martedì, 21 Marzo
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La politica petrolifera USA nell’Era Trump

Il principale effetto dell’Amministrazione Trump nella politica energetica USA, per ora, è stato il ritiro del Paese dall’Accordo di Parigi, che la precedente Amministrazione Obama aveva sostenuto. In un primo momento, si è pensato che questa mossa potesse essere stata dettata dagli interessi dei petrolieri che non avrebbero visto di buon occhio un impegno alla riduzione delle emissioni di gas serra. In realtà, però, il Professor Luciani che dice che “le imprese petrolifere sono state critiche nei confronti di questa decisione e hanno sempre detto che sarebbe stato meglio far parte dell’Accordo di Parigi e partecipare alle discussioni, piuttosto che uscirne”. A questo punto, non è chiaro a chi sia convenuta l’uscita degli USA dall’Accordo di Parigi. Luciani sostiene che “la decisione di Trump deriva da qualcosa che lui aveva promesso in campagna elettorale e che ha realizzato principalmente perché non aveva grossi costi ed era una cosa che poteva essere fatta senza passare attraverso il Congresso”.

In ogni caso, continua, “non è chiaro quanto effettivamente questo influenzi il comportamento delle politiche negli Stati Uniti stessi perché molte delle decisioni importanti vengono prese, non a livello federale, ma a livello dei singoli Stati”. Per fare un esempio, si pensi che, a suo tempo, “Obama aveva tracciato certe regole che avevano trovato la resistenza degli Stati, tanto che questi erano andati presso l’Autorità Giudiziaria per chiederne la dichiarazione di incostituzionalità e, di fatto, Obama non era riuscito a far passare le sue regole sull’aria pulita che, ad esempio, avrebbero portato a ridurre fortemente e, progressivamente, ad abbandonare il carbone in favore della generazione elettrica”; allo stesso modo, continua Luciani, “Trump ha abbandonato queste regole ma ci sono molti Stati, come la California, tanto per fare un esempio, che le impongono ugualmente a livello locale”. In un Paese federale come gli Stati Uniti, dunque, “non bisogna quindi credere che quello che decide il Presidente sia immediatamente applicato ovunque”.

Dal punto di vista della politica estera, le compagnie petrolifere hanno sempre giocato un ruolo importante. Attualmente, ad esempio, verrebbe da pensare che i tesi rapporti tra Stati Uniti e Venezuela possano essere causati dal fatto che Caracas possiede un patrimonio petrolifero tra i più imponenti al mondo. Da parte venezuelana non ci sono dubbi: l’attuale conflitto politico deriverebbe dalla volontà di Washington (e della sua industria petrolifera) di impossessarsi dei pozzi venezuelani.

Il Professor Luciani, però, fa notare che, nell’ambito dell’attuale conflitto politico tra Caracas e Washington, la questione petroliera “avrà certamente un certo peso, ma, in ogni caso, non molto rilevante”. Non si dimentichi che “il Venezuela deve vendere il suo petrolio e, da sempre, lo vende agli Stati Uniti; gli Stati Uniti, adesso, boicottano il petrolio venezuelano, ma il Venezuela ha anche importanti investimenti negli Stati Uniti perché possiede una catena di raffinerie e di stazioni”. In ogni caso, sostiene Luciani, “la considerazione fondamentale è che il Governo venezuelano sta portando il Paese alla rovina e che, quindi, a questo punto ha pochi amici e sostenitori”.

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