare l’azione positiva sullo stato d’animo dovuta alla serotonina e sono altresì noti gli effetti positivi delle endorfine, ciò che distingue la nostra fonderia è un solido know-how e una grande attenzione all’ambiente ed ai prodotti naturali. La nostra mission è infatti quella di diffondere la conoscenza del cacao di alta qualità che lavoriamo con alte tecniche di produzione e trattiamo con componenti naturali purissimi quali zucchero di canna,bacche di goji, quinoa e semi di chia, produciamo tavolette che apportano vitamine ed omega 3. Altro aspetto che ci ha distinti fin dall’inizio della nostra attività, è la gestione dell’intera filiera: dalla produzione alla trasformazione del prodotto, per il quale abbiamo messo a punto 4 diversi livelli di tostatura. Ma è alla fonte, in Ecuador, che avviene la ricerca dei nostri esperti i quali si sono spinti oltre le zone tradizionali (Los Rios, Manabi, El Oro) fin nelle Valli del fiume Napo o nelle coltivazioni amazzoniche dell’Orellana, per avere sempre assicurato un prodotto top, poiché ogni stagione ha un gusto diverso, e ogni ceppo arboreo un aroma diverso”.
Il racconto di Stefania ci porta con la fantasia in terre lontane, evocando sudore e fatica delle popolazioni indigene, spesso sottomesse . “Non è come si potrebbe pensare, il nostro accordo commerciale si svolge attraverso la rete del Commercio Equo e Solidale, riconoscendo anche premi in denaro ogni tot di prodotto stabilito. Insomma, siamo consapevoli di contribuire alla crescita economica e sociale di quelle popolazioni, alla quale teniamo. Dall’ Ecuador importiamo circa 6 tonnellate l’anno di cacao, ma dovremo aumentare la richiesta”. Il nostro incontro finisce qui e non ci resta che ammirare le accattivanti confezioni esposte sul banco e degustare come golosi di cioccolata fondente, anche amara, le varie linee proposte, compresa quella vegana.
Il lettore ci scuserà se la gola ha dato la preferenza al cioccolato biologico rispetto al caffè, che è stato invece il prodotto celebrato in questa edizione di Taste, in quanto bevanda simbolo di aggregazione, di identità culturale e al tempo stesso diversità. Che dalle grandi piantagioni equatoriali del Brasile, dell’ Africa, del Sud Est Asiatico ( in particolare Vietnam) raggiunge, attraverso un delicato processo, le tazzine da caffè di tutto il mondo, poiché il mercato globale si aggira intorno ai 90.000 milioni di dollari. Di questa indispensabile bevanda nera, che la leggenda fa risalire ai tempi di Maometto, si hanno vari modi di tostatura e di preparazione. E qui, a Taste, il caffè è stato descritto e decantato in tutti i suoi aspetti: dalla raccolta alla tostatura, alla preparazione, attraverso mostre fotografiche, installazioni, presentazioni di libri, contest e talk – che hanno acceso i riflettori sui diversi modi di vivere e gustare una delle bevande più amate al mondo.
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