martedì, 21 Marzo
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La svolta di Renzi all'ONU

Decidiamo noi sulle tasse‘, dichiarazione di Matteo Renzi contro i diktat-pareri di Bruxelles.
L’Italia non partecipa ai bombardamenti alla francesecontro l’Isis‘. Il Governo italiano rafforzerà il suo impegno nelle missioni di pace sotto l’egida dell’ONU, il diritto internazionale va rafforzato.
Sono due dichiarazioni che se implementate, rappresentano una duplice svolta: quella nei confronti dell’Europa, che è la logica conseguenza di una situazione di insostenibilità crescente della crisi, che rischia di far perdere milioni di voti al PD -tallonato da Beppe Grillo e da Matteo Salvini- in caso di elezioni; quella contro laguerra fai da te‘ di Francois Hollande, che è assolutamente meritevole, e lo dimostra il tempestivo attentato contro un nostro connazionale, rivendicato dagli ‘oscuri’ criminali del Califfato.
Al di là dello sviluppo delle indagini su questo esecrando assassinio, è certo che l’Italia dà quanto meno segnali di voler ribaltare la tendenza dell’ultimo quarto di secolo, quella che ha visto l’ONU fatta a pezzi dagli ‘Stati volenterosi’, ‘delegati’, paradossalmente, da un Segretariato sempre piu debole dopo la fine del bipolarismo, a violare lo Statuto delle Nazioni Unite: Iraq 1991, Jugoslavia 1999, Iraq 2003, Libia 2011, e oggi la Siria. «Il problema non è Putin», ha detto Renzi dopo il suo incontro con Bill Clinton, George Soros, Ban Ki Moon: posizione positiva, apparentemente distante da quella di Obama, che, però, a sua volta, non sembra ostile al dialogo con il leader russo. La situazione è in movimento, ne vedremo gli sviluppi concreti.
Tuttavia ci sono due aspetti delle prese di posizione di Renzi che appaiono in contraddizione con i principi e le alleanze-interlocuzioni strategiche (la Russia e l’Iran) da lui sostenute: la prima riguarda il silenzio su Bashar Al-Assad, ben difeso da Vladimir Putin e di cui chiede la testa Barack Obama e soprattutto la lobby che incombe sulla testa del Presidente americano da prima che entrasse dentro la Casa Bianca; la seconda riguarda il seguito de «Il problema non è Putin». Per Renzi il «problema è Orban». Ma è così? Invero, il dramma non sono le misure estreme adottate dall’Ungheria contro la politica del caos che sta dietro i flussi migratori cosiddetti ‘spontanei’ e ‘inarrestabili’, il problema è la stra-debolezza dell’Europa di fronte a un fenomeno sinora -soprattutto dopo la illegittima e autolesionista guerra di Libia- mai governato a dovere, da cui il ricorso di Budapest ai classici ‘estremi rimedi’.
I due aspetti testé citati non sono da poco: le situazioni siriana e ungherese sono diverse, e a un diverso livello di crisi (drammatica a Damasco, minacciata in Ungheria), ma richiamano uno stesso sacrosanto principio del diritto internazionale: la sovranità degli Stati, la non ingerenza nei loro affari interni secondo l’art. 2 della Carta di San Francisco, il cui mandato statutario è l’intervento ‘tra Stati’ e non ‘dentro gli Stati’ come accaduto troppo spesso dalla fine del bipolarismo in poi.
In Siria a combattere l’Isis si può andare, e sotto l’egida dell’ONU, se così decide e chiede Damasco: su questa linea si stanno muovendo non solo Mosca, ma anche gli Stati sovrani limitrofi minacciati dal Califfato-caos, Iran e Iraq innanzitutto.
Inoltre, secondo cruciale punto, coerenza vorrebbe che il dopo-Assad venisse deciso dal popolo siriano, dopo la fine della guerra d’aggressione al legittimo Governo di Damasco, e dopo, anche, il rientro in patria dei milioni di siriani minacciati dall’Isis. Un surrettizio modo di fare il deserto attorno ad Bashar Al-Assad, con la complicità di Germania e Inghilterra, e sicuramente con il favore e l’aiuto di certo mondo legato neppure a Soros, ma al ‘sionismo territoriale‘ oltranzista di Benjamin Nethanyahu. Le critiche del magnate ungaro-americano di origini ebraiche alle associazioni eternamente pro-israeliane degli USA, non sono mancate negli anni passati. Ma è ovvio che ciò che vale per Al Assad deve valere anche per Viktor Orban, che peraltro ha liberato il popolo ungherese dalla crisi grazie all’espulsione del FMI dal suo territorio e alla sovranità monetaria di stato da lui legiferata e conquistata.
La situazione è dunque aperta a più sviluppi, anche se le dichiarazioni del Governo Renzi -a partuire dalla sua difesa di Putin- rappresentano una svolta positiva, che rompe con la politica di accerchiamento di Mosca voluta da quelli che un tempo -quando esisteva il PCI- molti definivano i ‘circoli oltranzisti’ della NATO.

 

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