La risposta dell’UE alle proposte italiane circa la manovra di bilancio (firmata Salvini, Di Maio, Conte) non poteva essere più chiara e più dura. Anche se molto diplomatica e stringata.
E’ evidente che un gruppo di persone, che non solo non sono burocrati, ma uomini politici di rilievo nei rispettivi Stati che -piaccia o no a Matteo Salvini e specialmente a Luigi Di Maio (che evidentemente non sanno ciò che dicono)- sono il Governo dell’intera Europa, scelto da tutti i Governi e ‘approvato’ (in realtà si tratta di una vera e propria fiducia, come nel nostro Parlamento) dal Parlamento europeo, che se votasse contro obbligherebbe quelle persone a dimettersi, è evidente, dico, che gente così non ha alcun piacere, di sentirsi irridere da Salvini (sono grafomani, mandano le letterine, ora aspettiamo la lettera di Babbo Natale …) o da Di Maio (appena avuta la bocciatura lo spread scenderà, come dire nel suo linguaggio forbito ‘chi se ne frega’) o, infine, dal Governo (Conte o non Conte, tanto non conta nulla nessuno lì, tranne ‘quei due’ per di più sull’orlo dello scontro fisico) che ‘accelera’ la vendita degli immobili -una cosuccia da nulla, giusto 18 miliardi, che ci vuole! Ma oltre a non avere piacere, c’è poco da fare, non ci credono, non ci credono più. E (ne parlerò prossimamente) non è solo e non tanto la Commissione, quanto i singoli Stati dell’UE che non ci credono più.
Ieri quel bel tipo che si diverte a calpestare le carte di Pierre Moscovici con le scarpe italiane, oltre a ribadire (da irresponsabile assoluto dato il momento) al ‘TG4’ il gesto, prendeva in giro Jean-Claude Juncker in quanto «rappresentante di un Paese grande come metà della Lombardia». E si tratta di un parlamentare europeo, che evidentemente non sa che Juncker e gli altri Commissari non ‘rappresentano’ gli Stati dai quali provengono, ma la Unione Europea nella sua interezza. Né più né meno di un nostro governante –n teoria, perché a quanto pare costoro non hanno ancora capito che, in quanto governanti italiani, rappresentano ‘il’ popolo italiano, e agiscono per l’intero popolo italiano. Costoro si preoccupano di diffondere la ‘cultura’ del riciclo, ma se imparassero un minimo di cultura costituzionale… Ci sono, confesso, dei momenti (e non solo rispetto a questo Governo … basti pensare a Renzi) che mi domando perché non si facciano dei ‘corsi di aggiornamento’ per Ministri, come si fanno per gli insegnanti delle scuole! A Napoli si dice «nessuno nasce imparato».
Colpisce moltissimo la risposta dello ‘stellino’ di turno (naturalmente su facebook, hai visto mai) tal Francesco D’Uva che afferma irridente: «Ci chiediamo perché la commissione UE apra la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia che ha sempre rispettato le regole, a differenza di altri Paesi. E le stiamo rispettando anche con questa manovra! Ai cittadini diciamo di non temere perché non arretriamo: non siamo stati votati per realizzare le stesse politiche distruttive dei vecchi governi». Caro ragazzo, la procedura d’infrazione inizia esattamente perché le regole non le stiamo rispettando e, per favore, non imiti Travaglio: il fatto che altri abbiano fatto lo stesso, non cambia di una virgola il fatto che noi non le stiamo rispettando, ora e adesso. Chiaro? Una persona responsabile avrebbe concluso quel discorso sconclusionato, dicendo: ora faremo di tutto per rientrare nelle regole, chiederemo scusa, discuteremo con attenzione e rispetto. E invece: non arretriamo; con una frase assurda «diciamo ai cittadini di non temere perché manteniamo il punto». Ieri i ‘cittadini’ di Di Maio e Salvini hanno risposto chiaramente a questo atteggiamento, rifiutando di comprare i titoli di Stato, cioè, dicendo stavolta (attenti ragazzi, attento Robespierre-Di Maio, attento Salvini il superbo) che non credono a loro, ai governanti, ai governanti italiani!
