Il 5 novembre di 40 anni fa, nella clinica delle Suore Inglesi di via Cherubini, a Firenze, Giorgio La Pira, che i fiorentini chiamano ancora ‘Il Sindaco Santo’, lasciava la vita terrena. Aveva 73 anni. La clinica, conosciuta come Villa Cherubini, da tempo chiusa, si trova a due passi dal Convento di S. Marco, dove dal ’36 in poi il giovane professore di Istituzioni di Diritto Romano, visse per vari anni in una cella, la n.6, luminosa e silenziosa ma fredda e disadorna, così la descrisse.
Quel Convento custodisce le opere del Beato Angelico – tra le quali spicca l’Annunciazione, una delle più amate dal prof. La Pira – e là trascorse gli anni più intensi e drammatici della propria vita Fra’ Girolamo Savonarola, prima di finire sul rogo. Nella chiesa, da dieci anni, si trova la tomba di Giorgio La Pira, già Terziario col nome di Fra’ Raimondo e poi Donato domenicano, alla cui memoria la cittadinanza ha reso omaggio in occasione della celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori. Il quale ha ricordato come questo credente abbia profuso durante la sua lunga militanza politica e istituzionale tutto il suo impegno intellettuale ed il suo spirito cristiano per l’affermazione dei diritti irrinunciabili della persona umana.
E’ chiaro che in un tempo in cui si dimentica tutto in fretta o si tende a cancellare e ad azzerare il passato, ricordare la figura di Giorgio La Pira, è cosa altamente meritoria e istruttiva per tutti: credenti e non credenti. Soprattutto per i giovani. Lo faccio insieme al prof. Mario Primicerio, ex Sindaco di Firenze e Presidente della Fondazione La Pira, che del ‘professore’ è stato stretto e prezioso e collaboratore.
Al quale prof. Primicerio chiedo qual è l’attualità del pensiero e del suo messaggio di Giorgio La Pira?
La Pira ci ha lasciato un messaggio attualissimo, particolarmente in tempi come quelli che stiamo vivendo segnati da guerre, immani distruzioni, bibliche migrazioni, la catastrofe ambientale che minaccia il pianeta e la minaccia nucleare. Il suo è un messaggio innanzitutto di pace. Primum vivere deinde philosophari, ovvero ‘prima vivere, poi filosofare’, era una delle sue massime. Impegnarsi per raggiungere la pace è oggi più che mai un must, un dovere, al quale tutti siamo chiamati. E a questo impegno La Pira ha dedicato tutte le sue energie intellettuali politiche e spirituali. Sì, il perseguimento della pace è stato il suo assillo e la sua esortazione una citazione del profeta Isaia: ‘Trasformare le spade in aratri’.
Quello del prof. La Pira è stato un percorso irto di ostacoli – i ‘venti contrari’ come ebbe a definirli e i ‘venti amici’ – avvertiti sin da quando nel ’39, l’allora 35 enne professore di Diritto Romano all’Università di Firenze, città nella quale si era trapiantato fin dal ’26, vide sopprimere la rivista Principi da lui fondata e diretta e poi costretto a nascondersi perché ricercato dal fascismo. Ma è soprattutto nel ’43 che per sottrarsi all’ordine di cattura si vide costretto a cambiare continuamente rifugio fino a trovare accoglienza prima da amici a Roma, poi da un amico speciale: Monsignor Montini, futuro Paolo VI. Rientrato nel ’44 a Firenze appena liberata, si mise all’opera alla guida dell’Ente Comunale di Assistenza,che si occupava delle persone ridotte in povertà dalla guerra.
