Negli ultimi anni, e in particolare durante i recenti scontri al confine nella valle del Galwan del Ladakh, le relazioni Cina-India sono state visibilmente più aspre, confuse e ostili in ambito diplomatico e militare, nonostante i loro enormi interessi commerciali reciproci.
Nel 2021, il commercio tra i due vicini è cresciuto del 44%. Le importazioni indiane dalla Cina sono cresciute da 66,7 miliardi di dollari nel 2020 a 97,5 miliardi di dollari e, nello stesso periodo, il volume delle esportazioni indiane in Cina è balzato a 28,1 miliardi di dollari, registrando una forte crescita del 34,9%. Ma ironia della sorte, questo volume gigantesco di scambi bilaterali non è stato in grado di attutire il sospetto e la sfiducia reciproci sempre crescenti tra Pechino e Nuova Delhi. In particolare, dopo il lancio il 17 giugno della terza e più avanzata portaerei cinese costruita internamente, Fujian, i tentativi deliberati dell’India di aumentare la propria sfera di attività nel Mar Cinese Meridionale e nell’Asia Pacifico stanno diventando più rancorosi. L’India ha completato frettolosamente la quarta fase delle prove in mare del suo INS Vikrant costruito internamente il 10 luglio, con l’obiettivo della sua messa in servizio il 15 agosto per commemorare le celebrazioni del Giorno dell’Indipendenza, soprannominato ‘Azadi ka Amrit Mahotsav’.
Gli attriti tra Pechino e Nuova Delhi si sono ulteriormente intensificati da quando la Cina ha iniziato a lavorare alla sua ambiziosa Belt and Road Initiative (BRI). L’India, che ha anche interessi storici di affari e sicurezza in questa regione, è piuttosto diffidente nei confronti del piano cinese di continuare a rafforzare la sua potenza marittima nel Mar Cinese Orientale e nel Mar Cinese Meridionale per facilitare il traffico commerciale tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano, e al allo stesso tempo, continua a diffondere la sua rete di connettività ferroviaria e stradale in tutto il sud-est per garantire un flusso regolare di scambi tra i Paesi regionali e la Cina continentale. Insieme all’intenzione cinese di creare una ‘Via della seta digitale’, la BRI ha generato ansia a Nuova Delhi, portando a un approccio collaborativo – con il supporto di Washington – inteso a trovare modi per rispondere e persino interrompere il piano cinese. L’India ha adottato la strategia di stabilire due reti parallele di connettività per controbilanciare la BRI, incentrate sulle rotte marittime oltre che su quelle terrestri. Sotto la bandiera della sua Act East Policy, l’India sta cercando aggressivamente di promuovere le relazioni con i Paesi dell’ASEAN. A metà giugno, l’India ha co-ospitato la riunione dei ministri degli esteri dell’ASEAN a Nuova Delhi con la chiara intenzione di riaccendere il suo coinvolgimento in molteplici iniziative e joint venture nella regione, che vanno dalla salute pubblica, alle infrastrutture informatiche, all’agricoltura, alla difesa e al commercio. Attualmente ci sono 30 meccanismi di dialogo tra l’India e l’ASEAN, che coinvolgono vari settori.
L’India sta lavorando con fervore all’autostrada trilaterale India-Myanmar-Thailandia, un progetto lungo 1.400 chilometri che collegherà gli stati nord-orientali dell’India con la regione dell’ASEAN, con un piano futuro per estenderla ulteriormente verso est fino a Cambogia, Laos e Vietnam. Questa autostrada trilaterale è stata costruita con l’unico scopo di costruire una struttura ‘parallela’ alla BRI nella regione dell’ASEAN. Gli indiani sono ora desiderosi di completare e rendere operativo questo collegamento stradale, che consentirà un accesso regolare alla terraferma fino al Vietnam, un Paese che rimane un forte partner bilaterale in molti progetti congiunti di esplorazione di petrolio e gas nel Mar Cinese Meridionale. Allo stesso tempo, l’India sta lavorando a un altro progetto ambizioso, Chabahar Port, che si trova sulla costa meridionale dell’Iran, nella provincia del Sistan-Baluchistan. Negli ultimi anni, grazie ai generosi investimenti dell’India, il porto di Chabahar è diventato una realtà, movimentando quasi 5 milioni di tonnellate di merci all’anno. Il progetto comprende anche una zona di libero scambio, il binario ferroviario Chabahar-Zahedan di 628 km e un binario di 1.000 km per Sarakhs al confine con il Turkmenistan. L’India ha investito in questo progetto con due ragioni in mente. Uno, per fornire una connettività commerciale diretta con l’Iran, nonché una rotta alternativa per l’Afghanistan, aggirando il Pakistan. In secondo luogo, per creare un contraltare strategico al CPEC (il China-Pakistan Economic Corridor), un importante ramo di Belt and Road nell’Asia meridionale che parte dal porto pakistano di Gwadar a soli 170 km da Chabahar.
Pertanto, l’India ha stabilito un corridoio parallelo per collegare l’Oceano Indiano con la Russia e l’Europa attraverso l’Asia centrale. Oltre a competere con Pechino attraverso strade e binari paralleli nella regione, Nuova Delhi ha anche intensificato la sua presenza attraverso progetti di esplorazione di petrolio e gas con i vicini dell’ASEAN nel Mar Cinese Meridionale. Essendo un membro molto attivo del Quad, Nuova Delhi sente di avere spazio per ‘disturbare’ la presenza cinese nella regione grazie al suo sostegno da Stati Uniti, Giappone e Australia sotto l’egida di Quad. L’India fa anche parte di molti accordi e quadri di difesa regionali e subregionali, tra cui la Riunione dei ministri della difesa dell’ASEAN + (ADMM+) e il Forum marittimo esteso dell’ASEAN (EAMF). Sebbene New Delhi sappia anche fin troppo bene che le sue tasche non sono abbastanza profonde per sfidare ed emulare i progetti di sviluppo e le infrastrutture di Pechino, non rinuncia a mantenere deliberatamente vivo un ‘attrito ribollente’ con la Cina, al fine di avere un ruolo nel Mar Cinese meridionale e nel Sud-Est asiatico. Vogliono almeno stabilire il loro status di potenza mediana ‘autentica’ nella regione indo-pacifica e creare una sorta di equilibrio di potere per mantenere la presenza cinese entro un livello ‘accettabile’ – ovviamente, sotto la tutela del Pentagono, che ha recentemente definito la Cina una ‘minaccia’ nei recenti documenti della NATO.