Terribile, permettetemi infine, terribile è il sibilo (non saprei come altrimenti definirlo) del portavoce del Governo ungherese di Victor Orbán, Zoltan Kovacs (il Casalino ungherese, che però non smentirà le cose che dice), che, ieri a Roma per un tour diplomatico ha detto: «Noi vogliamo un’Europa dove ci siano regole rispettate da tutti. Se qualcuno non rispetta le regole rovina l’Unione Europea. L’Ungheria ha sempre rispettato e rispetterà il diritto europeo» … evidentemente per loro le regole democratiche e sui diritti dell’uomo non sono regole europee, ma: vedete, Dioscuri, la verità è che ‘i soldi sono soldi non bruscolini’ anche in Ungheria -l’‘alleata’ di Salvini il superbo.
Negli ultimi giorni, dopo la cocciuta risposta alla richieste di chiarimenti della UE, a colpi di «teniamo duro», «non arretriamo di un millimetro», ecc., due cose mi hanno colpito e, credo, abbiano colpito chiaramente l’UE e gli Stati membri, che, non a caso, sabato prossimo si propongono di definire delle regole per le quali gli Stati membri che non sono in regola con i rispettivi bilanci, non potranno accedere ai finanziamenti e agli aiuti comunitari.
E qui, una constatazione si impone prima di proseguire. Diversamente da ciò che ripetono (meglio sarebbe dire sbraitano) i nostri governanti, l’Europa non si ‘limita’ a restituire all’Italia solo una parte delle somme che versa l’Italia stessa, ma versa e offre molto, ma molto di più. Basterebbe ricordare i finanziamenti per il TAV. La proposta non avrebbe effetto ora e per noi subito, e non escluderei che alla fine non venga varata. Ma è un ennesimo avvertimento, molto secco, un avvertimento di quelli che hanno fatto dire l’altro giorno al professor Paolo Savona (sempre meno antieuropeo e sovranista di quanto lo vorrebbero Salvini e Di Maio) che non si aspettava una reazione così dura da parte UE. Detto dal professor Savona, che è persona seria e competente, questo vuol dire non solo che il Governo italiano ha misurato male le sue mosse (e qui anche Savona ne risponde) ma (e secondo me è questo che il prof, Savona intendeva dire), ma, principalmente, che bisogna trovare in fretta un modo per tirare i remi in barca, salvando magari la faccia, cosa che, temo, i nostri governanti non hanno alcuna idea di come fare … secondo me ora vorrebbero, ma non sanno come! Posso solo aggiungere di mio, che l’idea di ‘offrire’ 18 miliardi di vendite di beni dello Stato, può solo essere vista a Bruxelles per quello che è: una provocazione, vagamente offensiva, anzi offensiva, tanto più che, come noto, il Nord Europa non va famoso per il senso dell’umorismo.
Le due cose, cui accennavo, sono. L’affermazione di Di Maio (da vicepresidente onnisciente come il suo collega-nemico Salvini, altra osa che ‘spiazza’ e irrita gli altri Stati, ma vallo a fare capire!) secondo cui si potrebbero prevedere delle sorta di clausole di salvaguardia per garantire che il deficit non salga oltre il previsto … ma il previsto dal Governo italiano -tanto, sottolinea elegantemente Di Maio, a maggio in Europa cambierà tutto. Ora, ammesso e non concesso che una ‘offerta’ del genere possa soddisfare le autorità di Bruxelles, è chiaro come il sole che la mano tesa, tesa non è: siamo alle solite, si fa propaganda a fini strettamente interni. Il problema, per Bruxelles, è il deficit al 2.4, non se si è in grado di evitare che … vada ancora oltre. Questa ipotesi non è nemmeno presa in considerazione, fa venire l’itterizia a Bruxelles! Ma, santiddio, non si può trovare qualcuno che spieghi a Di Maio i rudimenti della ‘buona educazione diplomatica’? se uno Stato dice ad un altro soggetto: tu dì quello che vuoi, tanto tra sei mesi non conti più nulla, cosa ci si aspetta che l’altro risponda se non con una di quelle cose che rientrano nell’elegante linguaggio di Grillo? In altre parole, ‘offrire’ una sorta di trattativa su questa base è semplicemente infantile; è ovvio che l’UE risponda a muso duro, ad esempio lasciando che altri Stati (guardate che Germania e Francia hanno diecimila difetti, ma non sono dei pazzerelloni che amano parlare a vanvera e … a caso) lancino avvertimenti molto, ma molto pesanti, in parole diverse ma altrettanto dure di quelle già dette da Olanda e Austria.