I poveri saranno una delle costanti preoccupazioni di La Pira (noto il suo testo sulla ‘collera dei poveri’, ovvero sulle grandi diseguaglianze che affliggevano e affliggono tutt’ora il mondo). Noto è anche il suo impegno nell’Assemblea Costituente e nella formulazione ( con Moro, Dossetti, Basso, Calamandrei, Togliatti) dei principi fondamentali della Carta Costituzionale riguardanti le libertà civili e religiose, il diritto al lavoro, il valore della persona umana. Nonché il suo apporto alla elaborazione dell’art.7 relativo ai rapporti fra Stato e Chiesa. Nominato sottosegretario al lavoro si dimetterà per contrasti sul programma economico. E’ del ’48, un articolo che delinea il suo pensiero ed il suo impegno, una sorta di Manifesto sulle condizioni di larga parte dei ceti sociali più disagiati: L’attesa della povera gente.
Eletto Sindaco nel ’51, erano anni terribili di conflitti in Asia e contrapposizioni fra le grandi potenze, da Firenze città sul monte, o anche l’Atene contemporanea, come la definiva, La Pira mise in atto il suo progetto volto alla pace, al dialogo ed alla cooperazione internazionale, che si svilupperà nel corso dei decenni attraverso iniziative internazionali di grande respiro: l’incontro dei Sindaci delle Capitali del mondo, ‘I Colloqui Mediterranei, i pellegrinaggi in Israele, Giordania, Egitto, Rabat, Tunisi, Beirut, Parigi, e poi gli Incontri in preparazione del Conciclio Vaticano II.
“La Pira”, riprende a dire Mario Primicerio, “aveva dunque una visione prospettica, sorretto dalla fede e dalla convinzione che le cose devono cambiare. Questo è anche il ruolo che lui assegnava alla politica della quale aveva una concezione alta. Ecco l’importante messaggio che lui ci ha lasciato e che oggi è più che mai necessario raccogliere, di fronte al disimpegno, al disinteresse e alla crescente avversione ad essa (l’antipolitica). C’è una frase da lui scritta alla vigilia della II guerra mondiale, che va tenuta ben presente: a chi dice che la politica è una cosa sporca dico che non abbiamo il diritto di lamentarsi se non facciamo di tutto perché le cose cambino. La politica è un impegno fondamentale dal quale derivano le soluzioni dei problemi relativi al diritto alla pace, alle libertà civili e religiose, al lavoro, alla casa, allo studio, alla giustizia sociale ed economica. Tematiche che da Sindaco e anche come cittadino e credente ha sempre cercato di portare avanti”.
Val la pena ricordare che gli anni in cui fu alla guida della città, scese a fianco dei lavoratori contro i licenziamenti nelle grandi fabbriche (Galileo, Pignone, Fonderia delle Cure) e dei senza tetto, che lo portarono a requisire case e Ville (da qui campagne di stampa contro il suo operato), ma va rimarcato anche l’impegno per la edificazione di un nuovo quartiere di edilizia popolare di Firenze, con case, giardini, la piazza e la Chiesa, chiamato l’Isolotto, un quartiere ordinato oggi considerato un modello di urbanistica moderna, che suscitò l’ammirazione anche di Le Corbusier. E come dimenticare le battaglie (e il tribunale) a fianco di don Lorenzo Milani, padre Balducci ed altri, per l’obiezione di coscienza? Anni intensi e travagliati, che ripercorriamo a volo d’uccello.
L’esperienza lapiriana si è snodata attraverso varie stagioni politiche e amministrative fino ad approdare alla prima giunta di centro-sinistra in Italia. La sua azione si è sviluppata fondandosi su alcune linee e principi chiari: unire le città per unire le Nazioni e i popoli, al di là e talvolta contro le politiche degli Stati (attualissimo il discorso che La Pira pronunciò a Ginevra nel ’54 al Congresso delle città unite), attraverso i gemellaggi, favorire il dialogo tra le diverse religioni, cercare con appropriate e coraggiose iniziative la pace nel Mediterraneo, appellandosi alla più ampia mobilitazione dei cittadini e delle forze politiche, oltre gli steccati delle formule politiche.