L’altra cosa che accade, quasi contestualmente, è che quando il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giuseppe Conte, che non conta nulla ma finora ha pedissequamente seguito le arroganze salvimaiane, chiede ‘all’ubriaco’ Juncker un incontro prima della riunione in cui si deciderà di iniziare la procedura di infrazione contro l’Italia, questi, diversamente da quanto ci si sarebbe potuto ragionevolmente e diplomaticamente attendere, risponde che (notate bene) ha altro da fare e se ne riparla a fine settimana. Salvini, forse, nei suoi panni avrebbe risposto che era alla toilette, ma Juncker un minimo di buona educazione diplomatica la ha imparata e quindi risponde così. Ma, attenzione, la risposta è di una durezza senza precedenti … e ci credo che Savona è preoccupato!
La somma di questi due fatti è un modo per dire, chiaro e tondo, che non vi è più margine di trattativa: o si accettano almeno alcune delle richieste di Bruxelles o non c’è più margine, specie alla luce del fatto che (a mio parere tutt’altro che per caso) Mario Draghi si lascia sfuggire che, dato il livello modesto dell’inflazione ecc., non sarebbe impossibile ripensare ad una riedizione del Quantitative Easing … dopo la scadenza di dicembre, quando, cioè, ormai si sarà capito dove va a parare l’Italia.
Non irrilevante, a mio parere, è l’altra questione solo apparentemente diversa: quella del TAV. Non è un caso che, sempre in queste ore, da Bruxelles arrivino segnali inequivoci circa il fatto che il TAV è un progetto europeo e che fermarlo sarebbe da irresponsabili. Si badi, non solo e non tanto il fatto che si perderebbero i finanziamenti della UE, ma il fatto molto più rilevante per il quale quello è un progetto europeo, e, quindi, bloccarlo sarebbe un calcio in faccia all’Europa, come comunità umana, non come ente istituzionale. Rendo l’idea? È come se la Lombardia si rifiutasse di fare passare un treno fra Torino a Venezia sul suo territorio: certo può passare dalla Liguria e dall’Emilia, ma insomma … !
La cosa era ed è abbastanza ovvia e un qualunque Governo di persone raziocinanti avrebbe evitato accuratamente proprio ora di mettersi a ciarlare di volontà di bloccarlo quel progetto. Si poteva aspettare qualche mese, e vedere che fosse accaduto sulla questione della finanziaria. Ma no, noi andiamo avanti alla giornata, mica guardiamo ai pro e ai contro delle cose che facciamo. L’unico scopo di questi signori sembra essere la propaganda. Ebbene, l’Europa -questa volta uso il termine volutamente perché è proprio l’Europa che parla come Europa, cioè come comunità di popoli e di Stati- l’Europa, dico, risponde dicendo: questo è un progetto europeo. Cosa vuole fare Di Maio? stabilire lui quali siano gli interessi dell’intera Europa? Potranno anche essere sbagliati, ma non può essere una decisione unilaterale di uno Stato su 27 a decidere: questo dovrebbe risultare comprensibile anche a Di Maio.
E dunque, tiriamo le somme.
Una volta di più, e a muso duro che più duro non si può, fino allo ‘sgarbo’ diplomatico, l’Europa, cioè tutti i popoli europei, ci dice: se volete essere parte di questa grandissima avventura, di questo progetto rivoluzionario che ha assicurato prosperità e pace a tutti, Italia in testa, seguitene le regole che voi stessi avete contribuito a creare, datevi da fare per cambiarle se volete, ma, se non volete, quella è la porta.
Esagero? Forse, lo spero. Ma un fatto è evidente, continuare così in questo gioco a rimpiattino tutto propagandistico a fini interni non si può, e, sia chiaro, siamo noi italiani, noi persone e cittadini, siamo noi che ne paghiamo le conseguenze: lo spread ci sta mangiando tutti i soldi che diciamo di volere spendere in più. Il nostro sistema industriale comincia ad essere alle corde; la crescita è nulla; il debito pubblico italiano è sempre più nelle mani degli stessi italiani -che hanno iniziato a rifiutarlo-; i capitali italiani scappano all’estero, da dove ormai ci comprano le ultime cosucce che ci sono rimaste a prezzi da saldi; gli stessi italiani (anche quelli che votano questo Governo) si rifiutano di prestar soldi allo Stato …! Cosa aspettiamo a negoziare sul serio? nell’interesse degli italiani e dell’Europa tutta, come richiede anche la nostra Costituzione. Cosa aspettiamo?